Lavori atipici: l’apprenditato professionalizzante

L’esigenza di raccordo con il sistema di istruzione e formazione professionale ha indotto il legislatore ad articolare l’istituto secondo tre distinte tipologie

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Apprendistato professionalizzante
Il contratto di apprendistato è disciplinato dal D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, che ne ha valorizzato la tradizionale funzione di strumento per l’acquisizione di una qualificazione professionale, fissando i cardini dell’istituto e rinviando per i restanti aspetti alla contrattazione collettiva.


L’esigenza di raccordo con il sistema di istruzione e formazione professionale ha indotto il legislatore ad articolare l’istituto secondo tre distinte tipologie, imperniate su differenti percorsi formativi:


– apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;


– apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso la formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali;


– apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.


Per la sua incisività la riforma, che richiede uno stretto coordinamento con la normativa statale sui cicli scolastici non ancora assestata e con le competenze regionali in materia di formazione professionale, non ha ancora trovato completa attuazione. In via transitoria e fino alla sua piena realizzazione la disciplina recata dal D.Lgs. n. 276 va pertanto integrata con la previgente regolamentazione dell’istituto – contenuta nella L. 19 gennaio 1955, n. 25, e nel relativo regolamento di esecuzione approvato con D.P.R. 30 dicembre 1956, n. 1668; nell’art. 21, L. 28 febbraio 1987, n. 56; nell’art. 16, L. 24 giugno 1997, n. 196 – che continua a trovare applicazione in quanto compatibile con il nuovo quadro normativo (art. 47, c. 3, D.Lgs. n. 276/2003; ML circ. n. 40/2004).



Quadro normativo
Il contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato in tutti i settori di attività e può riguardare anche apprendisti da impiegare in cicli di attività stagionali, ove ciò sia previsto da contratti collettivi nazionali o regionali (ML circ. n. 27/2008).


In attesa della regolamentazione dei profili formativi ad opera delle Regioni – nel rispetto dei principi costituzionali in materia di competenze Stato-Regioni e dei criteri direttivi stabiliti dall’art. 49, c. 5, D.Lgs. n. 276/2003 – la disciplina dell’apprendistato professionalizzante è affidata ai contratti collettivi di categoria purché stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (art. 49, c. 5-bis, D.Lgs. n. 276/2003).


Ai fini della piena operatività dell’istituto, restano inoltre in vigore le sperimentazioni regionali e le relative delibere di giunta, purché compatibili con il dettato del D.Lgs. n. 276 (ML circ. n. 30/2005; ML risp. a interpello n. 14/2008).


In ogni caso anche per l’apprendistato professionalizzante continuano a valere, ove non espressamente abrogate e non incompatibili con la nuova disciplina, le norme derivanti dalla disciplina previgente (vedi più oltre).



Contratti collettivi che disciplinano la materia
In considerazione del dato caratterizzante dell’elemento formativo, il contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato solo con riferimento a contratti collettivi di lavoro che abbiano determinato – direttamente o indirettamente, anche mediante rinvio agli enti bilaterali ovvero a prassi già esistenti e codificate dall’ISFOL – gli elementi minimi di erogazione della formazione, con particolare riguardo ai criteri di individuazione dei profili formativi e al piano formativo di dettaglio da allegarsi al contratto individuale (ML circ. n. 30/2005, ML note n. 2732/2006 e n. 782/2006).


I contratti collettivi legittimati ad individuare le qualifiche e la durata del contratto di apprendistato professionalizzante sono soltanto quelli nazionali o regionali, rimanendo esclusi altri livelli di contrattazione. Solo per quanto riguarda le modalità e l’articolazione della formazione, nel caso di disciplina regionale dei profili formativi, è possibile un’implementazione di tale regolamentazione anche da parte dei contratti collettivi di livello territoriale o aziendale (M.L. nota n. 783/2006).


Nel caso di assunzione per un profilo non contemplato dalla legge regionale ma contenuto nel c.c.n.l. applicato e qualora il contratto individuale di apprendistato professionalizzante faccia riferimento al c.c.n.l. e non alla legge regionale, non è necessario il rilascio del parere di conformità da parte degli organi regionali e si applica interamente la disciplina contrattuale ex art. 49, comma 5-bis, D.Lgs. n. 276/2003 (così ML risp. a interpello n. 14/2008, con riferimento alla regolamentazione della regione Marche)


Contratti collettivi che non disciplinano la materia
Per le categorie per le quali la contrattazione collettiva non ha disciplinato i contenuti del rapporto ed i profili formativi (ovvero qualora la normativa regionale rinvii ad una contrattazione collettiva ancora carente per tali aspetti), non è invece possibile procedere alla stipula del contratto di apprendistato professionalizzante: in questi casi il datore di lavoro può ricorrere alle figure di apprendistato previste dalla previgente disciplina di cui alla legge 196/1997 (ML nota n. 2464/2005).


