Made in Italy

Concetto abusato, spesso sottende equivoci. Quanto le storie di successo dipendono dal sistema in cui nascono?

Dire “made in Italy” significa fare retorica.
E anche di quella
retriva, ciceroniana, datata, per quanto sarebbe pratica, da sempre, cui tenersi
lontani, ma di cui il rischio di incapparvici è sempre presente.
Il
concetto, insomma, è sempre stato abusato.
Oltretutto, ha portato in giro
per il mondo una contraddizione sin nella locuzione: fatto in Italia, semmai si
doveva dire.
Oppure, semplicemente, Italiano.
Ad andare per convegni,
per fortuna poche volte, si sente responsabili di aziende, fornitrici e utenti
di tecnologia parlare di Sistema Paese.
Cosa voglia dire, a chi scrive non è
mai stato chiaro Ora crede di averlo capito, finalmente, dalle parole del
ministro dell’Innovazione, Lucio Stanca: impresa, più Pubblica amministrazione,
più famiglia (e sarebbe anche il caso di dire coppie di fatto e singoli, senza
timor di sfrucugliare cardinali Ruini o di strizzare l’occhio ai zapateristi de
noantri).
Per tutti il nostro Sistema ha dei valori sottotraccia, che però
faticano a emergere e a dare frutti.
Per esempio, secondo l’amministratore
delegato di Ibm Italia, Andrea Pontremoli, «non siamo secondi a
nessuno
» e bisogna pensare più alto per valorizzare il nostro contenuto.

Magari come fanno gli egiziani, che tutto ciò che propongono al mondo parte
dal denominatore culturale. Mauro Rigetti, ad di Italtel, dice di aver capito
cosa ci distingue dagli americani: loro finanziano l’impresa sulla base
dell’idea sottostante, noi sulla base dei soldi che si riesce a raggranellare.

Un limite, nostro: «bisogna creare un mercato dei capitali di rischio,
che in Italia non c’è
».
Il tutto, tenendo ben presente, come dice
Thomas Friedman del New York Times, nel libro “The world is flat”, che oggi sono
sparite le geografie economiche, appiattite dalla banda larga.
Lo sostiene
anche Roberto Schisano, presidente di Getronics: «le storie di successo del
momento, Illy, Natuzzi, Moretti (Geox), sono indipendenti dal sistema in cui
sono nate
», sarebbero state tali anche in Macedonia, in Islanda, in Nuova
Zelanda.
Ovvero, tutto il mondo è paese, ma per davvero e soprattutto
economicamente.
E i soldi non hanno cittadinanza.
A questi due adagi
popolari contribuiamo con un terzo: le idee sono di tutti, anche quelle
imprenditoriali.
Ecco perché, se il made in Italy è e deve essere un’idea,
non è nostra.

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