L’arredamento italiano fa leva sui mercati esteri

Secondo Roberto De Martin, direttore generale di Federlegno-Arredo, è necessario rivedere le logiche produttive e commerciali per intercettare clienti potenziali non ancora raggiunti

Roberto De Martin, direttore generale di Federlegno-ArredoIl mobile italiano tutto sommato è in salute. Nel 2007 i principali indicatori hanno fatto registrare i tassi più alti degli ultimi sei anni e l’export ha fornito segnali molto incoraggianti. Nell’istantanea del settore scattata dalla ricerca realizzata da The European House Ambrosetti, sono tuttavia evidenziate alcune criticità che devono essere affrontate in fretta, se non si vuole che i costi crescenti delle materie prime e il rallentamento della domanda previsto già per la seconda metà dell’anno pongano un freno allo sviluppo del comparto.
B2B24.IT ne ha parlato con Roberto De Martin, direttore generale di Federlegno-Arredo, associazione che insieme ad Assarredo ha commissionato l’indagine.

Come si è comportato il settore arredamento italiano nel 2007?
Il forte orientamento ai mercati esteri è stato uno degli elementi più caratterizzanti della congiuntura del 2007. Il fatturato, che ha raggiunto quasi 23,7 miliardi di euro, è aumentato rispetto al 2006 del 3,9%, sospinto dalla forte accelerazione delle esportazioni che sono cresciute dell’8%. Un risultato, nel decennio, secondo solo al 15,2% registrato nel 2000. Le esportazioni sono salite complessivamente a 12 miliardi di euro, che rappresentano il 50,6% del fatturato complessivo: anche questo è un risultato storico dall’inizio del decennio.
Ma insieme alla componente congiunturale questi dati incorporano elementi strutturali di cambiamento delle imprese: è indubbio che il nostro sistema, che conta 34.429 imprese e 231.853 addetti, è destinato a modificare il modo di competere.

Come stanno reagendo le imprese ai cambiamenti sul mercato internazionale?
Le imprese stanno modificando il loro sistema competitivo: le logiche strettamente produttive, orientate quasi esclusivamente a garantire la qualità del prodotto, hanno lasciato il posto a una strategia integrata, che unisce la qualità del prodotto con gli investimenti nella distribuzione e nel marchio. È cambiato l’atteggiamento: mentre prima si guardava ai mercati lontani con timore, oggi si cerca di intercettare la domanda dove cresce di più. Questo però richiede logiche produttive e commerciali diverse dal passato e quindi una profonda revisione delle procedure aziendali.
Una delle trasformazioni più significative è stata quella del contract. In Russia, negli Emirati Arabi, ma anche in Cina e in India le nostre aziende stanno sfruttando le opportunità che offrono questi paesi a rapida crescita economica e che stanno investendo molto sia nell’edilizia residenziale sia in quella commerciale e alberghiera. Tutti mercati che stanno crescendo a due cifre ma richiedono approcci molto diversi dal passato,

Qual è il mercato potenziale a cui il nostro arredo può ambire?
Riuscendo a conquistare anche solo il 10% del mercato potenziale con uno sforzo collettivo offriremmo al Sistema Italia un beneficio pari a 10 punti di Pil. Per mercato potenziale intendo quella quota di consumatori mondiali che sono affascinati e attratti dall’Italian life style ma non ancora pienamente raggiunti dai nostri prodotti, sia perché mancano strutture distributive adeguate sia perché mancano strategie di marketing complessive che sappiano valorizzare il nostro potenziale.
In questa direzione va segnalata anche la nostra adesione all’Intesa Interassociativa, nell’ambito della quale abbiamo contribuito a mettere a punto il documento di proposta al Governo. Proprio recentemente ne abbiamo discusso incontrando il Ministro per lo Sviluppo Economico Scajola.

La principale criticità evidenziata dalla ricerca di The European House Ambrosetti è relativa alla ridotta dimensione delle aziende. Viene suggerita l’ipotesi dell’aggregazione. In che modo può essere realizzata?
Per poter superare la forte frammentazione occorre incoraggiare modelli di aggregazione capaci di raggiungere quella dimensione indispensabile ad affrontare la sfida dell’internazionalizzazione. Si può arrivare a questo mediante la creazione di poli, ovvero il modello di aggregazione per acquisizione, poco presente nell’arredo ma adottato in misura significativa in altri settori come la moda. È una formula che consente maggior forza negoziale nei confronti di partner, retailer e real estate developer e più capacità attrattiva di managerialità di alto profilo.
Le alleanze strategiche possono essere una seconda possibile strategia di aggregazione, flessibile, volta a ricercare economie di scala a livello retail con la messa in comune di strumenti di marketing avanzati, adozione di tecnologie sofisticate per la presentazione visiva e la capacità di misurare i bisogni dei target definiti. L’aggregazione “a progetto” è invece una strategia di varia natura (produttiva, di marketing, distributiva) utile per far fronte alle opportunità di business che richiedono salti di scala non sostenibili da singole imprese. In questo modello è però determinante la presenza di un capofila. Infine c’è il modello di aggregazione tra retailer indipendenti, che consente lo sviluppo di piattaforme comuni, logistiche, informative e relazionali nella gestione del canale.

Altra criticità: il design italiano non sembra essere più elemento sufficiente per vincere la competizione. Su cosa di deve puntare, allora?
Effettivamente, la grande abilità nell’industrializzare prodotti ad alto contenuto creativo che ha rappresentato da sempre il punto di forza del settore non è più sufficiente per rimanere leader sul mercato mondiale. Bisogna puntare su una innovazione che non sia solo di prodotto ma che sappia coniugare la componente creativa ed estetica con alti contenuti funzionali, tecnologici e processuali, affinché il prodotto realizzato risponda a precise esigenze di mercato e di coerenza, sia con la filosofia del brand aziendale sia con il percepito proveniente dal posizionamento.
Inoltre, per essere il punto di riferimento dell’Italian Life Style occorre in primo luogo ridiventare il centro gravitazionale della cultura internazionale del design, agevolando l’attività dei grandi designer che si formano e collaborano con aziende italiane. Occorre quindi investire nella formazione. Non dimentichiamoci che possiamo definire il nostro settore come quello che più ha l’originale caratteristica di importare cervelli: designer da tutto il mondo che trovano nel nostro Paese gli imprenditori in grado di produrre, di ingegnerizzare la loro creatività.

I costi alle stelle di energia e carburanti stanno incidendo anche sul comparto arredamento?
Negli ultimi mesi del 2007 e nella prima metà del 2008 si è assistito a una crescente tensione sui prezzi delle materie prime, generalizzata per tutti i comparti ma che assume un’intensità maggiore per il settore legno. A questo timore si associa anche il rallentamento della crescita degli ordinativi della seconda parte dell’anno. Siamo di fronte ancora a segnali deboli di inversione congiunturale, ma non possiamo trascurarli. I primi dati del 2008 forniscono segnali contrastanti: il settore complessivamente cresce ma più lentamente e con minore omogeneità tra i comparti.

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