Disciplina contrattuale della formazione interna aziendale
Da ultimo il comma 5-ter dell’art. 49 cit., inserito dall’art. 23, c. 2, D.L. n. 112/2008 conv. L. n. 133/2008, senza modificare l’impianto normativo preesistente, ha introdotto un canale parallelo per la formazione erogata esclusivamente dall’azienda e quindi non assoggettata a regolamentazione regionale. In questa ipotesi i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sono rimessi integralmente, oltre che ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazio-nale, anche ai contratti territoriali o aziendali (sempreché stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo.


Questo canale formativo può risolversi in attività anche fisicamente esterne all’azienda, purché sia quest’ultima a dirigerne lo svolgimento e purché tale formazione non implichi finanziamenti pubblici. Secondo il Ministero del lavoro la previsione concernente la formazione aziendale di cui all’art. 49, c. 5-ter, deve considerarsi immediatamente operativa anche con riferimento a quei contratti collettivi che hanno definito regolamentazioni in materia sulla scorta del preesistente quadro normativo (ML circ. n. 27/2008; ML risp. a interpello n. 50/2008).


Delega per il riordino complessivo della materia
La legge 24 dicembre 2007, n. 247, ha delegato il Governo ad emanare, entro il 31 dicembre 2008, d’intesa con le Regioni e le parti sociali, uno o più decreti al fine di riordinare la materia dell’apprendistato, nel rispetto dei seguenti principi:


a) rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva nel quadro del perfezionamento della disciplina legale della materia;


b) individuare standard nazionali di qualità della formazione in materia di profili professionali e percorsi formativi, certificazione delle competenze, validazione dei progetti formativi individuali e riconoscimento delle capacità formative delle imprese, anche al fine di agevolare la mobilità territoriale degli apprendisti mediante l’individuazione di requisiti minimi per l’erogazione della formazione formale;


c) con riferimento all’apprendistato professionalizzante, individuare meccanismi in grado di garantire la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e l’attuazione uniforme e immediata su tutto il territorio nazionale della relativa disciplina;


d) adottare misure volte ad assicurare il corretto utilizzo dei contratti di apprendistato.


Presupposti per l’assunzione
Età dell’apprendista
Ai sensi dell’art. 49, D.Lgs. 276/2003, il contratto di apprendistato professionalizzante può riguardare soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Rientra nel limite massimo indicato dalla legge l’assunzione effettuata fino al giorno antecedente al compimento del trentesimo anno di età (ovvero fino a 29 anni e 364 giorni: cfr. ML circ. n. 30/2005).


Per soggetti in possesso di una qualifica professionale conseguita ai sensi della L. n. 53/2000, il contratto può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età (art. 49, c. 2, D.Lgs. n. 276/2003).


Nei casi in cui la disciplina dell’apprendistato professionalizzante non è ancora operativa valgono le norme di cui all’art. 16, L. n. 196/1997 e pertanto possono essere assunti, con contratto di apprendistato, giovani di età non inferiore a 16 anni e non superiore a 24 ovvero a 26 anni (da intendersi fino a 24 anni e 364 giorni o 26 anni e 364 giorni: cfr. ML, nota n. 2702/2006) nelle aree di cui agli obiettivi n. 1 e 2 del regolamento (CEE) n. 2081/93, incluse quelle ammesse a sostegno transitorio a norma dell’art. 6 del regolamento 1260/99 (ML, nota n. 2079/2005 e circ. n. 783/2006).


Per gli apprendisti portatori di handicap – intendendosi per tali coloro che sono in possesso del requisito dell’invalidità richiesto per aver diritto al collocamento obbligatorio – i limiti di età suindicati sono elevati di due anni.


Rapporto tra numero di apprendisti e di qualificati
Per le imprese non artigiane il numero complessivo di apprendisti che il datore di lavoro può assumere non può superare il 100% delle maestranze specializzate e qualificate. Il datore di lavoro che non ha alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o ne ha meno di tre, può assumere fino a 3 apprendisti (art. 47, c. 2, D.Lgs. n. 276/2003). Nel numero delle maestranze specializzate e qualificate in forza all’azienda si computano anche i soci lavoratori (ML nota n. 4584/2006). Per le imprese artigiane i limiti sono fissati in relazione al tipo di azienda, ai sensi dell’art. 4, L. 443/1985 (vedi i limiti dimensionali delle aziende artigiane nel Cap. 14.2).


