L’avvocato risponde – Puntata 5

Due quesiti per l’esperto della rubrica di Linea Edp. E’ possibile entrare nella mail del dipendente e che valore legale hanno fax e posta elettronica?

I dipendenti devono essere messi a conoscenza del fatto che il responsabile di funzione utilizza le credenziali di autenticazione per accedere alla sua e-mail?

In caso affermativo, lo stesso responsabile può rifiutarsi di fornire tale informazione?


c.costanzo
Il dipendente, in linea di principio, può anche non essere
esplicitamente informato dall’azienda del fatto che la sua casella di posta
elettronica possa essere frequentata anche da altre persone, sempre per conto
dell’azienda stessa. In altri termini, non esiste un rigoroso obbligo
giuridico per l’imprenditore

di informare i propri collaboratori che le loro caselle non sono “private” in senso stretto, ma
semplici strumenti di lavoro messi a loro disposizione.



Quest’obbligo, peraltro, non sussiste perché è la
legge stessa che prevede la regolamentazione degli strumenti che l’imprenditore
mette a disposizione dei dipendenti includendo, secondo la interpretazione
dominante, anche la casella di posta elettronica. Quindi così come il dipendente
deve essere a conoscenza di tutti i suoi diritti e doveri relativamente allo
svolgimento del rapporto di lavoro, deve esserlo pure del fatto che la
mailbox aziendale è uno strumento
che gli viene fornito solo
per lo svolgimento delle sue mansioni
, senza che si determini la creazione di uno “spazio privato”, e che, quindi,
può essere letto e visionato dal datore di lavoro o da collaboratori dello
stesso, tutte le volte che lo si ritiene opportuno.



Detto questo, per evitare spiacevoli inconvenienti
ed equivoci, il consiglio è di adottare un approccio più
pragmatico

e informare nel modo più chiaro possibile tutti i dipendenti dell’eventualità che la loro posta elettronica possa essere letta da altri, nell’interesse dell’azienda. Per fare questo, non è necessario modificare il codice interno previsto dalla legge 300 del 1970, il famoso “Statuto dei lavoratori”, ma è sufficiente inserire
un’apposita dicitura nella lettera di assunzione ed eventualmente far recapitare
una lettera circolare a tutti i collaboratori già in forza all’azienda.




Nel caso, poi, che il responsabile di un particolare
ufficio si rifiuti di comunicare ai propri collaboratori l’eventualità che la
posta sia letta da altri, la direzione generale o centrale può richiedergli di
effettuare la comunicazione obbligatoriamente, arrivando anche all’estremo
dell’illecito disciplinare in caso di inottemperanza. Va anche tenuto presente
che
se un dipendente dovesse mai sporgere querela per “intrusioni”
nella propria casella da parte del datore di lavoro, sarebbero posto sotto indagini lo stesso datore di lavoro, nella persona del titolare o del presidente del consiglio di amministrazione, e il responsabile dei sistemi informativi, dal momento che solitamente le Autorità di giustizia penale non “scendono” nel dettaglio sino ai responsabili dei singoli uffici.

Qual è il valore legale di documenti inviati per e-mail e fax? Possono essere utilizzati in tribunale, magari per ottenere il recupero di un credito? Le stesse comunicazioni, se inviate
da un dipendente, possono essere usate contro l’azienda?

p.palocco
In linea di principio, fax e posta elettronica non
avrebbero valore di prova, dal momento che non esistono, per come vengono
comunemente utilizzati, modi adatti a garantirne l’autenticità e l’integrità del
contenuto. Naturalmente, le disposizioni in materia di documento elettronico,
applicabili sia all’e-mail che al fax, esistono da tempo nel nostro paese. La
posta elettronica certificata, tuttavia, è ancora poco diffusa, ma nel caso la
si utilizzi, le comunicazioni hanno valore di piena prova, negli altri casi,
invece, questo valore non si ha. Tuttavia, vista la diffusione pratica che
questa forma di comunicazione sta sempre più riscontrando, non sono
mancate pronunce di giudici
che hanno riconosciuto
valore
anche alla posta non certificata.




Al riguardo, ha suscitato notevole interesse una
recente ordinanza del Tribunale di Ancona (del 9/4/2005) che, in una causa
intentata per recuperare un pagamento, ha attribuito valore alla corrispondenza
che le due aziende si erano scambiate per fax ed e-mail, ritenendo almeno in via
di urgenza che una delle due aziende avesse comprovato a sufficienza le sue
ragioni per non corrispondere quanto richiesto dall’altra. In realtà, tuttavia,
anche questa ordinanza conferma quanto si è detto precedentemente, cioè che
e-mail e fax prodotti in giudizio hanno valore sino a che non vengono
contestati.





Nel caso giudicato ad Ancona, infatti, la parte
contro cui erano state allegate le e-mail e i fax non li aveva contestati,
sostenendo che non erano autentici, ma si era limitata a prendere atto della
produzione, dando così luogo alla possibilità per il giudice di ritenerli
autentici. Quindi, se si intende imprimere valore legale delle
proprie comunicazioni, occorre munirsi di posta elettronica
certificata

. In tutti gli altri casi, se si dispone di corrispondenza elettronica si può provare a utilizzarla, ma si è esposti alla contestazione dell’altra parte. In questi ultimi casi, l’unica cosa che si può provare a fare, per corroborare la validità delle proprie lettere, è quella di far svolgere una perizia tecnica sugli originali dei messaggi, tramite un tecnico che analizzando gli header, riesca a ricostruire il più possibile l’effettivo percorso dei messaggi, ne attesti l’effettiva esistenza sui computer dell’azienda e, insomma, riesca a raccogliere un insieme di elementi che, nel loro complesso, aumentano la verosimiglianza del fatto che le lettere che si intendono invocare sono state effettivamente ricevute o inviate e lo sono state con il contenuto riportato. Naturalmente in questi casi la cosa diventa molto costosa e, comunque, il giudice non è vincolato dagli accertamenti svolti dal tecnico e potrà anche non ritenere “valide” le e-mail allegate in giudizio.


L’esperto
Tiziano Solignani esercita la professione forense a Modena, all’interno di un proprio studio multidisciplinare che si occupa, utilizzando per quanto più possibile le nuove tecnologie, di civile, penale, amministrativo e informatica giuridica. Su internet ha fondato il gruppo di discussione giuridico della gerarchia “it”, it.diritto, e lo ha moderato per alcuni anni; cura inoltre a tutt’oggi il sito www.solignani.it.

È
membro del comitato saggi del Crdd (www.crdd.it), per la riassegnazione dei nomi
di dominio, e del Professional Law Enforcement di GlobalTrust
(www.globaltrust.it), un gruppo di legali esperti in informatica giuridica e
sicurezza.

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