Le finte barriere della fattura elettronica

Secondo il Politecnico di Milano moltre delle barriere per l’adozione della dematerializzazione degli ordini non sono significative

La utilizzano in pochi eppure i benefici, stando a quanto dice la School of
management del Politecnico di Milano, sono parecchi.
La
fattura elettronica rimane così confinata al 5% del valore scambiato tra le
aziende. Un po’ poco visto che l’osservatorio dell’ateneo milanese
sull’argomento stima che la fattura, intesa come integrazione del ciclo
ordine-consegna-fatturazione e pagamento, permette una riduzione del
ciclo dell’ordine per la coppia produttore-distributore pari a 25 euro

per ordine o fattura nel farmaceutico, 45 euro nel mercato del materiale
elettrico e fino a 60 euro nel largo consumo. Accanto a questi benefici di
efficienza bisogna poi aggiungere i benefici di miglioramento dell’efficacia del
processo (tempestività, accuratezza) più difficili da stimare.



Risparmi che, secondo gli esperti
dell’università milanese, non sono conosciuti anche da molte
aziende che oggi hanno già adottato la fattura. Oltre naturalmente dalla massa
dei potenziali fino ad arrivare agli attori del mondo dell’offerta. Altre
barriere sono costituite dalla legislazione e dall’esistenza di molteplici
standard. Fattori che, stima il Politecnico, sono enfatizzati ma alla fine non
costituiscono un vero impedimento all’adozione della fattura elettronica.




“Il quadro normativo (decreto legislativo del 20 febbraio 2004 n. 52 e decreto del ministero dell’Economia del 23 gennaio 2004) con le circolari interpretative che chiariscono le novità introdotte risulta ragionevolmente completo e chiaro”.



E in quanto agli standard
il Politecnico spiega che anche questo deve essere considerato un fattore di ricchezza “essendo molti di questi standard legati a specificità di contesto (settore, paese, porzione di processo); la nativa diversità non costituisce un problema particolarmente significativo per lo sviluppo di progetti di integrazione e dematerializzazione del ciclo dell’ordine, essendo agevole ricondurre la diversità a fattor comune”.



Pochi problemi esistono anche per quanto riguarda la filiera dell’offerta “strutturata e culturalmente preparata”.

I problemi comunque esistono e
riguardano in particolare la complessità organizzativa che è
una combinazione di complessità interna
legata alle difficoltà di affrontare per preparare l’azienda a integrarsi e collaborare con i partner di filiera in termini sia di adeguamento dei sistemi informativi aziendali che di gestione del cambiamento organizzativo (persone e processi).
La complessità esterna, invece, è legata
da un lato alle difficoltà che i partner di filiera devono affrontare per
esporsi alla integrazione/collaborazione in termini di organizzazione e sistemi
informativi, e dall’altro alla presenza o meno di un quadro normativo chiaro e
di standard di comunicazione o di processo all’interno della filiera.

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