Limiti numerici alle assunzioni di apprendisti possono essere infine previsti a livello regionale nelle fasi sperimentali di attivazione dell’istituto (ML nota n. 3508/2006)


Condizioni stabilite dai contratti collettivi
Alcuni contratti collettivi di categoria subordinano la stipula del contratto di apprendistato, o il parere di conformità per quanto attiene i profili formativi del contratto, all’iscrizione del datore di lavoro all’ente bilaterale di categoria o ad altre condizioni non espressamente previste dalla legge. Il Ministero del lavoro si è espresso per l’illegittimità di tali clausole e per la conseguente validità dei contratti di apprendistato stipulati in assenza di iscrizione all’ente bilaterale. Sono state invece ritenute legittime le clausole dei contratti collettivi che prevedono un obbligo per tutti i soggetti di sottoporre i contratti di apprendistato professionalizzante al parere di conformità degli enti bilaterali, per quanto attiene i profili formativi dei contratti stessi, ove tale obbligo sia previsto da una legge regionale e non si ponga in contrasto con i principi costituzionali di libertà sindacale (M.L. circ. n. 30/2005).


Visite preassuntive
Fino al 24 giugno 2008 l’assunzione dell’apprendista doveva essere preceduta da visita sanitaria, presso l’ASL competente per territorio, per accertarne l’idoneità al lavoro (art. 4, L. n. 25/1955); tale obbligo è venuto meno con l’entrata in vigore dell’art. 23, c. 5, D.L. n. 112/2008 conv. L. n. 133/2008.


Per gli apprendisti adibiti ad attività soggette a sorveglianza sanitaria è sempre necessaria la visita da parte del medico competente di cui al D.Lgs. n. 81/2008. Per gli apprendisti minorenni resta l’obbligo di cui all’art. 8, L. n. 977/1967.


Età degli apprendisti
Il Ministero del lavoro, con nota n. 3772/2006, ha chiarito che, fino all’anno scolastico 2007-2008, era possibile assumere apprendisti di età non inferiore a 15 anni, purché avessero adempiuto l’obbligo scolastico.


Nel settore artigiano, per il conseguimento di qualifiche ad alto contenuto professionale, i contratti collettivi avevano la possibilità di elevare i limiti di età fino a 29 anni (art. 21, L. n. 56/1987).



Forma e contenuto del contratto
Il contratto deve essere stipulato in forma scritta, con l’indicazione della prestazione lavorativa oggetto del contratto, del piano formativo individuale e della qualifica che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro sulla base degli esiti della formazione aziendale od extra-aziendale.


La forma scritta costituisce requisito indispensabile (ad substantiam) per la validità dello strumento contrattuale ed il piano formativo individuale, documento distinto dal contratto di lavoro, deve essere allegato al contratto a pena di nullità dello stesso (ML circ. n. 40/2004; la nullità è rilevabile d’ufficio: Cass. 5.9.2003, n. 13013).


Durata
È compito dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o regionale stabilire, in ragione del tipo di qualificazione da conseguire, la durata del contratto che, in ogni caso, non può essere superiore a 6 anni (la formulazione originaria dell’art. 49, c. 3, D.Lgs. n. 276/2003, ora modificato dall’art. 23, c. 1, D.L. n. 112/2008 conv. L. n. 133/2008, prevedeva un limite minimo di 2 anni). Essendo necessario alla specialità del rapporto lo svolgimento effettivo e non meramente figurativo sia delle prestazioni lavorative da parte del dipendente sia della corrispondente attività di insegnamento da parte del datore di lavoro per un periodo di tempo non inferiore a quello ritenuto congruo dalla contrattazione collettiva per l’apprendimento dell’allievo, ne consegue che dal computo del periodo di apprendistato vanno esclusi tutti i periodi di interruzione del rapporto sia imputabili al lavoratore (come i giorni di assenza per malattia) sia dipendenti da comprovate esigenze produttive dell’impresa (Cass. 12.5.2000, n. 6134).


Nei casi in cui non possono ancora trovare applicazione le disposizioni del D.Lgs. n. 276/2003, valgono le previgenti norme e pertanto la durata dell’apprendistato non può essere inferiore a 18 mesi e superiore a 4 anni (art. 16, L. n. 196/1997). Per la durata massima in funzione della conseguente individuazione dell’obbligo contributivo del datore di lavoro occorre fare riferimento alla disciplina contenuta nella contrattazione collettiva (Cass. 8.2.2006, n. 2758).


