L’Ompi sotto il fuoco delle critiche

Dopo un anno di esistenza e un migliaio di giudizi, il Centro di arbitrato e mediazione dell’Ompi (Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale) si trova sotto il fuoco delle critiche. Anche se il passaggio per questo istituto non …

Dopo un anno di esistenza e un migliaio di giudizi, il Centro di
arbitrato e mediazione dell’Ompi (Organizzazione mondiale della
proprietà intellettuale) si trova sotto il fuoco delle critiche.
Anche se il passaggio per questo istituto non è obbligatorio per
risolvere una controversia sulla Rete, l’Icann vi ha conferito un
importante potere. Infatti, nel momento della registrazione di un
nome di dominio, il proprietario accetta d’ufficio di sottomettersi
alle decisioni di un’amministrazione accreditata dall’Icann stessa in
caso di controversie. Pertanto, se ordinato dall’Ompi, un
trasferimento di indirizzo Internet può essere disposto in
automatico. Va notato che nel 2000 sono stati trasmessi 1.800 atti
d’accusa e l’organismo si è pronunciato su 1.007 fra questi. Nell’81%
dei casi, la sentenza ha dato ragione a chi ha avviato il processo,
generalmente riconoscendogli titolarità sul nome di dominio in
discussione.
I commenti e le insinuazioni sul funzionamento dell’organo di
arbitrato mondiale non sono cosa nuova, poiché già al tempo del primo
pronunciamento, a favore della Federazione mondiale del catch, si era
registrata un’intrusione di hacker sul sito dell’Ompi. Oggi
l’obiettivo si è fatto più preciso e articolato, spaziando dall’uso
stesso del nome "centro di arbitrato" (che genererebbe confusione)
alla mancanza di rispetto per i diritti dei difensori, fino all’uso
di certi esperti, chiamati a dirimere casi spesso complessi.
Innanzitutto, l’arbitrato giuridico, in senso stretto, si effettua in
condizioni differenti da quelle citate, perché, di solito le
decisioni vengono controllate e fatte eseguire dalla giustizia
ordinaria. Per l’Ompi, invece, si prevede un solo appello "esterno",
che però viene solo parzialmente utilizzato. Inoltre, l’arbitrato a
valore giuridico implica una partecipazione attiva delle due parti,
cosa che l’Ompi non contempla. Una semplice consultazione degli
arbitrati sino a oggi eseguiti evidenzia come molte decisioni siano
state prese senza che il titolare dell’indirizzo conteso sia stato
contattato, né in seguito notificato del provvedimento a suo carico.
Un altro problema risiede negli esperti utilizzati per gli arbitrati,
scelti dall’Ompi, ma talvolta fra avvocati in qualche modo coinvolti
con qualcuna delle parti in causa. Per questi casi, non sono previste
possibilità di ricusazione.
Una clausola contenuta nel contratto commerciale dell’Icann per
ottenere un nome di tipo .com, .net o altri è all’origine delle
procedure di arbitrato dell’Ompi, poiché obbliga il proprietario del
nome a sottomettersi a un’amministrazione accreditata dall’Icann in
caso di controversia. Un certo numero di giuristi, tuttavia, sono
d’accordo nell’affermare che la clausola contraddice il codice dei
consumatori e, dunque, l’Icann potrebbe essere perseguita per
disposizione abusiva, qualora una parte in causa si sentisse lesa da
un giudizio. Finora, però, nessuno ha voluto tentare l’avventura.

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