L’e-commerce cresce. Ma non troppo

I dati dell’Osservatorio del Politecnico dicono che i problemi arrivano dal basso numero di compratori e dalla scarsità dell’offerta

Cresce del 30% ma non recupera il divario con gli altri Paesi europei. Anzi.

Vende soprattutto servizi e pochi prodotti.
Ha una scarsità di offerta
e, sempre rispetto ai Paesi Ue, pochi acquirenti.
Questo è l’e-commerce
italiano che cresce ma potrebbe fare molto di più come dice
l’Osservatorio della School of management del Politecnico di Milano.




5,3 miliardi di euro contro i 4,1 dello scorso anno
valgono un aumento che per la prima volta dopo sette anni sarà inferiore al 40%.
Tutti i settori aumentano i ricavi, ma qualcuno, il turismo, più degli altri con
il 38% mentre la media del resto del gruppo è fra il 15 e il 20%.




La crescita di biglietti aerei, viaggi e vacanze porta il settore a valere il 49% dell’intero commercio elettronico tricolore. “Un dato peculiare del mercato italiano” come ha
sottolineato Alessandro Perego del Politecnico di Milano che ha presentato oggi
i dati nell’ambito dell’Italian e-commerce forum organizzato da Netcomm il
consorzio che riunisce le principali imprese del settore.



L’altro dato tutto italiano è quello che riguarda
la differenza fra servizi e prodotti. Gli italiani comprano bit
(i biglietti aerei) rispetto ai quali ormai hanno acquistato una certa
sicurezza, prodotti standardizzati (libri) ma quando devono andare
sull’abbigliamento o l’arredamento non hanno dubbi: il vecchio negozio vince
sempre tanto che il settore che vuole dire soprattutto Yoox, best practice
dell’abbigliamento non solo nella Penisola, i 2/3 del fatturato li fa oltre
frontiera.




Il numero di navigatori e l’offerta
sono i due problemi principali dell’e-commerce. E le previsioni non sono
confortanti. Nei prossimi anni in Uk avremo 36 milioni di navigatori 27 dei
quali compreranno online con uno scontrino medio di 1.900 euro. 29 milioni di
internauti per 16 milioni di web shopper con una spesa di 1.100 euro è il dato
francese, mentre l’Italia arriverà a 27 milioni di navigatori ma con solo 9
milioni di acquirenti online che al massimo a testa sganceranno seicento euro.
Troppo pochi, così come poche sono le aziende che vendono in
rete
. La Grande distribuzione da questo punto di vista ci sente
pochissimo e il vasto mondo delle piccole e medie imprese, come confermano anche
altre ricerche, ancora meno.





Anche per questo procede a grandi passi la
concentrazione del mercato. I top 20 valgono il 77% del totale del commercio
online. Di questi 12 appartengono al turismo, due vendono prodotti e un altro è
eBay che noleggia la piattaforma vendere online e i soldi li incassa dalle
transazioni.





In più, aumenta il peso delle dot com, le aziende che vendono solo online. “Un dato sorprendente”,
commenta Perego che dimostra però come la multicanalità sia un concetto che non
fa parte della cultura di molte imprese. Nel 2001 le imprese che vendono solo su
Internet erano un terzo del totale oggi invece sono il 53% con solo l’11% delle
imprese che possono essere definite “tradizionali” e che hanno anche una presenza online. “La paura di cannibalizzare i canali tradizionali” è spesso il freno maggiore, aggiunge Roberto Liscia, presidente di Netcomm, secondo il quale è necessario crescere di più con le vendite all’estero (900 milioni, 22% di crescita) e lavorare anche sulla comunicazione.
Le frodi online rappresentano
solo lo 0,2% del fatturato

del settore e si tratta di dati prelevati offline e utilizzati poi su Internet. “L’insicurezza – conclude Liscia – è offline”.

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