L’e-mail batte ancora il social networking

Social per i ventenni, email per i quarantenni, carta per i sessantenni? Alcune indagini ne dubitano. E voi controllatele con un tool online.

Molti commentatori, anche illustri, segmentano la popolazione secondo il loro approccio “tecnografico”: per avere un’idea molto precisa e giocare con i dati internazionali c’è il consumer profile tool di Forrester.
Ovviamente la tecnologia si spinge sempre oltre, e al momento propone l’avvento dei servizi basati sulla locazione, come Foursquare che anche in Italia ha visto la sua prima “convention dei sindaci”.
Fa quasi tristezza pensare a quando, trent’anni fa, una e-mail rimbalzava qualche giorno fra server potenti meno di un TomTom e con connessioni lente e accese poche ore al giorno, prima di decidere se perdersi nel cyberspazio o accettare di essere effettivamente recapitata. Eppure qualche riflessione, dati alla mano, la si può fare anche oggi.
La posta elettronica è diventata un successone alla metà degli anni ’90, allorquando le autostrade dell’informazione fecero di Internet un veicolo commerciale. Questo sistema di comunicazione, basato sul protocollo Tcp/Ip, non era nato per un uso di questo tipo né per un così elevato numero di utenti, il che ha creato un sistema deforme per tanti aspetti, tra i quali governance, privacy e più in generale security.

Mail, spam e grafomane
La posta elettronica è stato il primo grande successo del mondo connesso, modificando le attitudini di tutti lungo un decennio nel quale falliva il Web 1.0 (e con lui quasi tutte le dotcom) e s’irrobustiva l’intuizione del motore di ricerca, che molto deve anche all’Italia.
L’intrinseca insicurezza del sistema ha però portato alla crescita abnorme anche di spam, termine generico con il quale s’individuano tutti i messaggi indesiderati che per vario motivo vengono recapitati a ciascuna casella di e-mail. Oggi lo spam è tra il 90 e il 99% di tutti i messaggi inviati e solo grossi filtri evitano che le caselle siano intasate da proposte, virus ed altre nequizie. La comunicazione per posta elettronica ha una caratteristica irrinunciabile: si basa sul tempo differito e implicitamente genera una coda di lavoro che possiamo evadere con tempi e ritmi a noi più gradevoli.

Social, atomico e diretto
Negli ultimi anni il Web 2.0 e soprattutto il social networking hanno portano in auge una nuova forma di comunicazione, quella del sempre tutti connessi. La gran parte delle comunicazioni avviene in forma pubblica, ma secondo una nuova definizione di privato: molte informazioni oggi pubbliche una volta erano strettamente riservate, e così anche per gran parte di contenuti nuovi e vecchi (foto, video, report, commenti) oggi messi subito on-line e quindi condivisi con i propri amici, conoscenti e collaboratori, in una forma di deportalizzazione personale, nella quale sostanzialmente non c’è firewall.
Il paradigma sociale, inoltre, atomizza le comunicazioni, richiedendo che ogni messaggio vada sinteticamente e chiaramente al punto, anziché rischiare quei verbosi giri di parole che siamo abituati a leggere nel testo dell’email. Insomma apparentemente la posta elettronica non serve più a molto e il modello di comunicazione e quini giocoforza commerciale è quello sociale. Ebbene, forse non è così.

Mail batte social
Un’indagine fresca di luglio, fatta nientemeno che negli avanzatissimi Stati Uniti, mostrerebbe che sia ancora la posta elettronica il veicolo principale del mondo commerciale. A rispondere sono stati circa 1400 individui scelti per essere rappresentativi. In sé il numero sarebbe basso, se si trattasse di individui qualunque.
Il report di Econsultancy indica che fan e amici di brand e prodotti sono una piccola cifra rispetto al robusto 37% di fedeli alla posta elettronica. E’ vero che per ricevere promozioni dirette, secondo Econsultancy i siti sociali hanno preso la posta cartacea (social + Twitter fanno 4%), ma la chat è al 17% il marketing telefonico al 33 e la vituperata e-mail al 42%. Chris Crum di WebProNews confronta questo studio con un altro, rimarcando che al momento Facebook e Twitter hanno un ruolo importante di conferma delle prime impressioni.
Insomma ci saranno anche generazioni sovrapposte, ma i pattern di adozione delle tecnologie non sembrano seguirle.
Io conosco molti giovanissimi tecno-deficienti e parecchi quarantenni tecno-intelligenti. Sospetto che anche voi abbiate notato questa curiosa circostanza.

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