Matrimoni… di interesse?

La nuova iniziativa UnitedLinux raccoglie consensi. Ma qualcuno della famiglia non ci sta. Questione di soldi?

3 giugno 2002 Che questo sarebbe stato l’anno di Linux era cosa
ormai chiara. Il dichiarato impegno di alcuni vendor, Ibm in testa, ma
soprattutto il netto cambiamento di rotta di chi, come Sun, per anni aveva un
po’ girato la testa di fronte al pinguino e oggi si trova a non poterlo più
ignorare erano segni chiari di un cambiamento culturale e di mercato.
Ma quando dalla mera cultura si
passa per l’appunto al business bisogna anche ragionare in termini diversi. Penetrazione, opportunità, capacità di risposta. Ecco perchè non stupisce la
notizia della nascita di UnitedLinux, l’iniziativa promossa da Caldera,
SuSe, TurboLinux e Conectiva con l’obiettivo sviluppare e certificare una versione
comune del sistema operativo per le imprese e che ha già
raccolto le adesioni di aziende quali Amd, Borland, Computer Associates, Fujitsu Siemens, Hewlett
Packard, Ibm, Intel, Nec, Progress e Sap.
Non stupisce, perchè se è vero che business is
business, allora è meglio evitare le frammentazioni. Allora è meglio unire le
forze.
Certamente, quello che stupisce è l’assenza di protagonisti di spicco,
quali Red Hat o Mandrake, o Debian. Che magari nell’iniziativa entrano dalla
finestra, grazie alle partnership ormai consolidate con aziende del calibro di
Ibm, ma che ufficialmente non ne fanno parte.
Di certo, quello che non
vorremmo, è che che come in molte famiglie, anche in quella dell’open source i
dissapori nascano quando si comincia a parlare seriamente di soldi.

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