Le multinazionali tascabili trainano il gruppo

Medie imprese in ripresa, ma le piccole arrancano. E nelle aziende si affacciano i dipendenti tecnologici

Non era declino, ma transizione. Dura, pesante, ma solo una fase di passaggio
dovuta al fatto che “le nostre imprese non erano
assolutamente preparate all’euro”
e dalla sottovalutazione della
concorrenza del Far East. Stefano Micelli, dean di Venice International
University e professore associato di economia e gestione delle imprese presso
l’Università Ca’ Foscari di Venezia, alla luce degli ultimi dati dell’economia
italiana liquida così le paure dei mesi scorsi.




Se il peggio è passato il futuro rimane però difficile soprattutto per quelle piccole imprese che non hanno ancora dato i segnali arrivati invece dalle medie. I numeri della ripresa attuale, sostiene Micelli che ha partecipato a Milano a un incontro organizzato in Assolombarda dal Club TI (Tecnologie dell’informazione) dove ha presentato i dati dell’indagine “Il mercato italiano delle Pmi: i distretti industriali del futuro”, segnano la fine del processo di assestamento e il
rilancio della competitività del modello italiano.


Ma la ripresa non riguarda tutti. Sono le “multinazionali tascabili” , come le
definisce Mediobanca a guidare la corsa. Le medie imprese sono infatti le vere
protagoniste, mentre le piccole arrancano. Forte impulso
all’internazionalizzazione, maggiore qualità manageriale e vantaggio competitivo
fondato su nuove funzioni terziarie (R&D, design e comunicazione, Ict) sono
gli elementi decisivi che hanno permesso la ripresa delle medie aziende.


“Il modello che ha funzionato negli anni Novanta (Pmi e distretti, ndr) è cambiato – osserva Micelli –
E’ in atto una mutazione genetica
. Oggi le medie imprese
sono l’interfaccia tra territorio e mercato. Hanno internazionalizzato le
attività (leggi delocalizzazione), fanno ricerca e sviluppo e investono nell’Ict
senza però rinunciare alla loro presenza sul territorio. Però dopo le
delocalizzazioni in Cina o Romania l’altro pericolo è tutto interno e arriva da
Milano e Roma. Le due metropoli con la forza delle competenze in materie nuove
come comunicazione e design rischiano infatti di attrarre con una forza
irresistibile i quartieri generali di queste società. Un pericolo ben presente
per alcuni imprenditori che stanno cercando di attirare competenze anche al di
fuori del circuito delle metropoli.



Nel frattempo non bisogna perdere il treno
dell’Ict
visto che, la correlazione fra posizione competitiva e
dotazione tecnologica è molto chiara, come ricorda Miceli che in questo caso fa
riferimento a una precedente indagine realizzata con Banca Intesa (“Le imprese vincenti investono in Ict”). Anche per
questo cresce d’importanza la figura del responsabile dei sistemi informativi,
il primo promotore dell’Ict nella media impresa, anche se spesso il budget a sua
disposizione non ha subito sostanziali cambiamenti fra il 2004 e il 2005.



I responsabili It però non hanno più di fronte una massa di
dipendenti completamente a digiuno di pc e Internet. Nelle aziende si fa
largo una nuova leva di persone
sempre meno disponibili a delegare
l’introduzione e l’acculturazione in merito all’Ict ai Sistemi informativi, che
richiede una maggiore autonomia. Gli utenti infatti sono consapevoli delle
proprie esigenze e delle possibili soluzioni tecnologiche disponibili in
particolare per le applicazioni consumer. “Per questo bisogna
cavalcare l’entusiasmo degli utenti leader e non
ostacolarli”
è il suggerimento del docente veneziano.

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