Uno dei protagonisti delle vicende della ha deciso di lasciare per motivi personali. Intanto il gruppo chiede l’ammissione all’amministrazione controllata
3 marzo 2004 Bruno Kraft lascia Tecnodiffusione. Il consiglio di
amministrazione della società toscana ha preso atto delle dimissioni “per
motivi personali” del manager. Il cda, che ha confermato la decisione di
chiedere l’ammissione alla procedura di amministrazione
controllata, ha anche approvato approvato il progetto di bilancio di
esercizio e di bilancio consolidato relativo al 2003 che conferma i
risultati negativi della società. I ricavi netti consolidati
sono risultati pari a poco più di 186 milioni di euro (282 milioni nel 2002), il
risultato netto è negativo per 73,8 milioni (-50,7 nel 2002). “A tale
risultato netto – precisa la società – ha contribuito solo in misura
ridotta il risultato della gestione operativa (Ebitda) che è negativo per 12,8
milioni (- 8,2 milioni nel 2002)”.
La posizione finanziaria netta consolidata al 31
dicembre 2003 è negativa per 124,1 milioni di euro. L’andamento gestionale
negativo, soprattutto nel secondo semestre
quando invece il mercato dava segni di risveglio,
e importanti svalutazioni e rettifiche di valori spiegano il risultato che si è articolato in due semestri dall’andamento gestionale sostanzialmente differente.
“Nel primo semestre
2003, in presenza di una struttura fortemente indebitata e sovrabbondante in
termini di organici derivante dalla campagna di acquisizioni del periodo
2000-2002, che non ha generato i risultati attesi, il management di
Tecnodiffusione Italia ha compiuto un’incisiva ristrutturazione dal lato dei costi, semplificando le strutture societarie, riducendo del 30% il costo del lavoro e del 50% i costi operativi. Nello stesso periodo il Gruppo ha realizzato ricavi in linea con l’anno precedente e l’Ebitda è risultato sostanzialmente migliorato, in linea con gli obiettivi di budget”.
“Nel secondo semestre – prosegue la nota – il Gruppo ha dovuto
contrarre, essenzialmente per motivi finanziari, la propria attività
commerciale. La mancanza di fidi da parte dei fornitori e di
garanzie da parte delle banche hanno costretto la società a ridurre i volumi di
acquisti, limitando fortemente l’operatività, con riflessi negativi su fatturato
e margini. I ricavi netti consolidati relativi al secondo
semestre 2003 sono risultati pari a solo il 40% dei 150 milioni di euro
registrati nel corrispondente periodo dell’esercizio precedente e quelli
relativi al IV trimestre 2003 solo il 28% dei 111 milioni registrati nel IV
trimestre 2002”.
Per quanto riguarda la gestione finanziaria la società aveva
raggiunto un accordo con le banche che prevedeva il riscadenziamento a medio
termine di 80 milioni di euro di debito a breve e la conferma delle linee di
credito al servizio delle operazioni commerciali per ulteriori 30 milioni. Però
dopo aver onorato nel luglio scorso la prima rata prevista dall’intesa
Tecnodiffusione non è stata in grado di generare nel secondo
semestre il cash flow necessario per il pagamento delle rate successive. Ciò ha
costretto a riaprire il dialogo con le Banche Creditrici – tuttora in corso –
finalizzato a creare le condizioni per il rilancio del Gruppo. Con la consulenza
dell’advisor Franco Tatò & Partners, inoltre, è stato realizzato uno studio
che mostra come il ritorno alla redditività sia un obiettivo
alla portata della società toscana.
Perché ciò succeda sono necessarie però alcune condizioni
che dal punto di vista industriale prevedono la riorganizzazione del Gruppo e la
sua semplificazione con la concentrazione sul core business della distribuzione
da realizzarsi con una significativa ristrutturazione sia della rete di vendita
sia del mix dei prodotti offerti e con un ulteriore intervento sulla struttura
dei costi e del personale del Gruppo. La prospettiva auspicata dal consiglio di
amministrazione contempla l’azzeramento del capitale per
perdite, la sottoscrizione da parte delle banche creditrici di un aumento di
capitale con sovrapprezzo in misura almeno pari alle perdite residue da coprire
e un successivo ulteriore aumento di capitale da offrire in opzione diretta agli
attuali azionisti. Nella sostanza, il ritorno della società ad una consistenza
capitalistica che impedisca il suo scioglimento ai sensi dell’art. 2447 c.c. è
subordinata all’accettazione, da parte delle banche, della
prospettiva di convertire i propri crediti in capitale, mentre ai vecchi
azionisti è offerta la possibilità di mantenere la qualità di socio mediante la
messa a disposizione del diritto di opzione, che presumibilmente sarà esercitato
soltanto per la seconda tranche, dopo il ripianamento delle perdite.