L’analisi del cloud ibrido

La fa Enterprise Management Associates su un numero ristrettissimo di vendor. Solo in 7, infatti, hanno acconsentito a sottoporsi al suo Radar. I risultati sono interessanti, eccoli.

La Enterprise Management Associates, in breve EMA, ha recentemente rilasciato il suo Radar for Integration Technologies for Hybrid Cloud relativo al quarto trimestre del 2012.
Il radar è stato proposto a 30 aziende, delle quali solo 7 hanno accettato: Adeptia, Dell, Ibm, Informatica, Pervasive, Rightscale e Scribe. Non hanno accettato le altre dieci, per vari motivi: tra loro, Attunity e Connection Cloud sono ancora in sviluppo; Microsoft e Sap non hanno manifestato interesse a partecipare; un rifiuto diretto è venuto da Composite, Jaspersoft, Oracle, Hp, Hubspan e Talend.

Il materiale di analisi del rapporto è stato raccolto tra il 2011 e il 2012.
La ridotta partecipazione dei player sembra indicare una generica mancanza di interesse per l’analisi, ma solo in prima battuta. In realtà, i prodotti sono estremamente diversi tra loro anche se apparentemente indirizzano segmenti di mercato simili. A nostro avviso è solo un elemento coprente: in realtà, l’attuale frammentazione delle soluzioni software e delle disponibilità di hardware e reti rende l’integrazione ancora più artigianale e laboriosa che non in un recente passato più industriale.

“La grande sfida di questo tipo di valutazione è andare oltre al semplice confronto di funzionalità ricercando – dice Julie Craig, l’analista di EMA che ha redatto il rapporto – e prendere in considerazione il punto di vista del cliente”. Per questo motivo, ogni caratteristica di prodotto scelta nella valutazione è pertinente solo se risolve un problema di business specifico e importante.

Definiamo l’ibrido
Ricerche di questo tipo richiedono fin dall’inizio attenzioni particolari nella definizione del termine “cloud ibrido” e dell’individuazione di più livelli. EMA considera i molteplici scenari dell’integrazione tra più transazioni, applicazioni o servizi ed individua quattro casi d’uso:

– Integrazione tra applicazioni on-premise e qualsiasi “sapore” di cloud pubblico generico (IAAS, PAAS o SAAS).
 
– Integrazione tra applicazioni on-premise e quelle su cloud (pubblico o privato) di fornitori, partner o cloud provider specifico del settore.
 
– Connessioni su cloud pubblico tipo SAAS -SAAS o IAAS-IAAS.
 
– Applicazioni simili, distribuite e collegate, eseguite fuori della portata di un tradizionale centro dati privato.

Per rientrare nel radar, ciascun prodotto ha dovuto supportare almeno uno dei quattro tipi. Sono ovviamente indicati livelli superiori a quelli minimi, definiti “ideali”, ma la lista è molto lunga e scende nel tecnico.
I risultati sono stati ottenuti secondo cinque parametri: funzionalità, sviluppo/amministrazione, costi, forza del vendor e architettura/integrazione.
La rappresentazione grafica su Kiviat a 5 dimensioni proposta da EMA identifica immediatamente un lieve sbilanciamento generico a vantaggio di amministrazione e vendor e a svantaggio dell’integrazione. Sarebbe interessante scorporare le questioni architetturali di integrazione, un elemento che nei dati del rapporto sintetico non sono disponibili.

Un altro aspetto significativo è che la soluzione di mercato che ha raggiunto il punteggio maggiore ha esattamente lo stesso grado di funzionalità della media delle sette proposte considerate: ciò identifica con assoluta certezza che, almeno per quanto rientra nell’EMA Radar, nel cloud privato le funzionalità in senso stretto non sono un fattore differenziante.

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