La via italiana alla modernità

La relazione del sociologo Enrico Finzi traccia una veloce storia del rapporto degli italiani con le tecnologie

Un Paese che sta cambiando volto che da fanalino di coda europeo nel campo
dell’high tech è risalito fino a metà classifica. E’ questa l’Italia secondo
Enrico Finzi, sociologo, presidente di Astra Ricerche che in
occasione della presentazione della filiale italiana di Skype
ha svolto una relazione sul rapporto fra gli italiani e le nuove tecnologie.




“L’Italia è stata
sin dagli anni Novanta
un Paese profondamente contradditorio
– è l’esordio di Finzi –. Da un lato investito da tempo da una profonda rivoluzione tecnologica che, specie dalla metà degli anni Cinquanta, l’ha trasformata da Paese agricolo a industrial-terziario, mentre dall’altra ancora nel 1991 era caratterizzata da un singolare mix di lontananza e di ostilità culturale nei confronti della tecnologia e dell’informatica, dal 60% della popolazione dai 14 anni in su non conosciute e non comprese, oppure guardate con sospetto”.


Un’indagine svolta da Astra nel 1991 mostrava che il
prodotto tecnologico più apprezzato era la lavatrice
.
Gli anni Novanta sono stati decisivi per il cambiamento culturale. In poco più di tre lustri quasi tredici milioni di adulti sono passati a un atteggiamento di conoscenza dell’informatica rovesciando la realtà di un popolo che meno di vent’anni prima era in fondo alle classifiche europee e oggi si colloca a metà della graduatoria continentale.


Oggi i fun maniacs sono il 5,4%
della popolazione, gli heavy user il 6%, i deboli pro il 54,4%, gli impauriti il 22,6% e i lontani l’11,6%. Un ottavo della popolazione è totalmente estraneo al mondo della modernità.
Meno di un quarto, età sopra i 45 anni,
donne, con reddito e titolo di studio medio-bassi, residente nel nord-ovest, nel
Triveneto e nel centro-sud oltre che nei comuni sotto i trentamila abitanti,
si caratterizza per non capire la tecnologia ma per esserne un
utilizzatore inconsapevole e sospettoso. La usa ma non la ama ed è la versione
contemporanea del buon selvaggio. In definitiva, però, il grosso del Paese è
abituato a interagire con le tecnologie informatiche e guarda a esse con favore.

Nonostante questo gli italiani si caratterizzano per delle
differenze sostanziali

con gli europei.


Sono più sospettosi
e bisognosi di rassicurazioni (funzionerà? Non si romperà?).
Pretendono
prodotti e funzioni semplici
, non complessi, ripetitivi che rendano più semplice la vita.
Odiano i libretti
d’istruzione
, non sanno leggerli, li criticano con virulenza in quanto
mal scritti e incomprensibili. La maggioranza dell’utenza non ama il
frequente rinnovo della gamma
, dei modelli, dei dettagli con una sola
eccezione costituita dall’estetica e dal design.


Gli italiani, poi, sono uno degli ultimi
Paesi d’Europa

nell’utilizzo integrale di tutte le funzioni offerte da un prodotto tecnologico.
Sono fra gli ultimi in Europa nell’uso di prodotti tecnologici per cercare informazioni, fare ricerche, acquisire dati.
Sono in fondo alla classifica continentale per gli acquisti
a distanza tramite posta, telefono e Internet.




Sono molto indietro nel ranking
europeo

delle imprese dotate di un sito o di un portale Internet davvero interattivo.

Ma c’è un aspetto su cui noi italia siamo in testa in Europa e ai primissimi posti nel mondo : ed è il parlare utilizzando ogni tecnologia. Qui siamo pressoché imbattibili tanto che l’antropologo australiano Eugene Beauty ha parlato di una vera e propria “Italian way to technology”.



Siamo i maggiori utilizzatori del telefono
fisso
per comunicazioni personali, del cellulare per le medesime
motivazioni, di Internet per le stesse finalità. La via italiana alla modernità
risulta quindi caratterizzata da un favore recente e da poco consolidato per la
tecnologia; dal consueto mix italico di tardività e rapida rincorsa adeguatrice,
dal persistere di sospetti e domande di rassicurazione, con forti bisogni di
semplicità e sicurezza; soprattutto da una fortissima relazionalità, dal gusto
dominante del chiacchierare non con obiettivi di lavoro. In pratica – osserva
infine Enrico Finzi – siamo nel pieno del trionfo dell’italica
“estroversione socializzante”, dell’apertura agli altri, della solarità
perditempo, dell’impicciarsi dei fatti altrui. E allora non c’è dubbio
Skype sta avendo ancor più avrà qui un grandissimo successo.

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