L’ottimismo è il sale dell’It

L’It manager di Luxman non ha dubbi e guarda in positivo al ruolo del Cio, che deve far rima con chiarezza

È un ottimista Fabrizio Musumeci, It manager di Luxman, società che opera principalmente nel turismo di lusso, con attività anche immobiliari, finanziarie, industriali e commerciali. «Nel mio lavoro – dice -, non trovo aspetti negativi, se non per il fatto che ci si deve continuamente adattare a esigenze che si presentano in modo improvviso e che modificano, in corso d’opera, le priorità e le pianificazioni». Solo un minimo appunto, quindi, al ruolo del Cio che Musumeci, però, si prefigge di superare facendo leva sull’organizzazione: «Mi piacerebbe veicolare un metodo diverso di lavoro, basato sugli strumenti di project management». E qui entra in gioco la formazione, che va portata avanti in parallelo alla convinzione che l’It non è un elemento distaccato dai processi aziendali bensì un driver. «I sistemi informativi li accompagnano in tutte le loro forme – spiega Musumeci -, quindi devono essere aperti a recepire le richieste dall’esterno e, allo stesso tempo, risultare comprensibili. Bisogna evitare l’uso di terminologie particolari o di metodi o aspetti che rendono ostica la materia». In caso contrario, si rischiano risultati controproducenti. «Per certi versi, si tratta di un protezionismo inutile – continua -. Un buon It manager deve saper recepire le problematiche e dare spiegazioni chiare, anche dei propri errori». Una serenità che, forse, si raggiunge anche grazie al rapporto in essere con l’alto management della propria azienda: «Ho la fortuna di riportare direttamente al presidente, attento a tutti i processi, competente e conoscitore della tecnologia». In questo modo, Musumeci ha potuto gestire senza difficoltà la costituzione del gruppo, formato da dodici imprese, ognuna con un’It differente. «Sostanzialmente non ci sono stati problemi – spiega il manager -. Ho proceduto all’accorpamento della piattaforma informatica eliminando le differenze delle singole società. Così è stato fatto anche per i gestionali, con la scelta di Sigla++ come software comune a livello amministrativo, e per i contratti di fonia e dati. Abbiamo fotografato l’“as is” e il “to be” e solo dopo si è provveduto alla migrazione, che non deve avere i connotati di una rivoluzione improvvisa, bensì di un passaggio graduale». Anche perché all’utente bisogna dare la percezione di un miglioramento e non di uno stravolgimento, visto che la tecnologia a volte è fonte di preoccupazione. Al criterio di economicità, poi, deve corrispondere quello di efficienza.


Il criterio della replicabilità


«Abbiamo seguito il principio di puntare su quelli che, nelle varie società, si erano dimostrati la soluzione e il partner migliori per ogni tipologia di servizio o applicazione, inserendoli poi in tutto il gruppo», aggiunge l’interlocutore. Il modello della replicabilità, dunque, che Musumeci applica dopo accurate analisi, portate avanti con il suo team (in totale l’It è seguita da tre persone), tendenzialmente, senza l’ausilio di consulenti esterni. «Nel far ciò, in certi casi, la difficoltà sta in un’eccessiva varietà d’offerta – precisa -, che, comunque, dovrebbe essere maggiormente scalabile. Si ragiona troppo spesso per picchi o per fasi, passando, senza che sia realmente necessario, da una fascia all’altra di prezzo o di prodotto. Le offerte dovrebbero essere più chiare, non basarsi su un approccio commerciale ma sulla problematica effettiva. Bisogna riuscire a cogliere le caratteristiche principali e fare una griglia di comparazione partendo da cinque alternative, da lì stringere a tre e provvedere, poi, a uno studio preciso di costi e benefici». Scelte di natura pratica e tecnica a cui si devono affiancare anche discorsi di stampo patrimoniale, ad esempio quando si deve decidere se acquistare delle macchine o passare all’erogazione operativa. Un susseguirsi di ragionamenti che hanno portato Luxman a preferire l’insourcing all’outsourcing, anche se quest’ultimo è in fase di rivalutazione. «Il rischio – sottolinea l’interlocutore – è che le persone esterne che ti seguono non abbiano completamente a cuore le nostre problematiche. Ciò potrebbe significare tempi di intervento soggettivi, non rispondenti alle necessità. Meglio, a mio parere, parlare di contratto di servizio, con Sla ben specifici». Va da sé il peso rilevante che Musumeci attribuisce al rapporto con i fornitori. «Cerchiamo sempre il contatto con la dirigenza – illustra -, non fermandoci al primo approccio commerciale. I parametri che ci portano alla scelta di un fornitore sono la rapidità, la rispondenza alle esigenze, la disponibilità all’assistenza. Comprando una soluzione, si tiene conto anche della fiducia nell’azienda fornitrice, che deve essere in grado di rispondere alle richieste nei tempi e nei modi attesi». Costi e affidabilità, due parametri fondamentali dove, però, per Musumeci, a parità di soluzione offerta o di problematica da gestire, primeggia la seconda.


Rapporti di partnership, infine, che hanno portato Luxman a demandare la progettazione e a occuparsi solamente di per-
sonalizzazione e di comprensione dei processi.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome