Meno tasse sulla ricerca, così la Francia attira le imprese

Il credito d’imposta e i poli di competitività al centro del colloquio con David Appia, presidente dell’Afii (l’agenzia francese che promuove gli investimenti stranieri)

PARIGI – Sarà vero che i ricercatori italiani devono fuggire all’estero? Questo dubbio ha guidato il mio incontro a Parigi con David Appia, presidente dell’Afii (Invest in France agency, l’agenzia statale che promuove gli investimenti stranieri). I numeri sembrano incoraggiare una certa esterofilia, in questo caso per i nostri vicini di casa transalpini. La Francia, difatti, offre alle aziende il miglior credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo tra i paesi occidentali; i 71 poli di competitività hanno già sfornato oltre duemila progetti dal 2005, per un valore che supera i cinque miliardi di euro, di cui la metà sono contributi pubblici. Quella di Parigi è anche la prima tappa di un breve viaggio per capire come si sta muovendo questo Paese per reagire alle difficoltà economiche internazionali, attirando capitali e nuove tecnologie.

C’è più Italia nei capitali stranieri in Francia
Il primo punto da capire è quanto ha influito la crisi economica internazionale sugli investimenti diretti stranieri. Globalmente sono diminuiti, segnando un buon meno 30% in Europa nel 2008 rispetto al 2007 secondo i dati più recenti. Tuttavia, spiega Appia, «bisogna distinguere tra le semplici transazioni finanziarie e gli investimenti che creano occupazione». Si scopre così che questi ultimi sono leggermente aumentati in Francia dal 2007 al 2008 (da 624 a 641), generando o mantenendo circa 32mila posti di lavoro. L’Italia ha ottenuto il suo miglior risultato proprio lo scorso anno, con 55 nuovi progetti e 3.600 persone impiegate; il nostro paese è quindi balzato dal sesto al terzo posto tra i maggiori partner economici della Francia, dietro Stati Uniti e Germania.

L’innovazione paga
«Qual è la lezione di questa crisi? Gli investitori cercano ambienti politici e legislativi stabili per ridurre i rischi, oltre che mercati dinamici», continua il presidente dell’Afii. «Per questo motivo l’Europa è un’area favorevole, con una base industriale solida e varia. Nel 2009, circa l’80% dei nuovi progetti in Francia dovrebbe provenire da paesi europei, anche se è prematuro stabilire se sarà una conseguenza duratura o temporanea». Per reagire alla recessione mondiale e favorire gli investimenti, piuttosto che i consumi interni, Parigi sta giocando principalmente due carte: il credito d’imposta per la ricerca (metà delle spese deducibili dalle tasse il primo anno) e i poli di competitività. L’impegno pubblico per il credito d’imposta è salito da 3,5 miliardi nel 2008 a quasi quattro nel 2009, con circa 11mila aziende coinvolte.

Paesi emergenti: dal “mordi e fuggi” alla stabilità
I poli di competitività si sono così trasformati in ecosistemi internazionali grazie a circa 500 imprese straniere insediate. Le difficoltà economiche a livello mondiale, inoltre, hanno promosso le alleanze e le acquisizioni tra aziende. È il caso italiano, perché nel 2008 le nostre Pmi hanno dimostrato un crescente interesse verso il mercato francese, soprattutto nei settori tradizionali: metallurgia, tessile, abbigliamento, ceramica, vetro, carta e autoveicoli per citare alcuni esempi. «Un’idea sbagliata – aggiunge Appia – è che la Cina investa in Europa solo per acquisire brevetti e tecnologie e poi tornare in patria. Sempre più aziende orientali diventano partner di quelle francesi per rimanere sul nostro territorio e conquistare quote di mercato in Europa. L’ondata di capitali dai paesi emergenti è ancora relativamente limitata ma in forte crescita, come dimostra il centinaio di società cinesi giunte in Francia negli ultimi anni».

Il rilancio dell’economia passa anche dall’energia
L’aiuto pubblico è consistente. Oltre al credito d’imposta, il Governo francese ha varato diverse riforme, per esempio nella legislazione del lavoro. L’abolizione della tassa professionale sugli investimenti produttivi garantirà risparmi alle imprese per 12 miliardi di euro nel 2010; inoltre lo Stato ha deciso di rimborsare in anticipo i crediti alle aziende e questa misura potrebbe replicarsi il prossimo anno come proposto dal ministro delle Finanze. «C’è un piano di rilancio dell’economia – spiega ancora Appia – da oltre 30 miliardi di euro, che punterà soprattutto sull’Università creando una decina di campus sul modello di quelli americani, sulle infrastrutture e la competitività delle imprese». L’energia avrà un ruolo di primo piano, poiché impegna già il 20-30% dei nuovi investimenti europei in Francia. Fonti rinnovabili, riduzione dell’inquinamento, eco tecnologie sono tutti settori destinati a crescere considerevolmente nei poli di competitività.

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