Le raccomandazioni di Gartner

Il software opensource non distruggerà i giganti dell’It, ma rivoluzionerà il mercato software, spostandone il giro d’affari dalle licenze d’uso ai servizi. A sostenere questa tesi è Nikos Drakos, research director High Performance Workplace di Gartner …

Il software opensource non distruggerà i giganti dell’It, ma rivoluzionerà il mercato software, spostandone il giro d’affari dalle licenze d’uso ai servizi. A sostenere questa tesi è Nikos Drakos, research director High Performance Workplace di Gartner, che in una recente intervista rilasciata a Linea Edp ha anche sottolineato i diversi gradi di maturità raggiunti dall’opensource software. «In ambito infrastrutturale – ha dichiarato l’analista – i sistemi operativi, gli strumenti di sviluppo, le applicazioni di sicurezza e alcuni servizi specifici hanno ormai raggiunto una estrema solidità, testimoniata dalla loro stessa diffusione. Diverso il discorso per l’offerta di database e middleware, ancora in fase di maturazione e, quindi, poco utilizzati all’interno di ambienti mission critical. In fase decisamente embrionica è, invece, tutta la parte relativa alle applicazioni di business come la collaboration, il content management, i portali, il Crm, il process management o i servizi d’integrazione».


A chi sta pensando di implementare software opensource in azienda, Drakos sente di dover rivolgere alcune raccomandazioni particolari. «Visti gli aspetti economici e giuridici collegati – ha chiarito il direttore -, i sistemi informativi non possono scegliere da soli l’opzione opensource. Per quanto riguarda l’approvvigionamento, per esempio, l’implementazione di software open non segue i canali tradizionali e prevede nuove procedure anche in termini di supporto. In questo senso, occorre uno studio che analizzi i rischi e il modo in cui l’It è in grado di contrastarli. Un capitolo a parte merita l’analisi dell’impatto economico. Se è vero, infatti, che l’assenza di costi di licenza spinge le aziende all’uso dell’Oss, va anche calcolato con precisione il prezzo da pagare per lo sviluppo e la gestione delle nuove soluzioni. In questo senso sono sicuramente avvantaggiate le realtà che migrano da ambienti operativi simili o che contano di applicare il principio di prossimità e replicabilità alle soluzioni realizzate. Fondamentale è, poi, la presenza di centri di competenza interni all’azienda. Se non si sviluppano skill di questo tipo, la probabilità di essere scontenti della soluzione implementata e tornare ai vecchi strumenti di lavoro è, infatti, decisamente più elevata. Vanno, infine, sottolineate le implicazioni giuridiche collegate all’utilizzo del software opensource. Nel caso dei prodotti proprietari, l’azienda acquista la licenza d’uso, non la proprietà intellettuale, che continua ad appartenere al vendor. Allo stesso modo, nel caso delle licenze opensource, la proprietà intellettuale si conferma del proprietario originale, mentre il codice viene distribuito senza limitazione. Modelli di licenza, come Gpl, chiedono di ridistribuire gratuitamente le modifiche e i lavori derivati sotto l’ombrello della Gpl, altri come la Bsd, permettono di mantenere privati gli sviluppi o addirittura di usarli come base per prodotti proprietari. Quando un’azienda sceglie di usare il software open, deve, quindi analizzare le differenze delle diverse licenze d’uso, comprendendone i risvolti legali. Tutte queste licenze, infine, non offrono forme di garanzia e, nel caso in cui l’azienda utente causi danni a sé o a una terza parte, non ha diritto ad alcun tipo di indennizzo. Ancora una volta, dunque, è fondamentale il parere di un ufficio legale, che può procedere a un confronto con le garanzie garantite dai vendor tradizionali, anche se sottoposte a numerose condizioni».

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