Home Digitale Lavorare su Zoom stanca: un studio di Stanford spiega cause e rimedi

Lavorare su Zoom stanca: un studio di Stanford spiega cause e rimedi

La cosiddetta “fatica da Zoom” non è un problema solo di Zoom: le piattaforme di video chat e videoconferenza più popolari hanno difetti di progettazione che logorano la mente e il corpo umano.

A metterlo in evidenza è uno studio della Stanford University che non solo ha identificato le quattro cause di questa fatica da Zoom, ma ha anche individuato dei modi semplici per mitigarne gli effetti.

Spinto dal recente boom delle videoconferenze, il professore di comunicazione Jeremy Bailenson, direttore fondatore dello Stanford Virtual Human Interaction Lab (VHIL), ha esaminato le conseguenze psicologiche del trascorrere ore al giorno su queste piattaforme.

Proprio come “Googling” per le ricerche sul web, in questo ambito anche “Zooming” è diventato un termine generico per indicare le videoconferenze, ed è in tal senso che viene utilizzato in questa ricerca.

Nel primo articolo peer-reviewed che analizza sistematicamente la fatica da Zoom da una prospettiva psicologica, pubblicato sulla rivista Technology, Mind and Behavior il 23 febbraio, Bailenson ha valutato Zoom nei suoi singoli aspetti tecnici, identificando quattro conseguenze delle chat video prolungate che, secondo lui, contribuiscono alla sensazione comunemente nota come “fatica da Zoom”.

Il professor Bailenson ha sottolineato che il suo obiettivo non è quello di gettare discredito su una particolare piattaforma di videoconferenza: egli stesso apprezza e usa regolarmente strumenti come Zoom.

Lo scopo è piuttosto quello di evidenziare come le attuali implementazioni delle tecnologie di videoconferenza siano estenuanti e di suggerire cambiamenti di interfaccia, molti dei quali sono semplici da attuare.

Inoltre, l’intento è quello di fornire suggerimenti per gli utenti e le organizzazioni su come sfruttare le attuali caratteristiche delle videoconferenze per diminuire la fatica.

Le quattro cause della fatica da Zoom

fatica da Zoom

1) Una quantità eccessiva di contatto visivo ravvicinato

Sia la quantità di contatto visivo nelle videoconferenze sia la dimensione dei volti sugli schermi è innaturale, avverte Jeremy Bailenson. In una riunione normale, le persone guardano l’oratore, prendono appunti o guardano altrove, mentre nelle chiamate con Zoom tutti guardano tutti, tutto il tempo. La quantità di contatto visivo è drammaticamente aumentata. Secondo Bailenson l’ansia sociale di parlare in pubblico è una delle più grandi fobie che esiste nella nostra popolazione: quando siamo lì e tutti ci fissano, è un’esperienza stressante.

Un’altra fonte di stress è che, a seconda delle dimensioni del monitor e se si utilizza un display esterno, i volti nelle videoconferenze possono apparire troppo grandi per il proprio livello di comfort. In generale, per la maggior parte delle configurazioni, nelle conversazioni a due si vede il volto dell’interlocutore a una dimensione che simula uno spazio personale che normalmente si sperimenta quando si è più intimi con qualcuno, ha messo in evidenza Bailenson. Quando il volto di qualcuno è così vicino al nostro nella vita reale, il nostro cervello lo interpreta come una situazione intensa che genera uno stato di iper-eccitazione.

La soluzione che suggerisce Bailenson è la seguente: Fino a quando le piattaforme non cambieranno la loro interfaccia, il consiglio è di non usare Zoom a tutto schermo e di ridurre la dimensione della finestra di Zoom rispetto al monitor, per minimizzare le dimensioni del viso, e di usare una tastiera esterna per permettere un aumento della bolla di spazio personale tra se stessi e la griglia.

2) Vedersi costantemente durante le videoconferenze è faticoso

La maggior parte delle piattaforme video mostra un riquadro di come appariamo sulla telecamera durante una chat, ma questo è innaturale, ha evidenziato Bailenson, che ha citato studi che dimostrano che quando si vede un riflesso di se stessi, si è più critici verso se stessi. Molti di noi ora si vedono in video chat e videoconferenza per molte ore ogni giorno, costantemente e in tempo reale, e ciò è stressante.

Per attenuare questo effetto Bailenson raccomanda che le piattaforme cambino l’impostazione predefinita di trasmettere il video sia a se stessi che agli altri, quando deve essere inviato solo agli altri. Nel frattempo, gli utenti dovrebbero disattivare la vista di se stessi.

3) Le video chat riducono drasticamente la mobilità abituale

Le conversazioni telefoniche personali e audio permettono agli esseri umani di camminare e muoversi. Ma con le videoconferenze, la maggior parte delle telecamere hanno un campo visivo fisso, il che significa che una persona deve generalmente rimanere nello stesso punto. Il movimento è limitato in modi che non sono naturali. Bailenson afferma che c’è una ricerca crescente ora che dice che quando le persone si muovono, rendono meglio a livello cognitivo.

Come soluzione a questo problema, Bailenson raccomanda alle persone di prestare più attenzione alla stanza in cui si fanno le videoconferenze, a dove è posizionata la telecamera e se cose come una tastiera esterna possono aiutare a creare distanza o flessibilità. Per esempio, una telecamera esterna più lontana dallo schermo permetterà di camminare e prendere appunti nelle riunioni virtuali proprio come facciamo in quelle reali. Inoltre, spegnere periodicamente il proprio video durante le riunioni è una buona regola di base da stabilire per i team, solo per concedersi un breve riposo non verbale.

4) Il carico cognitivo è molto più elevato nelle video chat

Bailenson nota che nella normale interazione faccia a faccia, la comunicazione non verbale è abbastanza naturale e ognuno di noi fa e interpreta naturalmente gesti e spunti non verbali in modo subconscio. Ma nelle video chat, dobbiamo lavorare di più per inviare e ricevere segnali. Ciò aggiunge un carico cognitivo perché si usano più energie mentali per comunicare.

Come soluzione, Bailenson suggerisce, durante i tratti più lunghi delle riunioni, di concedersi una pausa “solo audio”. Questo non significa semplicemente spegnere la videocamera per prendersi una pausa dal dover essere attivi non verbalmente, ma anche allontanare il corpo dallo schermo, ha sottolineato Bailenson.

Sul sito dello Stanford Virtual Human Interaction Lab sono disponibili ulteriori dettagli e spiegazioni sullo studio del professor Jeremy Bailenson.

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