
Dal SoftSummit 2005 ai fornitori di software arriva lo stimolo a rivedere i meccanismi di licenza. Direzione preferita, pay per use.
Il tema delle licenze software sta tenendo banco da un po’. Mai dimentichi del fenomeno opensource e delle influenze che costantemente riflette sul vecchio modo di applicare l’equazione proprietà intellettuale uguale prezzo da pagare all’utilizzo di software, i vendor di software lo hanno trattato nel contesto del SoftSummit 2005, un incontro conclusosi ieri sera a Santa Clara che ha affrontato coralmente i temi del prezzo del software, delle licenze e della gestione delle applicazioni in contesti di impresa.
Si è trattato di un summit che ha richiamato 700 executive del mondo della fornitura del software e del grande universo It. Qualche nome: Accenture, Amd, Boston Consulting Group, Forrester, Ibm, McKinsey, Microsoft, Motorola, Sap, Sun, Symantec, Yahoo.
Nel contesto del summit sono stati presentati i risultati di un’indagine (Key trends in software pricing and licensing) condotta fra agosto e settembre dalla Siia (Software and Information Industry Association) insieme a Macrovision, società che realizza soluzioni per la gestione delle licenze software, su 500 membri dell’associazione, avente come tema la soddisfazione dei contratti di licenza, sia sul fronte dei vendor, sia su quello degli utenti.
Ne è emerso un quadro riassumibile con l’assunto che gli It manager utenti stanno andando alla ricerca di strutture di licenza flessibili, di qualcosa, insomma, che gli consenta di innescare un meccanismo simile al pagamento a consumo.
Software come utility? verrebbe da chiedersi. E, ancora, se questo è ciò che gli utenti vogliono, i fornitori di software faranno a gara per darglielo, magari stando ben attenti a non fare dumping (cioè a esasperare la concorrenza al punto da vendere a prezzi sotto il livello di mercato)?
È un po’ presto per dirlo ed è meglio soffermarsi sugli esiti dell’indagine resa nota da Macrovision e sui commenti che il ceo della società, Fred Amoroso, ha posto su alcuni temi.
Il primo dei quali riassume tutti i problemi vivi (come il meccanismo di licenza per Cpu, produttività reale del software). Ha sostenuto Amoroso che le licenze software dovrebbero riflettere il valore che il software rende all’impresa nella sua interezza piuttosto che quello di un determinato server. I prezzi applicati a valori come i GigaHertz, insomma, secondo Amoroso non hanno più attinenza con la situazione di mercato.
Qualche dato relativo ai fornitori, allora. Nel recente periodo i due terzi dei vendor hanno dovuto rivedere il sistema delle licenze e poco più della metà ha sostenuto di aver raggiunto un risultato accettabile.
Alcuni vendor hanno scelto di indirizzarsi sulle licenze concorrenti, altri hanno svincolato l’uso del software da un numero fisso di utenti, altri, ancora hanno assunto una visione olistica della rete, dando la possibilità di fruire delle licenze da remoto su una rete mondiale (per quelle imprese che ce l’hanno).
E anche un terzo degli utenti sentiti ha detto di ritenersi soddisfatto.
Di conseguenza, però, due terzi non lo sono. E cosa vorrebbero gli utenti, chiamiamoli, insoddisfatti?
Sicuramente vorrebbero che fosse abbandonato il meccanismo bloccato di contabilizzazione delle licenze per Cpu, ovvero sulla base della potenza dei sistemi su cui fanno girare il software. Motivo: l’utilizzo delle Cpu varia, fluttua, non è mai costante. Ma con i contratti attuali sono costretti ad acquisire la licenza per un massimo utilizzo. Meglio sarebbe per loro pagare su un valore medio, magari basato sull’effettivo utilizzo del sistema, o addirittura (lo sostiene il 53% dei manager sentiti dall’indagine) abbandonare definitivamente il modello di licenza per server.
Riassumendo, l’indagine patrocinata da Macrovision presso la Siia (nel cui consiglio compaiono, fra gli altri, i nomi di esponenti di Red Hat, Sun, Symantec e Oracle) ha detto che i vendor di software farebbero meglio ad adottare nuovi modelli di licenza per mantenere un buon rapporto con gli utenti.
Altri dati emersi dal rapporto dicono che il 70% dei manager verifica manualmente l’utilizzo delle licenze software in essere, ovvero non dispone di strumenti automatici per farlo.
I modelli a sottoscrizione, che prevedono il pagamento di una quota (mensile o annuale) per il software, in luogo dell’acquisto in soluzione unica) si stanno diffondendo: ora li usa il 40% dei vendor, il 7% in più rispetto allo scorso anno. E il valore stimato per il 2006 è del 60%.