Le ripercussioni tecnologiche del terrorismo

L’attacco agli Stati Uniti ha portato alla luce gravi inefficienze nell’infrastruttura informatica di parti nevralgiche dell’apparato federale d’Oltreoceano. Il tema della sicurezza, in tutti i suoi aspetti, incide sempre più anche sulle attività ordinarie delle imprese.

Superato l’inevitabile sgomento iniziale, l’inusitato attacco terroristico ad alcuni simboli del potere statunitense lascia spazio a considerazioni che riguardano da vicino la vita tecnologica che interessa e lega, oggi, le persone e le aziende nel mondo. Proviamo a enucleare alcuni aspetti correlati al tragico episodio, per trarne spunti e riflessioni utili per un futuro probabilmente destinato a cambiare in modo irrimediabile.

Arretratezze e malfunzionamenti


Diversi osservatori hanno puntato il dito sull’infrastruttura tecnologica del Dipartimento di Stato americano, giudicandola insufficiente soprattutto sul fronte della sicurezza. Dopo il primo attentato al World Trade Center del 1993, il Governo federale avviò un programma per il potenziamento delle tecnologie di sicurezza delle ambasciate e dei consolati incaricati di fornire i visti per i passaporti. Tuttavia, dei 228 siti coinvolti, solo 110 hanno implementato un sistema di controllo automatico delle identità, connesso a un database centrale collocato presso il Dipartimento di Stato a Washington. Il resto ha continuato a usare archivi basati su nastri magnetici, Cd-Rom o addirittura microfilm. Un ulteriore investimento di 210 milioni di dollari è stato stanziato all’inizio di quest’anno, ma evidentemente i controlli restano a tutt’oggi un anello debole nella catena della sicurezza.


Fallimentari si sono rivelati anche i sistemi di sorveglianza planetaria che gli Usa avrebbero attivato in questi anni. Anche se gli Usa hanno sempre negato, un’indagine del Parlamento europeo ha proprio quest’anno confermato l’esistenza della rete di controllo nota con il nome di Echelon. Questo sistema sarebbe in grado di intercettare comunicazioni sospette trasmesse sulla rete mondiale. Ma in questo caso non ha funzionato, probabilmente perché gli eventuali messaggi fra i terroristi sono passati attraverso potenti sistemi di crittografia o sono stati inviati attraverso la posta tradizionale.

 


Rete e comunicazioni


Nelle ore successive al compimento dell’attacco terroristico, le linee di comunicazione fissa hanno collassato e anche quelle mobili non hanno retto a lungo. Più affidabile si è dimostrata Internet, tant’è che molte persone hanno usato l’instant messaging per comunicare. La tecnologia asincrona a pacchetto di Internet consente ai messaggi di viaggiare attraverso diverse strade per raggiungere i destinatari e offre così vantaggi in situazioni di grave crisi. Investire in questa direzione per migliorare le comunicazioni aziendali può, dunque, rivelarsi strategicamente importante anche nel contesto delle normali attività quotidiane.


Il traffico Internet puro, naturalmente, non è stato immune da rallentamenti e parziali blocchi, soprattutto a causa della brama di notizie che ha portato i navigatori nel mondo a collegarsi ai siti dei quotidiani locali, New York Times in testa, per avere aggiornamenti in tempo reale. Ma tutto sommato, la Rete ha superato il difficile esame.

 


Il disaster recovery


Snobbate da molti in tempi “normali”, le pratiche di disaster recovery si sono dimostrate fondamentali in un contesto estremo come quello generatosi negli Stati Uniti. Numerose società, soprattutto nelle aree colpite a New York e Washington, hanno attivato le procedure, generalmente con successo. Le compagnie aeree sono state ovviamente fra le realtà maggiormente allertate, ma anche quelle di trasporti (come Federal Express o Ups) o di fornitura informativa hanno subito forti stress, senza tuttavia bloccarsi. Da segnalare il caso del Nasdaq, che ha proseguito le transazioni per un’ora e mezza dopo il disastro, senza problemi, prima di chiudere volontariamente.

 


Sicurezza contro privacy?


Un evento così grave come quello che ha colpito gli Stati Uniti pone, a freddo, questioni che riguardano soprattutto il tema della sicurezza. Le principali aziende nel mondo sono state allertate sulla possibilità che, al clamoroso attacco aereo, possano seguire azioni diffuse di cyberterrorismo. L’intento dei criminali potrebbe essere quello di approfittare della situazione d’emergenza per sferrare una nuova offensiva telematica, in grado potenzialmente di paralizzare un paese, colpendo la distribuzione dell’acqua, le ferrovie e gli aeroporti, oleodotti e gasdotti, tutti gestiti da computer. Mai come ora appare opportuno dotarsi di tutti gli strumenti a disposizione per prevenire queste forme di attacco.


Non è mancato chi ha sottolineato come l’accesso libero a Internet o a codici di programmi possa essere fra le cause di una diversa e migliore organizzazione anche delle strutture terroristiche. In nome della sicurezza, in futuro potremmo essere chiamati a concedere qualcosa sul fronte della privacy. Ma questo è un discorso complesso, che va affrontato in ben altre condizioni emotive.

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