L’e-commerce sfonda in Europa

Uno studio di Andersen Consulting evidenzia come il 97% delle aziende continentali faccia uso del commercio elettronico, in una maniera o nell’altra. Cresce anche il peso del mobile commerce.

L’e-commerce in Europa c’è, è ben radicato e avrà un futuro in rapida
ascesa. é quanto emerge da una serie di studi resi noti quasi in
contemporanea e prodotti, con fini diversi, da Andersen Consulting,
Idc e Forrester Research.
La prima ha condotto, nel corso dell’estate un’indagine intervistando
600 importanti manager di alto livello di altrettante aziende
continentali, i quali, nel 97% dei casi, hanno dichiarato di
utilizzare il commercio elettronico, seppure sotto diverse forme. Il
dato che sorpassa notevolmente le attese, va attribuito, secondo i
ricercatori, al massiccio arrivo nel settore delle società
appartenenti all’economia tradizionale, subito ribattezzate
"dot-corp", per distinguerle dalle start up specializzate sul Web (le
ormai note dot-com). Inoltre, il regresso borsistico della scorsa
primavera non ha avuto particolari effetti negativi sui progetti
innovativi, tant’è che il 93% dei dirigenti interpellati ha
dichiarato di non aver modificato i propri progetti. L’e-crack, anzi,
è stato giudicato salutare, anche dalle aziende dot-com, che, nel 65%
dei casi, vantano comunque progetti di e-commerce portati a buon fine.
Ci sono aree che si prestano più di altre alla mutazione. Ad esempio,
l’uso di e-commerce per attività di marketing e commerciali è passato
dal 53% del 1999 al 72% di quest’anno. Parimenti, gli acquisti
professionali sono passati dal 40 al 47% in un anno. Andersen
evidenzia ripetutamente come siano state le dot-corp a generare il
rinnovato contesto. Forti delle loro competenze nel management, del
know-how e di una certa solidità finanziaria, si sono lanciate
direttamente nel commercio elettronico nel 74% dei casi, spinte,
nella maggior parte dei casi, dallo spettro della concorrenza. Questa
competizione si situa nel 51% dei casi all’interno dello stesso
settore di attività, per il 47% all’esterno e per il 27% fra le start
up. Se le dot-com stanno capendo l’interesse di una gestione
commerciali più razionale e del’acquisizione di competenze di
management, le dot-corp si stanno ispirando alla flessibilità delle
realtà della new economy. Per le imprese tradizionali, poi,
l’e-commerce trasforma realmente le attività e impone la messa in
opera di nuove strutture e partnership.
Quanto al futuro, le conclusioni dello studio di Andersen Consulting
forniscono alcune indicazioni. Nel campo della globalizzazione, gli
europei non hanno le stesse percezione degli americani (pure oggetto
di un’indagine parallela). Disporre, ad esempio, di partner locali
rimane essenziale per noi (52 contro 39%), così come adattare un sito
alla lingua e alla cultura di un paese (49 contro 34%). La diversità
culturale europea ha abituato le imprese del Vecchio Continente a un
confronto più attento e questo è un punto a favore rispetto agli
americani. A ciò si aggiunge un’eccellenza tecnologica indiscutibile,
che si vede anche in settori innovativi, come la telefonia mobile o
la televisione interattiva. Il mobile commerce rappresenta, così, un
vantaggio reale, dal punto di vista competitivo per gli europei,
anche se gli americani stanno lavorando per colmare il distacco.
Resta il fatto che, per il momento, le imprese Usa stanno ancora
generando largamente la più alta quota di fatturato nell’e-commerce,
con il 67% del totale, contro il 14% del Vecchio Continente.
Sarà, dunque, l’Europa la piazza centrale per il commercio on line?
Il 61% degli interpellati ritiene di sì. Ma l’indagine punta su due
fattori di possibile freno, ovvero la penuria di personale
qualificato e un ambiente giuridico e commerciale meno favorevole che
negli Usa. C’è poi da rilevar qualche pecca nel contesto stesso
dell’indagine di Andersen Consulting. Non si capisce, in particolare,
se siano state interpellate anche le piccole e medie imprese e si ha
un senso di genericità no sempre utile per capire bene la dinamiche
del mercato.
Studi freschi in materia sono stati condotti anche da Idc e Forrester
Research, che hanno puntato l’attenzione soprattutto sulle
prospettive del mobile commerce. I risultati sono simili negli
orientamenti ottimistici, ma divergono molto sul piano delle cifre.
Idc, infatti, fornisce un valore delle transazioni effettuare via
telefoni cellulari in Europa a 25,6 miliardi di sterline nel 2004,
mentre Forrester si ferma a 3,2 miliardi per il 2005. La prima
aggiunge che vi 300 milioni di utenti mobili attivi nel 2004.
Non c’è un motivo preciso per questa divergenza, se non la percezione
certamente più pessimistica di Forrester, secondo cui i pc
continueranno a dominare l’e-commerce. L’analista fa notare come
alcune realtà commerciali europee abbiano iniziato a muoversi oltre,
offrendo siti Wap o negozi con tb interattiva, ma si attende che
oltre la metà di questi progetti non raggiungerà gli obiettivi.
Pertanto, le transazioni mobili rappresenteranno, nel 2005, solo il
3% del fatturato on line totale, mentre i Pda incideranno solo per lo
0,1%. L’istituto di ricerca, ritiene che il telefonino possa favorire
solo le operazioni rapide, semplici e localizzate. Dunque, ai pc
toccherà ancora l’80% del mercato, mentre il rimanente 16% andrà alla
tv interattiva.

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