La trasformazione dei rapporti di apprendistato in essere, instaurati secondo la disciplina prevista dalla L. n. 25/1955, in contratti di apprendistato professionalizzante è esclusa, stante la non omogeneità delle rispettive discipline (ML, nota n. 14/2007).


Cumulo di periodi
I periodi di servizio prestato in qualità di apprendista presso più datori di lavoro si cumulano ai fini del computo della durata massima del periodo di apprendistato, purché non siano separati da interruzioni superiori ad un anno e si riferiscano alle stesse attività (art. 8, L. n. 25/1955; ML circ. n. 27/2008).


Ai fini del completamento della durata massima contrattuale del rapporto di lavoro, è possibile altresì cumulare il periodo di apprendistato svolto nella vigenza della legge n. 25/1955 con un nuovo periodo di apprendistato professionalizzante purché il nuovo rapporto di lavoro abbia contenuti formativi diversi ed aggiuntivi rispetto a quelli che hanno caratterizzato il primo rapporto, in modo da preservare i caratteri di diversità tra la vecchia e la nuova tipologia di apprendistato, in particolare per quanto attiene ai contenuti formativi (ML risp. a interpello n. 3/2008).


Qualora l’apprendista venga assunto in successione da più aziende, per le quali vigono differenti limiti di durata massima del rapporto di apprendistato (es. aziende artigiane ed aziende industriali), ai fini del cumulo occorre riproporzionare il servizio prestato presso la prima azienda in funzione del diverso limite di durata massima esistente presso la seconda.


Rispetto a società consortili, costituite per l’esecuzione di un’opera, il Ministero del lavoro ha chiarito che l’assunzione dell’apprendista è sempre possibile, anche se sia previsto lo scioglimento della società stessa in data anticipata rispetto al completamento della formazione, potendo la formazione essere completata a seguito di una nuova assunzione dello stesso lavoratore presso una delle società del consorzio (ML circ. n. 27/2008).


Non può ritenersi ammissibile, invece, la stipula di un contratto di apprendistato professionalizzante con un lavoratore che abbia già svolto, presso lo stesso datore di lavoro, un precedente periodo di lavoro, continuativo o frazionato, di durata superiore alla metà di quella prevista dalla contrattazione collettiva in mansioni corrispondenti alla stessa qualifica oggetto del contratto formativo (ML, nota n. 8/2007).


Assenze per malattia, maternità, infortunio
Il rapporto di apprendistato rimane sospeso in caso di gravidanza e puerperio, servizio militare e richiamo alle armi, malattia e infortunio, mentre i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro della lavoratrice madre non si computano ai fini della durata del periodo di apprendistato (art. 7, D.P.R. n. 1026/1976).


In caso di malattie di breve durata, intese sia come evento singolo che come sommatoria di una pluralità di brevi periodi, il contratto di apprendistato non è prorogato e il periodo di malattia è considerato ininfluente rispetto al computo del periodo di apprendistato se tale specifica indicazione è prevista dalla fonte contrattuale applicata. In mancanza di disciplina contrattuale, si deve fare riferimento alla prassi amministrativa e considerare “breve” il periodo di malattia dell’apprendista inferiore ad un mese (ML, nota n. 17/2007).


Trattamento economico-normativo
Patto di prova
Può essere concordato tra le parti, nel limite massimo di due mesi (art. 9, L. n. 25/1955).


La materia è generalmente disciplinata nei contratti collettivi di lavoro e a tale proposito il Ministero del lavoro ha affermato, da un lato, che eventuali maggiori durate stabilite nei contratti collettivi debbono ritenersi ridotte di diritto ai limiti di legge e, dall’altro, che devono ritenersi legittime eventuali clausole dei contratti collettivi che prevedono, nell’interesse degli apprendisti – come quando si tratti di lavori di natura tecnica che richiedono particolare perizia o sussistano motivi indipendenti dalla volontà o diligenza dell’apprendista – la possibilità di rinnovo del periodo di prova, purché il rinnovo non sia di durata superiore a due mesi.


Orario di lavoro
Per gli apprendisti maggiorenni trova applicazione la disciplina ordinaria. Gli apprendisti minorenni sono soggetti alle norme di tutela del lavoro minorile e per essi vale il divieto di lavoro notturno dalle ore 22,00 alle 6,00 (art. 10, L. n. 25/1955); la violazione di tale divieto non comporta la trasformazione del rapporto di apprendistato in un normale rapporto di lavoro subordinato (Cass. 2.3.2000, n. 2352).


Le ore destinate all’insegnamento complementare sono considerate a tutti gli effetti ore lavorative e devono essere computate nell’orario di lavoro (art. 10, L. n. 25/1955).


