Lo stile

A volte è proprio questione di stile. Enunciare regole per poi smentirle. Confondere le acque e nascondere le carte. E se ce lo dicessimo una volta per tutte?

12 febbraio 2004 Fate conto di leggere un Ceronetti qualsiasi della
domenica e cimentatevi nei doppi salti carpiati.
Roma, Stadio Olimpico,
domenica 8 febbraio, dieci e un quarto di sera, circa.
Francesco Totti,
capitano della Roma, cerca con lo sguardo Igor Tudor, difensore della Juventus,
per dar sfoggio della propria mimica romanesca.
Un senza parole che nemmeno
quelli di Grock ti possono insegnare, neanche dopo anni e anni: un lancio di
occhi, una mano che conta e che, plasticamente, vola via.
Inimitabile.
Impagabile per qualcuno.
Insolente, per altri, come per Marcello Lippi,
allenatore di una squadra ferita da un poker di gol, che enuncia: “per essere
grandi bisogna saper vincere. Non avete stile”.
Lo stile.
Che non è solo
quello che manca.
Fosse solo un bisogno latente e riconosciuto.

Qualcuno, magari si dannerebbe per trovarlo.
Il problema è che l’assenza
della qualità è diventata valore. Ovunque chi cade nel vuoto di stile, non solo
non viene ripreso, ma è anche premiato.
Nel nostro piccolo mondo moderno,
dove tutti siamo bravi a stigmatizzare gli eccessi dei conflitti di interessi,
salvo poi farceli in casa, all’amatriciana, e digerirceli con una leggerezza che
nemmeno le acque effervescenti naturali ti consentono, quello che manca è lo
stile.
Che poi fa il paio con la franchezza: se vuoi fare una cosa, falla:
non tergiversare.
Quanti hanno detto che l’opensource andava lasciato
libero, salvo poi ingabbiarlo in scatole commerciali?
Quanti hanno
spegiurato che con tool di sicurezza messi uno sull’altro eri al sicuro e poi è
bastata una banale mail a inchiodarti per una settimana?
Quanti hanno detto
“noi le Pmi, mai”, o “noi, la vendita diretta, mai”?
Quanti hanno preso i
fogli con i conti, li hanno fatti volare per aria, li hanno ripresi a casaccio e
ne hanno fatto un bilancio?
E quanti vogliono (o sanno) far funzionare
veramente le cose dell’It?
Ammettiamocelo, dai, è meglio.
Con stile.

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