Le nuove porte del PC

HDMI, ExpressCard e connettori eSata. Vediamo le caratteristiche e le novità dei nuovi tipi di collegamenti.

marzo 2007 Con l’evoluzione tecnica che interessa a tutti i
livelli le componenti interne dei nostri PC e portatili, dalla CPU alla RAM,
dal masterizzatore all’hard disk, dal display alla scheda grafica, non
ci si deve stupire quando si fa strada qualche novità anche sul pannello
posteriore o fra i connettori della macchina. Ormai tecnicamente superate, e
generalmente assenti soprattutto nei laptop non professionali, le porte seriali
e parallele sono prossime al pensionamento, sostituite dall’universale
USB (con il suo percorso evolutivo, dalla 1.1 da 12 Mbps alla 2.0 da 48 Mbps).

Anche la porta a infrarossi è sempre più rara, sostituita dal
Bluetooth per l’interconnessione universale a breve raggio. Nelle porte
video, la VGA è sempre più spesso affiancata da un connettore
DVI, che nella variante DVI-I può di fatto sostituirla incorporandone
i segnali (analogici) accanto a quelli digitali. Sui portatili il bus d’espansione
più diffuso è una PCMCIA.

Questa situazione ormai tradizionale e ben assestata è oggetto ultimamente
di qualche fenomeno di evoluzione. In particolare, per le connessioni video
esclusivamente digitali si sta facendo strada l’HDMI; il bus di espansione
per i portatili sta migrando verso il nuovo formato ExpressCard; sui sistemi
desktop spuntano speciali porte per il collegamento di dischi SATA esterni.
Vediamo le caratteristiche e le novità di ognuno di questi nuovi tipi
di connessione.

Il connettore HDMI
A differenza del consueto connettore VGA e al pari del connettore DVI-D, l’HDMI
è un connettore destinato al trasporto di segnali video completamente
digitali. A differenza del DVI-D, inoltre, HDMI può trasportare sullo
stesso connettore anche l’audio digitale multicanale (fino a 8 canali
a 192 KHz e campionamento a 24 bit), ed è quindi una soluzione completa
per le esigenze di connessione del video digitale ad alta definizione.

Il campo applicativo principale è infatti in ambito home video ed entertainment
(la nuova PlayStation 3 ne sarà dotata), tuttavia questa connessione
inizia ad essere presente, molto opportunamente, anche su monitor multi-ingresso
e su alcune schede grafiche di fascia alta. Il vantaggio della sua adozione
sta nella versatilità (nessun bisogno di adattatori per collegare le
nuove fonti video HD) e nella compattezza, che consente di occupare meno spazio
sul pannello posteriore oppure di installare più connettori nello stesso
spazio (il connettore HDMI è più piccolo del DVI).

Sono previsti due tipi principali di connettore HDMI: il tipo A, l’unico
attualmente diffuso, è dotato di 19 pin e, nell’ultima revisione
dello standard (1.3), supporta una banda fino a 340 MHz, sufficienti per trasferire
10.2 Gbit/s. È stato definito poi un connettore denominato tipo B, con
29 pin e la capacità di supportare una banda doppia.

Lo scopo di questo connettore è quello di consentire in futuro di gestire
risoluzioni estremamente elevate, fino a ben 3.200×2.048 pixel. Non è
da escludere, però, che evoluzioni del connettore tipo A consentano,
col tempo, di raggiungere le stesse prestazioni senza la necessità di
introdurre sul mercato un secondo tipo di connettore. Senza contare che i monitor
per computer a risoluzione più elevata oggi in vendita sul mercato (escluso
il mercato specifico della computer graphics professionale) arrivano a “soli”
2.560×1.600 (WQXGA) su alcuni modelli da 30”, e i monitor da 24”
supportano risoluzioni di 1.920×1.200 pixel, ampiamente alla portata dell’HDMI
type A.

Da segnalare inoltre la recentissima presentazione del connettore HDMI mini,
che con filosofia simile al mini USB è simile a un type A in scala ridotta:
è adatto per la connessione di camcorder e fotocamere digitali, sui quali
lo spazio per ospitare i connettori è ovviamente sempre molto scarso.

HDMI ha attraversato diverse revisioni dello standard. La prima versione,
1.0, è uscita nel 2002 e supportava al massimo 4.9 Gbps (con una banda
di 165 MHz), rendendo possibile il trasferimento del video digitale 1080p (1920×1080
non interlacciato) a 60 Hz di frequenza di quadro, oltre a 8 canali audio a
192KHz e 24 bit. Le versioni 1.1 e 1.2 hanno apportato varianti per il supporto
della protezione dei contenuti, per l’impiego in ambito PC (basso voltaggio
e modello dei colori RGB anziché YCbCr) e per l’audio con campionamento
a 1 bit compatibile con il formato dei SACD. Le revisioni 1.3 e 1.3a, del 2006,
hanno fra l’altro aumentato la banda (e quindi la massima risoluzione
raggiungibile) ed aumentato la profondità di colore massima (da 24 a
48 bit); è stato poi definito, come già accennato, il connettore
mini. La PlayStation 3 sarà fra i primi apparecchi ad adottare la revisione
1.3 dello standard.

