Lo skill shortage è un problema che tocca il Sistema Paese

Il rilancio dell’economia nazionale dipende dalla capacità delle imprese di essere competitive a livello internazionale. Servono, quindi, nuovi progetti e una drastica riorganizzazione aziendale in ottica Web, ma anche le figure tecnico-manageriali preparate ad avviare il processo.

Per dare chance allo sviluppo bisogna risolvere il problema dello skill shortage. Un problema cruciale, che riguarda istituzioni, aziende e università. Ma non basta inserire Internet come argomento a ogni livello di istruzione. Secondo Pietro Varaldo, direttore generale di Federcomin, i dati parlano chiaro: oggi sono ancora le aziende a farsi carico della maggior parte della formazione Ict. In base alle ultime ricerce di Federcomin, il rapporto è di 1 a 10, perché su 270mila formati a fine 2000 dalle aziende, le istituzioni ne hanno generati soltanto 27mila. D’altra parte è proprio la difficoltà di reperire figure già formate in ambito It/Internet che frena numerosi progetti, per cui molte aziende tendono a rimandare importanti iniziative di apertura verso il Web. Un’indagine condotta da NetConsulting per conto di Microsoft ha calcolato che lo skill shortage in Italia sta provocando una perdita economica per il Sistema Paese di circa 17mila miliardi di lire.


“Sono numeri che fanno pensare – commenta Michele Pacelli, direttore generale di Assolombarda -. L’Italia è perfettamente consapevole del gap che l’allontana dalla competitività degli altri Paesi europei, a loro volta in difetto rispetto al resto del mondo industriale. Il fenomeno della globalizzazione si basa sulle tecnologie delle telecomunicazioni ed è su questo focus che dobbiamo lavorare, perché l’assetto dimensionale delle nostre imprese può trovare grande opportunità da questo momento di transizione evolutiva: questo è il treno che potrà consentire alle piccole e medie imprese italiane di continuare a essere protagoniste del mondo di domani. Il settore Ict non è un vero settore, perché il valore reale di queste tecnologie è di essere applicabili a tutti i nostri sistemi, dai servizi ai vari settori industriali fino a investire ogni unità organizzativa e produttiva italiana. Quello che c’è di veramente nuovo, oggi, è che stanno cambiando i codici dei valori: la precarietà, per esempio, sta metabolizzandosi all’interno della nostra società. Il posto fisso, infatti, non è più uno status symbol”.


Cambia il mondo del lavoro e cambia la cultura del lavoratore. In generale, gli esperti segnalano una crescita del numero di addetti che nelle aziende italiane si occupano (anche se non necessariamente a tempo pieno) delle tematiche legate alla net economy. Con l’affermarsi della Rete e delle applicazioni Web based come opportunità strategiche, le imprese hanno dovuto confrontarsi con l’esigenza di estendere le competenze tecniche e di Internet alle funzioni tradizionalmente non legate alle tecnologie. Questo fenomeno ha comportato all’interno delle principali funzioni aziendali un abbattimento dei confini tra le attività di tipo tradizionale e quelle più innovative, grazie alla crescente pervasività dei compiti “Internet related” nella gestione delle pratiche quotidiane.


La crescita del mercato è guidata dalla ricerca da parte delle aziende di un maggior livello di efficienza e di ottimizzazione del flusso informativo, specie nella gestione dei rapporti coi fornitori (supply chain).


Tra le tre tipologie di commercio elettronico, ovvero l’e-distribution, l’e-procurement e l’e-marketplace, secondo gli analisti del settore, sarà piuttosto quest’ultimo ad avere maggiori possibilità di sviluppo.


Alla luce dei nuovi avvenimenti, tuttavia, con le Borse in picchiata e la crisi che alcuni settori stanno già subendo, sembra quasi che tutto sia sospeso in un limbo che tocca anche le figure più ricercate dell’Ict. Per cui sicuramente vanno ridimensionate tante previsioni fatte prima dell’estate, perché oggi sembrerebbe che nessun settore possa essere risparmiato.


Prima del fatidico 11 settembre le previsioni di Idc riguardo allo skill shortage riportavano per il 2001 una carenza in Italia di quasi 128mila professionisti, che dovrebbe salire a 215mila nel 2002. In Europa i calcoli sullo skill shortage parlano di 1,466 milioni nel 2001 e di 2,362 milioni nell’anno successivo. Per quanto possano, nei prossimi mesi, essere ridimensionati questi dati, si tratta pur sempre di valori elevati che richiedono urgenti provvedimenti.


Nel breve termine, comunque, le prospettive migliori di crescita riguardano l’area delle soluzioni e dei servizi It, che si prevede beneficeranno degli investimenti di un numero crescente di aziende nella creazione di progetti e siti Web, per cui richiederanno anche servizi di outsourcing, vale a dire di design, housing e hosting, e nel lancio di nuove attività basate su Internet, eventualmente integrate in un’ottica di multicanalità.

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