Miti da sfatare e nuovi valori

Nell’affrontare il tema dell’outsourcing, il primo scoglio da superare è certamente quello della cortina di diffidenza che negli ultimi anni ha impedito al mercato di guardare con chiarezza all’evoluzione di questo fenomeno, sfata …

Nell’affrontare il tema dell’outsourcing, il primo scoglio da superare è certamente quello della cortina di diffidenza che negli ultimi anni ha impedito al mercato di guardare con chiarezza all’evoluzione di questo fenomeno, sfatando alcuni miti e mettendo in evidenza i valori che garantisce. Le dinamiche dell’esternalizzazione, sia sotto l’aspetto della negoziazione dei rapporti contrattuali, che dal punto di vista dell’avanzamento e delle modalità di implementazione delle nuove tecnologie, hanno subìto nel corso del tempo notevoli trasformazioni.


Per far avvicinare le aziende ai nuovi presupposti, è quindi importante fare in modo che questa rinnovata visione dell’outsourcing raggiunga il mercato.


Le parole d’ordine di questa nuova forma con cui l’esternalizzazione viene presentata alle aziende sono senza dubbio trasparenza e flessibilità. Secondo Stefano Patarnello, Strategic Outsourcing executive di Ibm Italia, le declinazioni di questi due concetti sono diverse, in quanto sono profondamente cambiate le modalità con cui vengono disegnati i progetti di outsourcing. A suo modo di vedere, infatti, oggi nel sedersi a un tavolo con un cliente per parlare di outsourcing, è necessario in primis discutere di It strategy, per comprendere appieno le diverse componenti dell’infrastruttura It dell’azienda interlocutrice e il modo in cui queste ultime si rapportano al business del cliente.


In questa maniera, infatti, a differenza di quanto accadeva nella maggior parte dei casi non più tardi di tre anni fa (quando al tavolo negoziale si discuteva quasi unicamente di asset e people, con l’ovvia conseguenza di finire per considerare un contratto di full outsourcing) oggi il vendor, con il supporto attivo del cliente, è in grado di comprendere quali siano le componenti tecnologiche e applicative dell’infrastruttura It che conviene maggiormente esternalizzare e di garantire, quindi, il massimo della flessibilità e un minor costo di ingaggio.


Questo nuovo approccio, legato a un’analisi per componenti dell’infrastruttura, secondo il manager di Ibm, ha avuto, inoltre, l’effetto secondario, ma certamente non trascurabile, di innalzare l’importanza del dialogo con i Cio in fase negoziale.


Se in passato, infatti, nella trattativa di un contratto di esternalizzazione a questa figura non veniva riservato un ruolo primario, oggi, invece, la visione del Cio in ordine alla componentizzazione dell’It, alla strategicità dei diversi elementi di business e non ultimo, alle competenze del personale, diventa uno strumento di notevole importanza nell’individuazione di ruoli e responsabilità all’interno del contratto.


Ulteriore e decisamente importante declinazione del nuovo peso assunto dai concetti di trasparenza e flessibilità in ambito outsourcing è certamente quella legata all’aspetto economico.


«Pensare a un contratto di outsourcing – ha detto Patarnello di Ibm – come alla somma dei costi di hardware, software e servizi, a mio modo di vedere svilisce il valore del concetto di esternalizzazione».


Secondo il manager, infatti, trasparenza e flessibilità dei prezzi si traducono, invece, nella capacità che hanno oggi i vendor, di offrire ai propri clienti un pricing composto da una baseline fissa e da una componente variabile, caratterizzata da una dinamicità molto superiore a quella che offrivano i contratti del passato.


La granularità con cui oggi vengono stabilite tariffe e canoni assieme al cliente è molto più spinta, con il risultato che quest’ultimo non paga più una baseline indistinta che regola tutto il perimetro, ma paga invece in relazione alle diverse componenti di servizio e agli Sla (Service level agreement), fino a poter accedere, nei contratti maggiormente sofisticati, a dinamiche di prezzo diverse a seconda dei tempi di provisioning richiesti. Elemento, quest’ultimo, di particolare importanza per aziende caratterizzate da un modello di business fortemente dinamico, in cui non è facile stabilire a inizio rapporto quale dovrà essere il dimensionamento della infrastruttura per la durata del contratto.


Ovviamente, ha sottolineato Alessandro Marin, partner reponsabile del mercato Bpo per l’area Products di Accenture, in questo senso il grado di flessibilità ottenibile non può prescindere da come viene disegnata l’intera operazione.


Secondo Marin, infatti, i livelli di elasticità sono condizionati, comunque, dalla struttura e dall’entità dei costi fissi che il cliente trasferisce all’outsourcer. Minore è la componente di costi trasferita, maggiore sarà il grado di flessibilità che il vendor potrà garantire.


Ciò, però, non significa che nel momento in cui l’interlocutore passi fisicamente degli asset all’outsourcer, le dinamiche si ingessino, ma semplicemente che in questo caso la flessibilità in termini di contrazione sarà limitata dal livello di efficienza offerto dal vendor.


Nell’area It, ha spiegato Marin, si stanno inoltre cominciando ad affermare in maniera sempre più decisa delle logiche di pay per use, in cui il cliente non cede asset o infrastruttura, ma chiede per esempio capacità elaborativa in ambito facility management.


In questo caso, pur dovendo comunque sostenere dei costi fissi per mettere in piedi una struttura, il vendor, non dovendo ammortizzare alcuna spesa di acquisizione, è in grado di adeguare la propria offerta sia in termini di crescita della domanda o di necessità di downsizing.


Altro tema fondamentale da discutere in ambito esternalizzazione è quello inerente la gestione delle risorse umane. Questo, certamente, rappresenta un argomento spinoso, sul quale clienti diversi hanno differenti agende e obbiettivi. Eppure, ad avviso dell’esperto di Big Blue, va sottolineato che oggi i vendor sono in grado di soddisfare sia le aziende che necessitano di cedere risorse che non reputano strategiche sia quelle realtà in cui il requirement è, invece, riqualificare il personale liberato dall’esternalizzazione di parte dell’infrastruttura It.


«Anche in questo caso, il tema delle human resources è un argomento di flessibilità – ha sottolineato Patarnello -, ma il termine di flessibilità non deve necessariamente essere interpretato come sinonimo di issue nella negoziazione. Oggi disponiamo, infatti, da un lato di tecniche di integrazione ormai consolidate e dall’altro del know how necessario per riqualificare il personale che le aziende vogliono tenere in casa».

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