Le convenzioni fiscali internazionali non si applicano al commercio elettronico

Ci sono voluti due anni di discussione, ma ora l’Ocse (l’Organizzazione mondiale per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha concluso che il commercio elettronico fa eccezione nell’ambito delle convenzioni fiscali internazionali. Il modelli di base …

Ci sono voluti due anni di discussione, ma ora l’Ocse
(l’Organizzazione mondiale per la cooperazione e lo sviluppo
economico) ha concluso che il commercio elettronico fa eccezione
nell’ambito delle convenzioni fiscali internazionali. Il modelli di
base, che serve per regolare i negoziati bilaterali fra paesi membri,
dice che un governo locale non può imporre tasse su un’impresa
straniera, a meno che essa non tragga benefici commerciali diretti
dovuti a una "presenza stabile" sul territorio, ovvero con un ufficio
o una rappresentanza fisica.
Il testo appena pubblicato sul commercio elettronico stabilisce che
un sito Web da solo non basta per determinare una presenza fisica in
un certo paese, a parte alcuni casi estremamente teorici. Alla luce
di questa conclusione, dunque, un sito Web non può essere
assoggettato alla tassazione locale sugli utili, a meno che l’impresa
non possieda una presenza fisica sul territorio. Allo stesso modo
sarà considerata un’azienda che abbia il proprio sito ospitato su un
server fisicamente collocato all’estero, poiché, in molti casi, essa
nemmeno sa dove stia effettivamente la macchina sulla quale girano le
proprie attività Internet. Solo nel caso in cui il server servisse a
svolgere funzioni centrali per l’impresa, come l’accettazione e
gestione degli ordini o il trasferimento dei dati, potrebbe rientrare
nella casistica delle "presenze stabili" che farebbero scattare
l’imposizione fiscale locale. Ma si tratta di un’ipotesi decisamente
remota.
Va chiarito che la deliberazione dell’Ocse concerne unicamente la
tassazione delle imprese, mentre non interviene sulla questione,
decisamente più spinosa, del conteggio dell’Iva, differente da paese
a paese, sugli acquisti elettronici. Per ora appare chiaro che le
norme tendono a favorire le nazioni più forti, interessare a
mantenere lo statu quo, mentre i paesi in via di sviluppo vorrebbero
trarre maggiori benefici immediati dalla crescita della new economy.

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