È importante sottolineare che, dal punto di vista video, l’HDMI
type A trasporta segnali elettricamente identici a quelli del DVI-D: tutto quello
che serve per far interoperare i due standard è, quindi, un semplice
adattatore “meccanico” con collegamenti puramente elettrici fra
i pin, oppure un cavo con i connettori opportuni.

A differenza del DVI, che fino a tempi recenti non era abbinato a tecniche
crittografiche di protezione del segnale, nell’HDMI il flusso di dati
digitale è sempre trattato con speciali algoritmi che consentono di verificare
che l’intero percorso video sia digitale e originale, dal supporto dei
contenuti fino al display. Questa tecnologia è denominata HDCP (High-bandwidth
Digital Content Protection), concessa in uso su licenza da una sussidiaria di
Intel, e ha lo scopo di impedire la copia non autorizzata del video digitale
ad alta definizione e di limitare la risoluzione del video digitale a livelli
non superiori a quelli del normale DVD se il display non supporta HDCP.

Anche l’audio trasportato dall’HDMI subisce restrizioni se il terminale
non è HDCP compliant.
In alcuni modelli recenti di monitor anche le porte DVI supportano l’HDCP
e sono quindi del tutto equivalenti a quelle HDMI, fatta eccezione per l’audio
che può essere però riprodotto in modo più appropriato
collegandolo, anche in analogico, a un amplificatore audio/video separato con
un proprio sistema di diffusori.

Il nuovo bus ExpressCard per portatili
Il vecchio slot PCMCIA (detto anche CardBus) usato come unica porta d’espansione
per i portatili era basato su un bus interno PCI bus mastering a 33 MHz, che
ne limitava piuttosto severamente la banda disponibile (133 Mbyte/s). Era quindi
possibile implementare delle schede PCMCIA con funzionalità modem, Ethernet,
acquisizione video e Wi-Fi, ma il vecchio bus non avrebbe permesso di realizzare,
per esempio, degli acceleratori grafici 3D.

Con il nuovo standard ExpressCard sono rese disponibili due distinte modalità
di attestazione della scheda sul bus: il connettore espone sia una porta USB
2.0 (480 Mbps), sia un bus PCI-Express (fino a 2.5 Gbyte/s in questa implementazione).
Il bus PCI Express è strutturato su un certo numero di linee, ognuna
delle quali ha da sola una banda di 250 Mbyte/s, quasi il doppio della banda
di un intero bus PCI. Con un bus PCI-E a 8 linee si raggiunge o supera la banda
delle varianti più veloci di PCI-X e AGP, aprendo di fatto una nuova
classe di applicazioni ad alte prestazioni per il nuovo slot ExpressCard.

Due sono i formati previsti per le schede ExpressCard. In entrambi i casi
la scheda è lunga 75 mm e il connettore ha sempre 26 pin, ma mentre le
schede in formato ExpressCard/34 hanno forma rettangolare e una larghezza di
34 mm, quelle ExpressCard/54 hanno una forma a L con una larghezza massima di
54 mm, pari a quella di una scheda PCMCIA. Se lo slot supporta soltanto il formato
ExpressCard/34, si consegue una preziosa riduzione di ingombri sulla motherboard
del portatile. Inoltre, il connettore a 26 contatti è più piccolo
e più economico da fabbricare del classico tipo a 68 pin impiegato da
PCMCIA, il che permetterà una semplificazione costruttiva e, in ultima
analisi, una riduzione dei prezzi finali.

Da notare anche che i segnali scambiati all’interfaccia ExpressCard,
essendo normali segnali USB 2.0 o PCI Express, sono generabili direttamente
dal south bridge della motherboard, senza bisogno di uno specifico controller
“mediatore” come era richiesto dallo standard CardBus. La semplificazione
circuitale che ne consegue migliora le prestazioni, riduce i consumi elettrici
e gli ingombri e, ancora una volta, abbatte i costi. Molto importante il supporto,
da parte di ExpressCard, di tensioni di lavoro più basse di quelle PCMCIA.
Ora è possibile realizzare schede di espansione operanti a 1.5V, il che
permette di abbassare i consumi elettrici e prolungare la durata della batteria.

