Microsoft-Ue. La battaglia continua

Il produttore di Windows chiede alla Corte Europea la sospensione delle sentenza antitrust a proprio carico, sostenendo che i rimedi genererebbero gravi danni.

1° luglio 2004 Com’era prevedibile, Microsoft ha chiesto alla Corte
di primo grado dell’Ue una sospensione del provvedimento antitrust nei propri
confronti, sostenendo che l’attuazione dei rimedi richiesti le arrecherebbe un
“danno irreparabile”.
Al di là dei dei tatticismi e dei sofismi legali
contenuti nella mossa, la questione di fondo resta la comprensione di quali
siano i margini di manovra di un’impresa, in relazione al suo peso sul mercato.
Microsoft, ad esempio, sostiene di poter integrare altre tecnologie nel proprio
sistema operativo, in particolare quelle multimediali, che invece la Ue vorrebbe
tenere separate.
Ogni azienda ha il diritto di tentare, con le proprie
forze, l’ingresso in nuovi settori di mercato.
Non lo si può fare, tuttavia,
forzando i propri clienti ad adottare le novità, perché strettamente connesse al
proprio prodotto di punta. Ma non è semplice definire quale sia, oggi, il
confine fra il puro sistema operativo e le parti aggiuntive.
Poi, c’è la
questione della pubblicazione di parti di programma, voluta per favorire
l’interfacciabilità con prodotti di altri costruttori. Qui Microsoft sostiene
che puntare l’accento sulle Active Directory significa, di fatto, forzare la
pubblicazione di segreti industriali.
Tuttavia, l’affermazione di Linux e la
tendenza all’apertura dei codici di sistemi operativi e applicativi adottata da
molti vendor sta evidenziando come il business si faccia in altro modo.
Il
modello Java, aperto ma controllato dal suo creatore, dovrebbe suggerire
qualcosa.
In linea generale,Microsoft ha costruito la propria forza prima
consolidando la diffusione dei propri prodotti-bandiera e poi espandendoli verso
direzioni contigue, dove però operavano già altre aziende.
Ora le si chiede
di fare marcia indietro, in nome di un mercato più libero.
Il principio è
giusto, ma andrebbe applicato a ogni settore di mercato, a cominciare, magari
dal chimico-farmaceutico o dall’automotive, dove invece operano in piena libertà
(di mono od oligopolio) aziende considerate dalle autorità praticamente
intoccabili.

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