Made in Italy chiama lct

Lunga vita al made in Italy, che può contare sull’Ict per superare la battuta d’arresto subìta dai volumi delle esportazioni. Ammesso che sia capace di coglierne le potenzialità, in un processo di innovazione che deve riguardare e coinvolgere tutti gli …

Lunga vita al made in Italy, che può contare sull’Ict per superare la battuta d’arresto subìta dai volumi delle esportazioni. Ammesso che sia capace di coglierne le potenzialità, in un processo di innovazione che deve riguardare e coinvolgere tutti gli aspetti di un’impresa: progettazione, produzione, servizi, distribuzione e via dicendo. La tecnologia, infatti, come emerso durante un recente convegno organizzato da Idc sul tema, è spesso usata in modo confuso e, comunque, da sola non basta a creare la vera innovazione. «È una componente importante – ha detto Ernesto Gismondi, presidente di Artemide, nota nel mondo per le sue lampade -, ma è solo un aspetto. La realtà è che bisogna capire per chi si fanno i prodotti, cogliendone i bisogni nascosti». E se questa regola vale per le imprese del made in Italy, a maggior ragione deve valere per i fornitori di soluzioni e servizi Ict, che devono mettere le esigenze dei clienti al centro del proprio business. Perché, come spiegato da Giovanni Esposito, R&D executive vice president di Same Deutz-Far Group, «per riuscire a innovare prodotti e processi servono fornitori che ci permettano di farlo. All’estero le cose vanno meglio».


Servono partner con cui disegnare processi decisionali e non venditori di soluzioni. Il mercato, poi, va ripensato alla luce delle nuove possibilità offerte da Internet e dalle tecnologie digitali, dove l’utilizzo di Web 2.0 e di un’architettura It dinaminca, fatta di «piattaforme flessibili più che di soluzioni, di sistemi che evolvono insieme alle imprese», come specificato da Giorgio De Michelis dell’Università di Milano Bicocca, permettono la condivisione dei dati e il consolidamento della rete di clienti e partner. Le aziende “vincenti” risultano essere, infatti, quelle che affrontano le sfide della globalizzazione attraverso l’innovazione tecnologica che abilita quella di processo, di prodotto e organizzativa. Opportuna sarebbe anche la creazione della figura del Chief innovation officer, capace di disegnare il rapporto con il cliente, a cui l’It può dare maggiore vitalità.

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