Un inconveniente del nuovo standard è la sua non compatibilità
con le vecchie schede CardBus: chi acquista un portatile oggi deve quindi essere
preparato a rimpiazzare le espansioni già in suo possesso con versioni
ExpressCard. Va osservato che nei laptop le schede che più comunemente
trovavano posto nello slot erano soprattutto schede Wi-Fi e schede Firewire/USB
2.0 (per i portatili più vecchi); poiché sui laptop più
recenti tali funzionalità sono quasi sempre integrate, la prospettiva
più probabile è, fortunatamente, quella di dover dismettere le
relative schede di espansione PCMCIA senza bisogno di riacquistarle nel nuovo
standard.

Lo sviluppo dello standard ExpressCard è supportato, oltre che da Microsoft,
da numerosi produttori di chip (Intel, Texas Instruments, Qualcomm) e produttori
di PC (Dell, HP, Lenovo e altri). Fra i primi ad adottare uno slot ExpressCard
sui propri prodotti figurano HP (già a fine 2004), Lenovo, Dell e Apple.

L’aspetto forse più rilevante del nuovo standard è, però,
il fatto che esso non sia pensato solo per un impiego su PC portatili per realizzare
periferiche a prestazioni medio-basse, come accadeva per PCMCIA. Grazie all’interconnessione
PCI-Express e USB 2.0 queste schede possono essere usate anche su sistemi desktop,
soddisfando le esigenze di alte prestazioni tipiche di questi sistemi. Sui futuri
desktop, un pannello frontale simile ai comuni lettori di flash card potrà
comprendere un certo numero di slot ExpressCard con cui si potranno aggiungere
al PC nuove funzionalità senza nemmeno aprire il case (come è
invece necessario quando si devono installare tradizionali schede PCI, PCI-X,
PCI-E o AGP sulla motherboard).

Questo significa, innanzitutto, che le operazioni di espansione dei sistemi
desktop diventeranno molto più semplici, effettuabili (anche a PC acceso)
con grande semplicità dal pannello frontale anche da parte degli utenti
meno smaliziati. Non meno importante, il mercato dei dispositivi ExpressCard,
grazie alla loro applicabilità universale, sarà potenzialmente
molto maggiore del mercato delle schede PCMCIA, che erano utilizzabili solo
sui portatili. Di conseguenza, reperibilità, concorrenza, evoluzione
tecnologica e prezzi del nuovo tipo di schede non potranno che migliorare, a
tutto vantaggio dell’utente finale.

Connettori per dischi esterni veloci: lo standard eSATA
All’interno dello chassis, la transizione dal classico Parallel ATA con
connessione su flat cable a 40 o 80 conduttori (conosciuto anche come IDE, UDMA
o semplicemente ATA) al nuovo standard seriale Serial ATA, o SATA, è
in pieno svolgimento. I vantaggi del nuovo tipo di interfaccia consistono in
prestazioni potenzialmente molto maggiori (fino a 6 Gbps), un cablaggio meno
ingombrante (solo 8 conduttori) e quindi meno interferente con i flussi di ventilazione
interni al case, possibilità di avere cavi di lunghezza maggiore (anche
un metro).

Anche i connettori sono differenti, con quello di alimentazione che curiosamente
vede crescere il numero dei pin a ben 15, per il trasporto di tre tensioni diverse:
3.3V, 5V e 12V (il drive è però libero di usare solo quelle che
occorrono). A differenza di PATA, SATA supporta l’hot plug dei dischi;
non esistono, inoltre, i concetti master/slave tipici del vecchio ATA, visto
che ogni cavo collega un singolo drive. Nei recenti dischi SATA è implementata
la modalità di funzionamento NCQ (Native Command Queuing) con cui la
coda di comandi viene servita dalla meccanica in un ordine ottimizzato, se possibile,
per limitare al massimo gli spostamenti della testina e, quindi, i periodi di
inattività in attesa che questa si riposizioni.

Tutte queste migliorie possono ora essere rese disponibili anche per i dischi
esterni. Attualmente, questi vengono connessi al PC per lo più mediante
porte USB e Firewire: nel box esterno si trova un chip che esegue la conversione
di protocollo da ATA a USB/Firewire e viceversa. La sua presenza riduce le prestazioni
ottenibili rispetto al massimo transfer rate teorico dell’interfaccia;
inoltre alcune funzionalità, come l’utile sistema SMART per l’autodiagnosi
dei dischi, non possono funzionare.

Il connettore eSATA consente di avere dischi esterni ad alte prestazioni (anche
2.4 Gbit/s di velocità di canale contro i 480Mbps di USB 2.0 e i 400/800Mbps
di FireWire) con hot plugging come con USB e Firewire. Il cavo può arrivare
a 2 metri di lunghezza grazie ad apposite revisioni dei parametri elettrici
di funzionamento dello standard SATA. I connettori eSATA possono essere direttamente
supportati dalla motherboard, oppure essere installati con un apposito adattatore.
Esistono anche adattatori SATA-eSATA, più semplici e non in grado di
adeguare i livelli elettrici; con essi la lunghezza massima del cavo non può
superare un metro, come nel caso SATA interno.

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