Lo sviluppo del software open source fa paura a Microsoft?

La società di Redmond propone, in alternativa, “shared source”, un modello di sviluppo software basato solo sulla condivisione di alcune parti del codice dei programmi. Così, si salvaguarderebbe la proprietà intellettuale, giudicata fondamento della crescita industriale.

Secondo Microsoft lo sviluppo del software open source mette in pericolo l’industria stessa del software, mentre l’espansione dei propri schemi per suddividere il codice di Windows è su base controllata. Così, circa dieci anni dopo la pubblicazione del saggio "The cathedral and the Bazaar", di Eric Raymond, che esponeva i princìpi-base dello sviluppo open source, arriva la difesa a spada tratta del software proprietario, prendendo come bersaglio, in particolare, la licenza Gpl (General public license). Essa prevede che un programma possa essere copiato e distribuito liberamente, purché ogni copia contenga il testo della licenza, un appropriato copyright e una restrizione di garanzia. Non è, dunque, un licensing gratuito, ma libero.


A sostenere le tesi di Microsoft ha pensato uno dei vice presidenti di maggior peso, Craig Mundie, che in passato ha diretto le strategie sulle piattaforme non pc (fra cui Windows Ce) e che, dal 1998, intrattiene rapporti con gli ambienti governativi e tratta di questioni giuridiche. Tant’è che, nell’agosto 2000, l’allora presidente Usa, Bill Clinton, lo ha nominato membro del National Security Telecommunications Advisory Committee, un gruppo di consulenza della Casa Bianca su questioni legate alla sicurezza informatica.

L’esempio negativo delle dotcom


Assunto di base delle tesi di Microsoft è che la protezione della proprietà intellettuale sia uno dei motori fondamentali della crescita economica. "È un modello che ha sin qui provato la propria efficacia – ha spiegato Mundie – e che occorre difendere con una forte politica di licensing. E Microsoft non prevede alcuna alternativa. Per converso, l’open source, in particolare la licenza Gpl, minaccia la proprietà intellettuale delle organizzazioni che la utilizzano e, di riflesso, lo sviluppo economico delle imprese.


Per Microsoft, il modello di sviluppo software open source sarebbe pericoloso poiché introdurrebbe la "forte possibilità" di portare a versioni di programmi incompatibili, interoperabilità precarie e prodotti instabili. Più in generale, non si tratta di un modello economico affidabile. "Un tratto comune a molte aziende, comprese le dotcom, che sono recentemente fallite – ha esemplificato Mundie – è che hanno distribuito software gratuitamente, perdendo il valore che avevano costruito, nella speranza di poter guadagnare denaro vendendo altre cose. Da qui discende la sentenza di condanna a morte pronunciata per i siti Internet che sperano di vivere di pubblicità o con la vendita di servizi, rilasciando liberamente i contenuti.


In risposta a questo stato di cose, Microsoft ha annunciato l’espansione di programmi progettati per dare ai grandi clienti enterprise e agli Isv l’accesso al prezioso codice sorgente di Windows e promuovere un modello alternativo "shared source" di sviluppo software. Sotto questo modello, una comunità di sviluppatori (naturalmente selezionata da Microsoft) può vedere il sorgente di Windows, ma non gli è permesso di alterarlo o creare subset del sistema operativo. Il programma formale per gli Isv si chiama Isv Source Licensing. Peraltro, almeno per ora, questo programma non è particolarmente esteso e ne beneficiano solo alcuni partner privilegiati.

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