Le reti italiane sono in ritardo per l’Anno 2000

Si è tenuto ieri il convegno "Anno 2000. Opportunità e rischi per le Tlc ", organizzato dall’Anuit (Associazione Nazionale Utenti Italiani delle Telecomunicazioni). é stata l’occasione per fare il punto sullo stato di att …

Si è tenuto ieri il convegno "Anno 2000. Opportunità e rischi per le Tlc
",
organizzato dall’Anuit (Associazione Nazionale Utenti Italiani delle
Telecomunicazioni).
é stata l’occasione per fare il punto sullo stato di attuazione dei piani
di adeguamento di alcune tra le principali aziende pubbliche (o che, in
parte, erogano un servizio pubblico) del Paese, come Enel, Eni e Telecom
Italia (anche se non opera più in regime di monopolio, l’ex gestore unico
nazionale è ancora l’unico o quasi a poter fornire la connettività local
e).
Tutti i relatori hanno espresso un "cauto" o "moderato" ottimismo,
con il
risultato di preoccupare la platea, circa le possibili conseguenze del
cambio di data sui servizi considerati tra i più vitali per la vita della
Nazione. Più congrua, dunque, è apparsa la visione di Gianni Bernardelli
,
responsabile del progetto Anno 2000 dell’Eni, che ha parlato di
"consapevole apprensione". In altre parole, nessuno si aspetta uno scena
rio
catastrofico, ma neanche sarà possibile che tutto il sistema passi indenne
il cambio di data. Il problema di fondo, infatti, risiede
nell’interdipendenza delle diverse strutture: per cui, per esempio, anche
se un’impresa ha raggiunto la compatibililtà con il cosiddetto Millenium
Bug, rischia di non poter lavorare perché non le arriva la corrente
elettrica oppure ha i telefoni bloccati.
Proprio le difficoltà che potrebbero incontrare le società di
telecomunicazioni sono state al centro di molti interventi. Di fatto, una
telefonata attraversa una serie di nodi, dal centralino presso l’utente
(chiamante e destinatario) allo switch della centrale locale, al gateway
internazionale, a un commutatore di transito e così via. Tutti punti
potenzialmente causa di guasti hardware e software. La situazione è
talmente complessa che nessuno è in grado di garantire cosa potrà
succedere. Giovanni Carlo De Iacovo, responsabile del "team di presidio" di
Telecom Italia, per esempio, ha ammesso che, nonostante il grosso progetto
messo in campo dall’operatore a partire dal 1997, la possibilità di guasti
rimane e, per questo, è stato prevista l’attività del suo team che, dal
settembre 1999 al febbraio 2000, monitorerà costamente tutti i servizi
pronto a intervenire per risolvere eventuali problemi nel più breve tempo
possibile.
Ma il problema dell’interdipendenza consiste anche nell’interconnessione
tramite reti telematiche. Attraverso uno scambio dati con database non Anno
2000 compliant, infatti, si può provocare "un’infezione" della propria
rete. é necessario, dunque, non solo adeguarsi al problema del cambio di
data, ma anche monitorare continuamente la situazione e controllare i
propri partner, dotandosi, magari, di una sorta di "firewall" che blocchi
dati non Y2K compliant in ingresso.
Le aziende pubbliche, peraltro, sono al lavoro da tempo e, anche se non
hanno raggiunto ancora la piena compatibilità, sono fiduciose di rispettar
e
i tempi dei piani di adeguamento previsti. Lo scenario, però, non è affa
tto
confortante per il sistema economico italiano, in quanto l’allarme non è
giunto dall’alto, ma dal basso: dai tecnici e soprattutto dai tecnici
informatici. Si è registrato, pertanto, soprattutto nelle grandi e medio
grandi imprese, mentre tutto il mondo delle Pmi è ancora in uno stato di
arretratezza spaventoso, considerando anche che il Governo si è mosso
estremamente in ritardo. Il senatore di Forza Italia Nicolò Sella di
Monteluce, del comitato Anno 2000 (costituito lo scorso dicembre), ha
denunciato una situazione insostenibile. A otto mesi dal 1=B0 gennaio 2000
ancora non è stata approvata la legge che stanzia la misera somma di 5
miliardi di lire per i lavori del comitato. Soldi che dovrebbero servire
non solo per l’operatività dello stesso, ma anche per tutta l’attività d
i
informazione presso gli enti locali e le associazioni di commercianti e
piccoli industriali.

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