Le Fiamme Gialle mettono Google sotto i riflettori

le indagini avrebbero evidenziato redditi non dichiarati al fisco italiano per un totale di circa 240 milioni di euro. Per ciò che riguarda l’IVA, le fiamme gialle avrebbero rilevato il mancato versamento di un importo pari a 96 milioni di euro.

La filiale italiana di Google è oggetto di una serie di controlli fiscali da parte della Guardia di Finanza. Le verifiche avviate nei confronti della “Google tricolore” riguardano il “riscontro del corretto adempimento degli obblighi fiscali in Italia“,
come confermato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in seguito
ad un’interrogazione parlamentare. Stando a quanto affermato dal Tesoro,
le indagini avrebbero evidenziato redditi non dichiarati al fisco
italiano per un totale di circa 240 milioni di euro. Per ciò che
riguarda l’IVA, le fiamme gialle avrebbero rilevato il mancato
versamento di un importo pari a 96 milioni di euro.

L’accusa nei
confronti di Google è la stessa che è stata sollevata in altri Paesi
europei, anche nei confronti di altre società (Facebook, Apple ed
Amazon, ad esempio). Di recente una commissione ministeriale inglese ha
bussato alle porte di Google e di Amazon invitando i rappresentanti
delle due aziende a fare chiarezza sul volume di affari e sugli introiti
percepiti sulla base delle attività espletate nel Regno Unito.
Sempre Oltremanica il dito è stato puntato anche contro Facebook,
accusato di aver fatto confluire nelle casse del fisco inglese solamente
“briciole”. Negli Stati Uniti, fu invece criticato il comportamento di Apple.

In
tutti i casi, c’è un minimo comune denominatore: le aziende
approfittano della tassazione agevolata offerta alle imprese da alcuni
Paesi e vi stabiliscono il “quartier generale”. Le varie filiali vengono
configurate come “entità satellite” mentre tutti gli aspetti fiscali
sono gestiti dalla casa madre. La pratica, non essendo assolutamente
illegale, accomuna molte delle più grandi società.

Il Ministero,
però, ritiene che le attività espletate sul territorio italiano generino
introiti che debbano essere inevitalmente sottoposti alle normative
fiscali del nostro Paese. Nel caso di Google, la filiale italiana
avrebbe dichiarato al fisco solo le provvigioni percepite a fronte delle
prestazioni rese alla Google Inc. statunitense ed alla sede europea
stabilita in Irlanda astendendosi di menzionare l’intero volume
commerciale prodotto in Italia.

Google, da parte sua, ha ribadito
di rispettare le norme  vigenti in tutti i Paesi: “Google rispetta le leggi fiscali in tutti i Paesi in cui opera e siamo fiduciosi di rispettare anche la legge italiana“, questa la dichiarazione ufficiale.
Continueremo a collaborare con le autorita’ locali per rispondere alle loro domande relative a Google Italy e ai nostri servizi“, si aggiunge.
Peccato che quel “fiduciosi“, evidente trasposizione dell’inglese “confident“, lasci aperto uno spazio di dubbio che un “sure” (“sicuri”) avrebbe invece colmato.

 

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