L’apprendistato può essere svolto anche a tempo parziale, sempreché la durata delle prestazioni lavorative sia tale da consentire il raggiungimento delle finalità formative ovvero di adattamento delle competenze professionali (ML, circ. n. 9/2004). L’assunzione di un apprendista part-time non può essere subordinata alla preventiva verifica ispettiva circa la compatibilità tra la riduzione dell’orario di lavoro ed il rispetto degli obblighi formativi, in quanto l’obbligo di autorizzazione preventiva alla stipula del contratto di apprendistato è venuto meno in virtù dell’art.


85, D.Lgs. n. 276/2003; invece nel caso di trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale, la procedura di convalida della trasformazione può essere sede idonea alla valutazione della compatibilità tra orario ridotto e contenuti formativi del contratto di apprendistato (ML, nota n. 4/2007).


Inquadramento e retribuzione
Durante il rapporto di apprendistato, la categoria di inquadramento del lavoratore ai fini economici non può essere inferiore, per più di due livelli, a quella da conseguire (art. 53, c. 1, D.Lgs. n. 276/2003).


La qualifica professionale conseguita attraverso il contratto di apprendistato costituisce credito formativo per il proseguimento nei percorsi di istruzione e formazione professionale.


La retribuzione degli apprendisti dipende dal livello di inquadramento assegnato al lavoratore ai fini economici, fermo restano che i contratti collettivi possono escludere dalla base di calcolo alcuni elementi che compongono la retribuzione dei lavoratori qualificati.


Retribuzione con il sistema del sottoinquadramento: nel settore industria, molti contratti di categoria hanno accolto il sistema del sottoinquadramento stabilito dall’art. 53, D.Lgs. n. 276/2003. Così, per le industrie alimentari, tessile, delle calzature, durante lo svolgimento del tirocinio, l’apprendista viene inquadrato, per il primo periodo due livelli sotto quello di destinazione, per il secondo periodo un livello sotto e per il terzo nello stesso livello di destinazione.


Per i metalmeccanici, invece, per i primi due periodi il sistema adottato è analogo a quello degli altri contratti su richiamati, mentre per il terzo l’inquadramento resta fissato al livello inferiore rispetto a quello finale ma la retribuzione corrisponde a quella prevista per il livello di destinazione; nell’industria del legno e arredamento, la retribuzione nel terzo periodo corrisponde alla media tra il livello di appartenenza (uno sotto quello di destinazione) e quella del livello di destinazione finale. Per i chimici l’apprendista viene inquadrato ad un livello inferiore a quello di destinazione per il primo periodo e nello stesso livello di destinazione per il secondo periodo, ma per tutta la durata del tirocinio non ha diritto all’indennità di posizione organizzativa.


In alcuni contratti collettivi, poi, dal sistema di progressione retributiva vengono esclusi alcuni livelli che sono considerati retributivi e non di inquadramento in quanto legati ad una maggiore professionalità acquisita dal lavoratore, come i tessili (livelli 3S e 2S) e i metalmeccanici (livello 5S).


Retribuzione con il sistema della percentualizzazione: nei contratti collettivi stipulati prima della “riforma Biagi” la retribuzione era invece generalmente determinata in percentuale su quella dei lavoratori qualificati e graduata in relazione all’anzianità di servizio. Alcuni recenti rinnovi hanno riproposto la retribuzione percentualizzata anche per l’apprendistato professionalizzante (turismo, autotrasporto merci e logistica, scuole private, settori artigiani); il Ministero del lavoro ha chiarito però che nel contratto di apprendistato professionalizzante è possibile utilizzare il sistema di retribuzione percentualizzata in alternativa a quello del sottoinquadramento, a condizione che il risultato che ne deriva sia più favorevole per il lavoratore (ML, nota n. 28/2007).


Sistema misto: in ogni caso il livello di inquadramento finale dell’apprendista deve essere riferito a quello corrispondente alla qualificazione o qualifica finale, quale che sia la collocazione di quest’ultima nella scala classificatoria e quindi anche ai livelli superiori quando la qualificazione o qualifica da conseguire sia elevata. Secondo il Ministero del lavoro la combinazione del sistema della percentualizzazione prevista dall’art. 13, L. n. 25/1955 con quello del sottoinquadramento richiamato dall’art. 53, c. 1, D.Lgs. n. 276/2003, è possibile quando tale livello sia utilizzato come “tetto” o livello finale o come “soglia” o livello iniziale della progressione percentuale, potendo quindi l’apprendista ricevere nel corso del rapporto una retribuzione inferiore in percentuale rispetto al livello di sottoinquadramento, purché tale livello sia garantito almeno quale punto di arrivo della progressione retributiva (ML circ. n. 27/2008).


