Le aziende italiane devono muoversi con più coraggio verso l’It

Un convegno di Sirmi ha voluto mettere il dito nella piaga di un mercato in continua contrazione, che non ha ancora imparato ad affrontare i problemi in modo diverso dal passato. La colpa è del management e di un marketing che manca di cultura, strategia e strumenti.

“Siamo alla fine della crisi e non all’inizio della ripresa”. Con questa frase a effetto, ma che sottende un chiaro sentiment sulla situazione del mercato nazionale dell’Information and communication technology, Maurizio Cuzari, amministratore delegato di Sirmi, ha iniziato la sua relazione al convegno “Ict 2004 – Appuntamento annuale con numeri, tendenze e sentiment” organizzato dalla sua società con vari sponsor tra i quali anche il nostro gruppo editoriale. Prima del suo speech, molti dubbi sull’attuale situazione li aveva già espressi Ugo Bertone, vice direttore Borsa & Finanza, che senza voler cammuffare il suo stato d’animo aveva detto: “Non ho certezze. Provo imbarazzo a parlare di ripresa, tanto più che oggi l’economia italiana all’estero viene citata soprattutto come cronaca giudiziaria”. Bertone, dopo aver elencato le crescite del Pil di Paesi come gli Usa (+4%), la Cina (+9/10%), il Giappone (+3%) e l’India (+8%) per sottolineare che nel mondo ci sono paesi in ripresa, si chiede come anche l’Italia (il cui Pil nel 2003 è stato +0,3%) possa riuscire a salire su questo treno. Tra i vari punti toccati ha sottolineato come la fragiltà attuale dell’economia europea e italiana sia in parte dovuta alla carenza di investimenti infrastrutturali e alla debolezza dei consumi interni. Bertone evidenzia, inoltre, che ci troviamo davanti a una serie di ostacoli da superare, come l’irrompere della concorrenza della Cina, e in generale dei paesi del Far East, in specifiche produzioni, per cui le aziende italiane devono far appello alle loro qualità e creatività per cogliere nuove domande del mercato e puntare sull’innovazione tecnologica come leva di competitività.


Un breve intervento, non previsto nel programma, di Ferruccio Ferranti, amministratore delegato del Consip (società del Ministero dell’Economia e delle Finanze che fornisce consulenza, assistenza e soluzioni informatiche per l’innovazione nella Pa) ha riportato una nota di ottimismo, in quanto all’interno della Pa ci sono segnali di ripresa. Ferranti ha assicurato che Consip (forse per recuperare terreno sulle critiche rivoltele in passato dagli operatori It che l’accusavano di valutare solo il prezzo nelle gare d’appalto) sta definendo un programma che consente alle smministrazioni pubbliche di valutare con parametri ben definiti anche la qualità di un progetto (e quindi di allentare la tensione sul prezzo) per dare un peso al valore aggiunto di certe offerte, che deve essere garantito nel tempo. Questo approccio consente, secondo Ferranti, di mettere in gioco anche fornitori It più piccoli che operano sul territorio. Ritornando all’intervento di Cuzari, il manager ha presentato i dati elaborati da Sirmi per il mercato Ict nel 2003 e le previsioni 2004, precisando che anche in momenti non sospetti la sua società non si è mai lasciata andare a facili, e superficiali, ottimismi, in quanto non c’erano ancora le premesse, come poi i fatti hanno dimostrato. E i dati parlano di un mercato di 21,290 miliardi di euro, pari a un -4,1% per l’It e di un +2% per le Tlc, pari a 41,2 miliardi. Nel dettaglio, l’hardware ha registrato una flessione del 4,8% e una spesa complessiva di 7,499 miliardi. In calo pesante anche il valore del software, attestatosi su 3,178 miliardi (-3,7%), mentre in ambito servizi Sirmi ha distinto tra quelli di sviluppo, che hanno registrato il decremento maggiore in ambito It (-8,3%) e una spesa complessiva di 4,951 miliardi, solo in parte compensati dai servizi di gestione (+0,7%) con un valore di 5,662 miliardi. All’interno delle Tlc, si osserva che le fisse sono leggermente calate (-0,5%) pari a 20,850 miliardi, mentre sono cresciute le mobili (+4,7%) che, con un valore di 20,350 miliardi, secondo Sirmi non hanno ancora effettuato il sorpasso sulle fisse, come invece è avvenuto per il Rapporto Assinform/ NetConsulting.


Per quanto riguarda il 2004, secondo Cuzari si avrà ancora un trend negativo per l’It (-1,8%) però in inversione di tendenza, mentre le Tlc dovrebbero confermare il recupero (+3,5%). Tornando all’analisi del perché la situazione sia ancora critica, l’analista non ha risparmiato critiche e toni polemici. Si chiede, infatti, perché il settore dell’Ict dovrebbe andare meglio, visto che in Italia non stiamo cambiando il modo di vedere i problemi e si continua a pensare all’Ict come a un mercato unico, mentre in realtà si frammenta in tantissimi mercati. I fornitori si sono concentrati più sull’evoluzione delle tecnologie e meno sui processi di business delle aziende clienti, le quali, a loro volta, continuano a usare la tecnologia perché costretti e non perché in realtà rappresenta una leva di sviluppo. E questa situazione può anche in parte dipendere dallo skill shortage presente in Italia, in quanto la difficoltà di trovare figure specializzate nell’innovazione può demotivare ulteriormente le aziende a cambiare l’approccio verso l’Ict. Come risultato, abbiamo che nel mondo dell’Ict oggi cresce la disaffezione dei clienti, aumenta la competitività e la qualità è discutibile. I nuovi progetti sono pochi e i player sono abbarbicati alle poche società che li programmano. “Tutti quelli che lavorano nell’Ict – ha proseguito polemico Cuzari – si crogiolano nella convinzione di lavorare in un settore veloce a innovarsi, mentre invece è ipertrofico e fa fatica a venirne fuori. Le idee sono poche e c’è poco coraggio: si ha più paura di quello che si può rischiare che non di quello che si può costruire. E la colpa di tutto questo è del marketing, che manca di cultura, di strategia, di strumenti. In Italia non si fa più marketing ma solo programmi di breve durata, con l’obiettivo di far tornare i conti senza curarci quali siano le ricadute del medio periodo”. Cuzari prosegue nel suo provocatorio ma costruttivo intervento, affermando che il sistema politico non fa nulla per aiutare il settore, le linee guida sono incerte e confuse. In un mercato fermo, la spesa di gestione tiene, mentre quella di sviluppo crolla. Secondo Cuzari, i manager devono sforzarsi per venirne fuori e cercare di comprendere la direzione del cambiamento (partecipando anche a convegni di settore), ma devono anche “aver voglia di fare succedere cose nuove, senza aspettare che il futuro glielo costruisca qualcun altro”.

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