Le “città digitali” sono (quasi) una realtà

Ancora poco partecipativo l’uso dei siti pubblici nonostante l’impegno crescente delle Istituzioni.

3 marzo 2003. Le pubbliche amministrazioni iniziano a considerare Internet come uno dei principali canali di comunicazione istituzionale promuovendo iniziative telematiche tese all’innovazione e alla modernizzazione del governo pubblico. Regioni, province e comuni capoluogo hanno perciò ormai tutti un sito Internet: un solo comune capoluogo (Agrigento) si attarda o resiste al richiamo della Rete mentre anche il 68,5% delle amministrazioni con più di 5mila abitanti si affida al Web (contro il 46,3% del 2000 e il 62,9% del 2001).

Ma per rendere la relazione Pa-cittadino più completa, si dovrebbero predisporre strumenti di partecipazione attiva degli utenti (forum di commento, sondaggi di gradimento, votazioni online) visto che attualmente solo il 17% dei siti provinciali e il 20,6% dei siti dei comuni capoluogo ha istituito forum tra cittadini, pochi prevedono l’intervento degli amministratori e in pochissimi il dibattito è inserito in una dinamica decisionale.

Sono poche anche le sperimentazioni di comunicazione attraverso canali alternativi. La logica multicanale è presente infatti, con siti Wap e servizi via sms, in 6 siti regionali, nel 7% dei siti provinciali e nel 12,7% dei siti dei comuni capoluogo.

Questa, in sintesi, la situazione descritta dall’indagine sulle “Città Digitali in Italia” realizzata dalla Rur (in collaborazione con dipartimento della Funzione pubblica, Formez e Censis) che per il settimo anno ha messo sotto osservazione più di 500 siti facenti capo a regioni, province e comuni.
Il Rapporto assegna la maglia rosa a Liguria, Emilia Romagna e Toscana, che continuano ad attestarsi nelle prime tre postazioni del rating riferito alle regioni italiane. Tra le province Bologna si fa largo passando dal sesto al primo posto, seguita da Padova e Modena. Tra i comuni capoluogo si confermano Bologna, Torino, Firenze e Roma, mentre è in forte crescita Modena, che passa dal 13° al quinto posto.

In definitiva, la Pubblica amministrazione accetta la sfida posta dalla società dell’informazione, ma propone troppe barriere alla libertà di accesso: più della metà dei siti manca di motori di ricerca (nei comuni capoluogo previsti solo nel 49% dei casi, contro il 14,4% degli altri comuni) e spesso i tempi di caricamento sono lunghi (più di 20 secondi nel 38% dei siti provinciali).

Se ci si impegna di più a mantenere aggiornati i contenuti deve ancora maturare la capacità di erogare servizi. Il livello massimo di interazione si ha per pagamenti tributari quali l’Ici (prevista nel 17,6% dei siti) mentre con Tarsu e contravvenzioni la percentuale cala sensibilmente (3,9%). Tra i servizi alle imprese gli unici che consentono di completare la transazione sono le visure catastali (4,9%), l’occupazione di suolo pubblico (2,0%) e la dichiarazione di inizio attività (1,0%) mentre per quanto riguarda i servizi di consultazione dei sistemi informativi territoriali (Sit) nei comuni capoluogo solo il 2,8% assicura la transazione completa (come l’acquisto di mappe).

La crescita di questi servizi può essere incoraggiata dalla collaborazione di soggetti diversi, quali le public utilities, i privati e altre amministrazioni, che hanno già dato vita a nuovi portali come Tu6Genova, PortalePrato, e-cremona, e-mantova.

Infine è ancora molto ridotta la capacità e l’impegno degli enti locali di attrarre investimenti sul territorio tramite Internet. Benché gli sportelli unici per le attività produttive siano abbastanza diffusi (17,6% dei comuni capoluogo) e assicurino nel 13,7% l’interazione two way, non possono ancora garantire transazioni complete.

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