L’industria hi-tech in crescita grazie alle esportazioni

Il rapporto Istat mostra che, nei primi 5 mesi del 2010, l’export ha fatto registrare nel settore elettronico ed elettrotecnico un netto aumento di produzione e fatturato.

L’industria elettrotecnica ed elettronica italiana consolida la sua ripresa: secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istat e rilanciati da Confindustria Anie, il settore ha registrato a maggio 2010 un nuovo recupero della produzione industriale rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, con un +21,6% messo a segno dall’elettrotecnica e un +1,6% per l’elettronica, rispetto a una media del +7,8% per il manifatturiero. Se si considerano i primi cinque mesi del 2010 – nel confronto col corrispondente periodo dell’anno precedente – l’industria elettrotecnica ha evidenziato una crescita dei livelli di attività del 12,8%, l’elettronica del 10% , cifre decisamente superiori alla media del + 5,1% dell’industria di trasformazione nazionale.

Corre il fatturato
Anche i dati relativi a fatturato e ordinativi confermano indicazioni positive per la prima parte del 2010. A maggio 2010 – in confronto con lo stesso mese del 2009 – l’industria elettrotecnica italiana ha osservato una crescita del fatturato totale del 6,7%, mentre l’elettronica del +6,2%. Guardando al dato cumulato dei primi cinque mesi del 2010, la variazione tendenziale del giro d’affari complessivo è stata del + 6,3% per l’elettrotecnica e dell’1% per l’elettronica (+6,3% la variazione nella media del manifatturiero italiano). In prospettiva anche l’analisi del portafoglio ordini mostra indicazioni incoraggianti per la seconda parte dell’anno, sia per l’elettrotecnica (+10% la variazione cumulata a gennaio-maggio 2010 al confronto con il medesimo periodo del 2009) che per l’elettronica (+32,6%).

Export in crescita
Secondo l’Anie questo recupero di inizio 2010 è stato determinato soprattutto dai mercati esteri: il dato aggregato dei primi cinque mesi del 2010 evidenzia infatti una crescita dell’export di quasi il 6%, dopo un 2009 da dimenticare (-16,9%). A sorpresa, anche tradizionali partner commerciali all’interno dell’Unione europea – come Germania e Francia – hanno espresso una domanda in aumento di tecnologia italiana per le infrastrutture (rispettivamente +34,3% e +31,8%), complice l’avvio di una campagna di investimenti. Le esportazioni di questo tipo si sono invece mantenute pesantemente negative in paesi come Portogallo, Grecia e Spagna (rispettivamente -40,1%, -20,6% e-18,7%); in questi casi i contraccolpi della crisi sui bilanci pubblici hanno di fatto ostacolato un ampliamento degli investimenti.

Bene l’Oriente
La spesa infrastrutturale crescente, grazie anche ai finanziamenti europei, continua al contrario a interessare i Paesi nuovi entranti dell’Europa dell’Est, in cui le imprese italiane fornitrici di tecnologie elettrotecniche ed elettroniche sono riuscite a farsi strada nei primi 5 mesi del 2010 (+14,9% il dato complessivo dell’export nei 12 nuovi stati Ue). Bene anche l’export complessivo verso il mercato nordamericano (+23,2%), grazie ai decisi programmi governativi di sostegno alla green economy. Nel caso della componentistica elettronica sono alcuni mercati dell’Est europeo (Polonia e Romania) e del Far East (Cina) a mostrare nei primi cinque mesi del 2010 la domanda più dinamica nei confronti delle produzioni italiane .

Mercato domestico da consolidare
Commenti positivi a questi numeri arrivano da Anie, per voce del presidente Guidalberto Guidi: «La ricostituzione delle scorte nelle filiere internazionali fornisce impulso alla domanda industriale, soprattutto di beni intermedi, complice l’intensificarsi della ripresa nei mercati esteri più dinamici.è in via prevalente dal canale estero che scaturiscono questi risultati. È certamente un segnale positivo quello che si legge oggi nei dati ma un rafforzamento della crescita nel lungo periodo che ci consenta di appianare le perdite subite resta incerto, legato a un consolidamento della domanda extra scorte anche nel mercato domestico. È questo un obiettivo difficile da raggiungere senza investimenti forti in infrastrutture a livello nazionale. È tempo che anche il Paese segua la strada tracciata dalle imprese mettendo al primo posto l’obiettivo crescita».

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