L’importanza delle “sandbox” per la sicurezza dei browser

Consentono di far girare codici potenzialmente maligni in un ambiente protetto. Chrome è il primo ad avere usato approccio, ma altri seguiranno. La parola agli esperti di security.

L’idea alla base delle tecnologie di sandboxing consiste nel rendere molto più complicata, per eventuali aggressori, l’esecuzione di codice nocivo sul sistema dell’utente. Per questo è sempre più necessario investire su questo genere di approccio.

Parola del ricercatore, esperto di sicurezza, Dino Dai Zovi, che attraverso le pagine del blog di Kaspersky osserva come nel prossimo futuro i produttori di software debbano guardare con sempre maggior interesse verso le tecniche di sandboxing. Un plauso al browser Google Chrome che per primo ha adottato il concetto di sandboxing.

Il ruolo del browser
Con la crescita della complessità delle applicazioni web, il browser diventa uno strumento sempre più “delicato” ed inevitalmente più soggetto ad attacchi rispetto a quanto accadeva in passato.

Se il browser utilizza tecniche di sandboxing, anche se un aggressore dovesse riuscire a sfruttare una vulnerabilità del prodotto dovrebbe compiere un passo in più ovvero individuare anche una falla di sicurezza nella tecnologia per la gestione della sandbox. Solo in questo modo potrebbe effettivamente danneggiare il contenuto del personal computer. Difatti una sandbox fornisce un set di risorse di sistema che consente di far girare un codice o un software di dubba provenienza in un ambiente protetto (in questo senso, la sandbox può essere considerata come un esempio specifico di virtualizzazione)

Le sandbox consentono di alzare notevolmente il livello di sicurezza“, ha fatto presente Dai Zovi, “tanto che gli aggressori debbono orientarsi verso altre tipologie di attacco quali, ad esempio, la distribuzione di falsi programmi antivirus (rogue antivirus ndr )”.

Secondo Dai Zovi il browser dovrebbe somigliare sempre più ad un sistema operativo. Una visione che, in sostanza, ricalca quella di Google.

Chrome ha fatto proprio l’approccio “sandboxing” già con il rilascio della prima versione del browser, nel mese di settembre 2008. Dai Zovi auspica l’adozione di tecnologie simili anche da parte degli altri principali produttori di browser web.

Il ricercatore osserva come sia Internet Explorer 7 che Internet Explorer 8, su Vista e Windows 7, propongano anche una speciale modalità di avvio che consente eseguire l’applicazione utilizzando privilegi utente limitati. Sebbene questo espediente riduca gli effetti di un eventuale attacco malware, non si tratta di un vero e proprio sistema di “sandboxing”.
Al momento né Mozilla Firefox, né Apple Safari, né Opera offrono alcun meccanismo di “sandboxing”.

Mozilla sta lavorando su una tecnologia il cui principio di funzionamento appare molto simile a quello impiegato in Google Chrome. Il progetto si chiama Mozilla Electrolysis e dovrebbe debuttare con il rilascio di Firefox 4.0, programmato per la fine dell’anno o l’inizio del 2011.

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