Altre fattispecie: per i rapporti disciplinati dal regime previgente alla riforma, la retribuzione può essere stabilita anche dall’accordo diretto tra apprendista e datore di lavoro, in mancanza di contratto collettivo (D.P.R. n. 1668/1956, art. 19): peraltro quando la disciplina dell’apprendistato professionalizzante non può essere applicata, e quindi il rapporto è regolato dalla L. n. 25/1955 e dall’art. 16, L. n. 196/1997, il datore di lavoro è comunque tenuto ad applicare le previsioni di carattere economico contenute nell’accordo di rinnovo del contratto collettivo di categoria, anche se questo disciplina solo il nuovo apprendistato professionalizzante (ML, nota n. 783/2006 e nota n. 15926/2007).


È vietato retribuire gli apprendisti a cottimo o a incentivo (art. 49, c. 4, D.Lgs. n. 276/2003); tuttavia la corresponsione di un elemento di paga denominato “utile di cottimo” a lavoratori assunti con contratto di apprendistato non deve ritenersi incompatibile con la previsione legale qualora tale elemento costituisca una voce retributiva fissa totalmente sganciata dal risultato produttivo (ML, nota n. 13/2007).


Computabilità degli apprendisti
I lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi di lavoro per l’applicazione di particolari normative ed istituti (art. 53, D.Lgs. n. 276/2003).



Obblighi del datore di lavoro e dell’apprendista
Il datore di lavoro ha l’obbligo (art. 11, L. n. 25/1955):


– di impartire o far impartire nella sua impresa all’apprendista l’insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità per divenire lavoratore qualificato;


– di collaborare con gli enti pubblici o privati preposti all’organizzazione dei corsi di istruzione integrativa all’addestramento pratico;


– di osservare le norme dei contratti collettivi e di retribuire l’apprendista in base ai contratti stessi;


– di concedere un periodo annuale di ferie retribuite;


– di accordare all’apprendista, senza operare alcuna trattenuta sulla retribuzione, i permessi occorrenti per la frequenza obbligatoria dei corsi di formazione esterna e di vigilare perché l’apprendista stesso adempia l’obbligo di tale frequenza;


– di accordare all’apprendista i permessi necessari per esami relativi al conseguimento di titoli di studio;


– di informare periodicamente la famiglia dell’apprendista o chi esercita legalmente la potestà dei genitori sui risultati dell’addestramento (Con l’abrogazione dell’art. 21, D.P.R. n. 1168/1956 ad opera del D.L. n. 112/2008 conv. L. n. 133/2008, è venuto meno l’obbligo di osservare la periodicità semestrale per la comunicazione alla famiglia delle informazioni in questione).


L’art. 19, D.Lgs. n. 251/2004, ha abrogato l’art. 11, lett. l), della L. n. 25/1955: pertanto è venuto meno il divieto di adibire l’apprendista a lavori di manovalanza e di produzione in serie.


Resta invece in vigore il divieto di adibire apprendisti minorenni alle lavorazioni individuate dalla L. n. 977/1967.


L’apprendista deve (art. 12, L. n. 25/1955):


– obbedire all’imprenditore o alla persona da questi incaricata della sua formazione professionale e seguire gli insegnamenti che gli vengono impartiti;


– prestare nell’impresa la sua opera con diligenza;


– comportarsi correttamente verso tutte le persone addette all’impresa;


– frequentare con assiduità i corsi di formazione esterna;


– osservare le norme contrattuali.



Formazione dell’apprendista
La formazione professionale dell’apprendista si attua mediante l’addestramento pratico e la formazione teorica.


Le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato dovranno essere registrate su un documento personalizzato denominato libretto formativo, secondo il modello individuato a livello regionale.


Piano formativo individuale
Il piano formativo individuale è un documento allegato al contratto di apprendistato il cui contenuto specifico sarà stabilito attraverso la definizione di un unico modello nazionale previsto dalle Regioni e dalle Province autonome (ML circ. n. 40/2004). Nel piano formativo individuale andranno indicati, sulla base del bilancio di competenze del soggetto e degli obiettivi perseguiti mediante il contratto di apprendistato, il percorso di formazione formale e non formale dell’apprendista nonché la ripartizione di impegno tra formazione aziendale o extra-aziendale.


Il piano formativo individuale dovrà essere elaborato in coerenza con i profili formativi individuati dalle Regioni e dalle Province autonome, con il supporto tecnico del repertorio delle professioni.


