L’approccio alla sicurezza deve cambiare

Per affrontare il mercato, ogni operatore della catena distributiva deve focalizzarsi sul proprio ruolo con una professionalità che l’utenza finale deve imparare a riconoscere

Gennaio 2006, È il classico problema culturale. Nonostante la sicurezza sia
apparentemente un tema sentito e ci sia pure la legge in Italia (Dlgs
196/2003) che obbliga le aziende a proteggere i propri dati, gli investimenti
in questo ambito non sono ancora decollati, specie presso le Pmi, che
non hanno al loro interno le risorse adeguate per affrontare questo problema.
In genere basta un fire-wall e un antivirus per farle sentire protette,
ma i protagonisti del nostro Faccia a faccia con il business (Computer
Associates
, il distributore J.Soft e il system
integrator DeltaDator) sono tutti concordi nel dire che
la sicurezza è ben altro, e che è tempo che venga riconosciuta
la reale professionalità di chi vende sicurezza attraverso la completezza
di un progetto vero e proprio. Tra i partner che hanno preso sul serio,
da qualche anno a questa parte, questo settore di mercato, DeltaDator,
system integrator del Nord Est (80 milioni di fatturato e 450 dipendenti)
ha pensato di differenziarsi attraverso la certificazione.

«Il nostro approccio alla sicurezza è diverso da quello
di altri Var/system integrator. Quando abbiamo iniziato a puntarci veramente

– racconta Renato Toscana, direttore area infrastruttura
circa tre anni fa abbiamo voluto certificare i nostri sistemisti
Bs7799, una certificazione che detta le regole per affrontare il tema
sicurezza dal punto di vista metodologico. Siamo, infatti, convinti che
la tecnologia, senza un supporto metodologico, possa servire a poco. Per
noi la parte tecnica viene dopo, ma il primo approccio è di questo
tipo. A distanza di anni, gli onerosi investimenti (perché le certificazioni
costano e parecchio! – sottolinea -) ci hanno dato ritorni interessanti»
.
L’approccio di DeltaDator è un caso esemplare – spiegano Andrea
Vinco
, sales manager e Fulvio Generoso, senior
consultant della divisione tecnica storage di Ca che non è comunque
tra i fornitori di DeltaDator – «poiché ha fatto un tipo
di investimento che gli sta dando dei frutti. I rivenditori che, invece,
non stanno impiegando nessuna risorsa hanno difficoltà nell’andare
a proporre sicurezza per la quale, evidentemente, la strategia vincente
è proprio quella di un approccio consulenziale»
.

«Sono totalmente d’accordo – specifica Vinco – che
sicurezza e protezione non significano solo antivirus, mentre è
importante dare al cliente la percezione che quel prodotto dà dei
risultati per l’intera gestione della sua attività»
.
«Il vero problema è che spesso agli end user, e mi riferisco
in questo caso alle Pmi, mancano le risorse non tanto economiche, quanto
umane
– precisa Generoso – non hanno cioè le competenze
per occuparsi di questo»
. Si capisce, allora, che da un lato
le piccole e medie imprese faticano a comprendere il valore di un investimento
sulla sicurezza e dall’altro non tutto il canale segue il giusto approccio,
spesso liquidando il problema con prodotti pacchettizzati.
Ma qual è la responsabilità degli addetti ai lavori per
aiutare il mercato a decollare?

Cosa possono fare gli operatori
«Per aiutare soprattutto le Pmi a investire realmente, a nostro
avviso
– spiegano Vinco e Generoso – dobbiamo offrire soluzioni
semplici da integrare, che coprano l’esigenza di protezione dei dati in
maniera integrata e totale. Inoltre, ciò che facciamo è
formazione, in maniera periodica e gratuita, istituendo dei seminari,
e soprattutto organizzando eventi insieme ai partner»
.

«Da parte nostra – dice Antonino Gazzella,
sales manager di J.Soft, distributore specializzato nel software, che
da tempo lavora con DeltaDator – cerchiamo di semplificare al massimo
l’operatività dei Var/system integrator, rendendo disponibili e
operative tutte le informazioni dei vendor, facendo risparmiare tempo
ai partner nella ricerca dei prodotti»
.

Le provocazioni del system integrator

Fino a qui, tutti d’accordo. Ma la questione entra nel vivo quando riprende
la parola Roberto Postal, vice presidente di DeltaDator,
che con molta chiarezza e poca polemica lancia, più che un rimprovero,
un appello, affinché il modo di fare business possa migliorare.
«Ciò che mi auguro è che sulla sicurezza ciascun
attore della filiera distributiva possa rivolgersi al mercato con il proprio
ruolo
– sostiene –. La sicurezza è un tema relativamente
recente, mentre conosciamo bene il mondo degli applicativi. Il mio timore
è che succeda sulla sicurezza ciò che sta succedendo con
il software»
. Il problema è nei seguenti termini: dopo
che un rivenditore a valore si trova a lavorare su un progetto presso
un cliente di un certo peso, arriva il momento in cui il cliente deve
acquistare le licenze e, incurante della professionalità dell’azienda
che gli ha fatto la consulenza, le acquista da chi vuole, da chi gli offre
il prezzo migliore, scatenando una vera e propria battaglia non solo tra
i rivenditori, ma a volte persino tra gli stessi distributori.

«Bisognerebbe lavorare meglio. Fermo restando la libertà
dell’utente finale che può acquistare dove vuole, tra noi operatori
dovremmo trovare il modo che venga quanto meno riconosciuta la professionalità
di chi ha fatto investimenti di un certo livello, per garantire un servizio
di un certo valore, evitando che questa professionalità venga del
tutto ignorata, nel momento in cui l’end user decide di rivolgersi a un
altro partner per acquistare i prodotti. La catena del valore deve essere
riconosciuta, altrimenti non ha senso per un rivenditore investire in
competenze»
. Gli fa eco Toscana di DeltaDator: «Il
rischio del fenomeno descritto da Postal è la banalizzazione delle
competenze, dopodiché si tende a non investire più in partner
program o certificazioni di sorta, visto che il mercato non le riconosce
e si finisce per convincere il mercato che la sicurezza è ancora
una volta un semplice scatolotto da comprare dove si vuole»
.

Anche il distributore, pur difendendo la categoria, conferma che occorre
fare in modo che il mercato riconosca il valore di chi un progetto lo
ha iniziato.
«Bisogna trovare un accordo su questo – dice Gazzella –.
Auspichiamo che, specie per trattative importanti, il vendor sia presente,
che riesca a proteggere il partner attraverso dei supporti che poi il
cliente finale sia "costretto" a riconoscere come valore»
.
In qualità di vendor, Computer Associates accetta la provocazione:
«Quando lavoriamo con un partner in un progetto ci sono diversi
modi per proteggere il suo lavoro. Il fatto di presentarci insieme è
già una forma di protezione. Per quel che ci riguarda
– chiosa
Vinco – mi sento di dire che la maggior parte delle volte riusciamo
a portare a casa la trattativa nel modo corretto»
.

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