Libri elettronici a scuola: la vittoria di Pirro degli editori

A colloquio con Antonio Tombolini, fondatore di Simplicissimus BookFarm. Il dietrofront ministeriale sull’adozione dei libri di testo in formato elettronico perde di vista un dato di fatto: la transizione al digitale non solo della scuola ma di tutti i processi formativi che contano è già iniziata.

La notizia è di pochi giorni fa.
Al momento della pubblicazione delle indicazioni operative in merito all’adozione dei libri di testo per l’anno scolastico 2013/2014, la circolare del Miur si traformava in una vera e propria sorpresa.
Malgrado le promesse e gli impegni dei mesi scorsi, malgrado i piani annunciati, malgrado le linee guida ormai datate 2009, la realtà sembra trasformarsi i un clamoroso dietrofront.
Testualmente si legge, infatti: ”Per quanto riguarda inoltre il primo ciclo di istruzione, lo stesso decreto ministeriale 16 novembre 2012, con cui vengono emanate le “Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e della scuola del primo ciclo” prevede espressamente che l’editoria scolastica adegui i libri di testo destinati alle scuole del primo ciclo, a partire dalle adozioni per l’anno scolastico 2014/2015. Il passaggio ai libri di testo nella nuova versione digitale, da realizzare gradualmente a decorrere dalla adozioni per l’anno scolastico 2014/2015, richiede in ogni caso l’adozione di un apposito decreto ministeriale che ne definisca le caratteristiche tecniche”.
Burocratese perfetto, per rendere forse meno palese la cruda realtà: senza un decreto ministeriale apposito, tutto l’impianto destinato a introdurre il libro elettronico a scuola resta lettera morta.

Per meglio capire cosa significa questo rinvio ministeriale, abbiamo interpellato Antonio Tombolini, fondatore di Simplicissimus BookFarm, non solo voce autorevole sul mercato dell’ebook in Italia, ma anche molto attento alle tematiche legate proprio al mondo della scuola, cui dedica per altro il quarto eBook Camp in programma a Cosenza il 2 e 3 marzo prossimi.
Secondo Tombolini, la nuova svolta imposta dal Ministero ”al di là della solita involuzione del linguaggio teso a mascherare il più possibile la realtà dei fatti, ha un significato semplice: la lobby degli editori specializzati della scolastica è riuscita nel proprio intento di ottenere un ennesimo rinvio – di fatto sine die – del passaggio per legge alla fruizione digitale dei materiali didattici”.
Ed è una constatazione amara, soprattutto perché costringe a prendere atto di una sola verità. ”Alle roboanti dichiarazioni di intenti pro-digital che i ministri di turno fanno in pubblico, consci del fatto che vi è ormai un ampio consenso da parte delle famiglie, fanno seguito finti adeguamenti normativi tesi in realtà a prolungare il più possibile lo status quo”.
Nulla di nuovo rispetto al passato, dunque.

Tuttavia, Tombolini è ottimista, tanto da definire quella che sembrerebbe una vittoria delle case editrici una vera e propria vittoria di Pirro.
”Battendosi per ottenere questo risultato – sostiene – hanno ormai reso evidente a tutti il loro atteggiamento di fondo, che è e resterà quello di una sostanziale ostilità alla transizione al digitale. In questo è il punto debole di questa “vittoria”: la transizione al digitale, anche nella scuola, non avrà luogo né verrà impedita per via di legge. E’ un evento che accadrà, e in qualche misura sta già accadendo, per dirla con Totò, a prescindere. E chi pensa di opporvisi facendosi forza di norme di legge, è destinato a essere travolto, a meno che non cambi rapidamente mentalità e strategie. I contenuti digitali, come ogni “liquido”, vogliono fluire, e opporre resistenza non serve ad altro che ad aumentarne la pressione e a moltiplicarne in maniera incontrollata i flussi”.

L’ottimismo di Tombolini nasce dalla constatazione di una situazione di fatto, che va ben oltre la semplice digitalizzazione dei libri scolastici.
IL processo irreversibile, di fatto già iniziato, è quello che sancisce la transizione al digitale non solo della scuola ma di tutti i processi formativi che contano.
”Occorre una buona dose di ottusità per non accorgersi che interi settori dell’apprendimento, a vari livello, stanno già emigrando massicciamente verso piattaforme digitali, dalle più complesse strutture di elearning ai più semplici, ma efficacissimi, approcci delle lezioni frontali via youtube”.
Tombolini si domanda che cosa intendano realmente fare scuola e l’università: la formazione evolverà in ogni caso verso queste modalità, e di nuovo: se l’istituzione-scuola deciderà di contrastarle o di rimanervi estranea verrà travolta. Provo a rendere l’idea con un esempio che mi pare paradigmatico: la formazione nel software prescinde ormai quasi del tutto in Italia dalla formazione universitaria istituzionale, perché le facoltà di informatica non hanno saputo adeguarsi all’evoluzione di questo settore, che segnala in genere i percorsi che vengono poi adottati da altri settori più “tradizionali”. L’Italia è piena di eccellenti “ingegneri informatici di fatto”, con grandi competenze software acquisite attraverso esperienze formative le più varie, al di fuori dell’università. Ed è anche piena, ahimé, di troppi “ingegneri informati di diritto”, muniti del pezzo di carta ma privi delle competenze necessarie a stare sul mercato, perché formati in maniera vecchia su competenze e metodologie ormai obsolete”.

Duro nelle sue opinioni, Tombolini riconosce tuttavia che il problema non sia solo italiano.
L’atteggiamento ostruzionistico degli editori specializzati è condiviso dai principali editori del settore su scala mondiale, e la scuola, al di là di esperienze avanzate di eccellenza, non ha ancora mostrato percorsi convincenti, neanche all’estero.
La buona nuova, a voler vedere il bicchiere mezzo pieno, è che dunque il nostro Paese non ha ancora un gap così drammatico da colmare.
Attenzione però: La condizione per non perdere il treno però è di partire subito con sperimentazioni che partano dal basso, senza attendere una innovazione che si imponga per decreto legge. Cosa che peraltro non è mai accaduta”.

In ogni caso, ed è qui che l’ottimismo del fondatore di Simplicissimus si fa più evidente, c’è un mercato intero e nuovo a disposizione di chi voglia seriamente investirci in maniera innovativa.
”E visto l’atteggiamento degli editori tradizionali, direi che è un settore di elezione per startup e nuove imprese. Anche per questo con Simplicissimus, piuttosto che rincorrere le chimere di business che dovrebbero essere creati controvoglia e per legge dagli attuali editori, abbiamo deciso di mettere mano allo sviluppo di una piattaforma per la produzione, vendita e condivisione di materiali didattici digitali autoprodotti e non, che a partire dal prossimo anno scolastico metteremo gratuitamente a disposizione delle scuole che vorranno cimentarsi con noi in questa sperimentazione”.

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