In attesa di una regolamentazione a livello nazionale le Regioni e le Province autonome potranno autonomamente attivarsi per l’individuazione dei profili formativi.


In considerazione della difficoltà di prevedere percorsi formativi precisi, in particolare nelle ipotesi di contratti di apprendistato di lunga durata, il piano formativo individuale sarà seguito da un piano individuale di dettaglio, elaborato con l’ausilio del tutore, nel quale le parti indicheranno con maggiore precisione il percorso formativo dell’apprendista.


Spetta alle Regioni ed alle Province autonome definire le modalità per lo svolgimento, la valutazione, la certificazione e la registrazione sul libretto formativo delle competenze acquisite mediante il percorso di apprendistato.


L’addestramento pratico ha il fine di far acquistare all’apprendista la richiesta abilità nel lavoro al quale dev’essere avviato, mediante graduale applicazione ad esso (art. 16, L. n. 25/1955) e viene svolto sotto la vigilanza di un tutore che gli trasmette le competenze necessarie all’esercizio delle attività lavorative e favorisce l’integrazione tra le iniziative formative esterne all’azienda e la formazione sul luogo di lavoro.


La giurisprudenza è consolidata nell’affermare che l’onere della prova dell’adempimento dell’obbligo formativo grava sul datore di lavoro che voglia qualificare il rapporto come apprendistato; d’altronde tale inadempimento può anche palesare per fatti concludenti l’intento delle parti, diverso da quello espresso nel contratto, di realizzare un normale rapporto di lavoro subordinato. Sulla necessità che lo svolgimento dalla prestazione lavorativa e dell’addestramento pratico, pur modulabili in relazione alle concrete esigenze dell’organizzazione aziendale, sia effettivo, vedi Cass. 1°.8.2002, n. 11482.



Requisiti del tutore


Le funzioni di tutore possono essere svolte da un lavoratore qualificato designato dall’impresa oppure, nel caso di imprese con meno di quindici dipendenti e nelle imprese artigiane, dal titolare dell’impresa stessa, da un socio o da un familiare coadiuvante (art. 2, D.M. 28.2.2000).


Il lavoratore designato dall’impresa per le funzioni di tutore deve possedere un livello di inquadramento contrattuale pari o superiore a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato, svolgere attività lavorative coerenti con quelle dell’apprendista ed aver maturato almeno tre anni di esperienza lavorativa.


Ogni tutore non può affiancare più di cinque apprendisti contemporaneamente (M.L. risp. a interpello n. 9/2008).


Formazione interna ed esterna
La formazione teorica ha lo scopo di conferire all’apprendista le nozioni tecniche indispensabili all’acquisizione della piena capacità professionale e può svolgersi sia all’esterno che all’interno dell’azienda (per la formazione esclusivamente aziendale vedi quanto esposto al par. 2.4).


I contenuti della formazione sono articolati in maniera modulare.


In particolare, i contenuti a carattere trasversale riguardano il recupero delle conoscenze linguistico-


professionali, organizzativo-gestionali e della disciplina del rapporto di lavoro; a tale tipologia di attività formative va riservato almeno il 35% del monte ore relativo alla formazione esterna.


I contenuti di carattere professionalizzante sono invece differenziati in funzione delle singole figure professionali.


La formazione esterna all’azienda, debitamente certificata, vale come credito formativo nell’ambito del sistema formativo integrato, anche in vista di eventuali iniziative formative di completamento dell’obbligo.


La formazione esterna all’azienda deve avere una durata di almeno 120 ore annue; tale quantità deve essere intesa quale limite minimo posto dal legislatore a tutela della primaria esigenza formativa da assicurare all’apprendista e, pertanto, non può essere ridotta nemmeno nei confronti di apprendisti in possesso di titolo di studio post-obbligo (ML, nota n. 5/2007).


I contratti collettivi possono stabilire durate inferiori per gli apprendisti in possesso del titolo di studio post-obbligo o di attestato professionale idoneo rispetto all’attività da svolgere.


In caso di erogazione di formazione esclusivamente aziendale ai sensi dell’art. 49, c. 5-ter, D.Lgs. n. 276/2003, le aziende possono erogare direttamente, entro i limiti stabiliti dai contratti collettivi di lavoro, la formazione degli apprendisti, svincolandosi dalla definizione regionale dei profili formativi; le aziende articolate su più unità produttive possono accentrare tutte le comunicazioni obbligatorie presso un solo sistema informatico regionale, secondo le modalità indicate dal Ministero del lavoro (ML nota n. 6011/2008).


La violazione dell’obbligo formativo può determinare l’accertamento di una volontà effettiva delle parti di realizzare un normale rapporto di lavoro subordinato. Comunque in caso di inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità proprie di ciascuna delle tipologie di contratto di apprendistato previste, il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100%. La maggiorazione così stabilita esclude l’applicazione di qualsiasi altra sanzione prevista in caso di omessa contribuzione (art. 53, c. 3, D.Lgs. n. 276/2003); per l’accertamento della responsabilità in caso di opzione per la formazione in ambito esclusivamente aziendale ai sensi dell’art. 49, c. 5-ter, D.Lgs. n. 276/2003, si veda la circolare del Ministero del lavoro n. 27/2008.


Cessazione del rapporto e attribuzione della qualifica
Il rapporto di apprendistato cessa:


– al compimento del periodo massimo di durata dell’apprendistato stabilito dalla legge o dai contratti collettivi;


– al conseguimento della qualifica;


– per licenziamento (giusta causa o giustificato motivo) o dimissioni prima della scadenza del termine.


La normativa di tutela contro i licenziamenti si applica all’apprendista nel corso del rapporto, ma alla fine di questo il datore di lavoro è libero di mantenere in servizio il lavoratore con un normale rapporto di lavoro subordinato o di licenziarlo ai sensi dell’art. 2118 cod. civ. (C. Cost. 169 del 1973).


Alla scadenza del contratto, se il datore di lavoro non dà disdetta ai sensi dell’art. 2118 cod. civ., il rapporto di apprendistato si trasforma in un normale rapporto di lavoro subordinato e il periodo prestato come apprendista è computato nell’anzianità di servizio (art. 19, L. n. 25/1955).


La legge prevede che al termine dell’addestramento pratico e dell’insegnamento complementare l’apprendista sostenga le prove di idoneità all’esercizio del mestiere che ha formato oggetto dell’apprendistato.


Gli apprendisti che hanno 18 anni di età ed hanno effettuato almeno 2 anni di addestramento pratico possono chiedere di essere ammessi a sostenere la prova di idoneità in qualsiasi momento del rapporto per ottenere la qualifica.



Adempimenti amministrativi
Oltre alle comunicazioni di assunzione e cessazione, i datori di lavoro hanno l’obbligo di comunicare, nel termine stabilito dall’art. 1, c. 1180-1185, L. n. 296/2006, al Centro per l’impiego territorialmente competente, la trasformazione del contratto di apprendistato in contratto a tempo indeterminato.


Fino al 24 giugno 2008 i datori di lavoro dovevano altresì comunicare:


– alla competente struttura regionale o provinciale, i dati dell’apprendista e del tutore aziendale;


– al Centro per l’impiego territorialmente competente i nominativi (la legge prevedeva per questa comunicazione il termine di 10 giorni dalla data di attribuzione della qualifica (art. 24, c. 3 e 4, D.P.R. n. 1668/1956). Si ritiene peraltro che tale termine sia stato successivamente sostituito da quello generale di 5 giorni stabilito dal D.Lgs. n. 297/2002):


– degli apprendisti che hanno conseguito la qualifica;


– di quelli che, avendo compiuto l’intero periodo di apprendistato, non l’hanno acquisita;


– di quelli che hanno compiuto 18 anni ed effettuato un biennio di addestramento pratico, ai quali non sia stata attribuita la qualifica.


Tali obblighi di comunicazione sono venuti meno con l’entrata in vigore del D.L. n. 112/2008, conv. L. n. 133/2008.


Sanzioni

























Fattispecie



Sanzione



Inosservanza agli obblighi di cui all’art. 11, L. n. 25/1955



(*) Sanzione amministrativa da € 515 a € 770 (art. 23, c. 1, lett. b), L. n. 25/1955). Estinzione mediante diffida/prescrizione: € 515 (a seconda dei casi non applicabile)



(*) Importi sanzionatori quintuplicati ex art. 1, c. 1177, L. n. 296/2006



Comunicazione da parte del datore di lavoro artigiano al Centro per l’impiego dell’assunzione come apprendista di soggetto che non svolga effettivamente l’attività (art. 29, c. 1, lett. b), L. n. 25/1955)



(*) Sanzione amministrativa da € 1.290 a € 2.065 (art. 29, c. 1, lett. b), L. n. 25/1955). Estinzione mediante diffida/prescrizione: € 1.290.



(*) Importi sanzionatori quintuplicati ex art. 1, c. 1177, L. n. 296/2006.




Fonti – D.Lgs. 276/2003 – ML circ. 40/2004, 30/2005, 27/2008


Disciplina integrativa previgente: L. 25/1955; D.P.R. 1668/1956; L. 56/1987; L. 196/1997

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