La valenza di un approccio di B2E per motivare le risorse strategiche

Visto che i dipendenti sono sempre più un bene per le aziende, nove società operanti a contatto diretto con i decision maker delle politiche di Hr hanno dato vita a un progetto di business-to-employee, per valutare quali soluzioni siano vantaggiose per entrambe le parti in causa.

Sempre più si sta riscoprendo il valore delle risorse umane come chiave strategica e funzionale agli obiettivi aziendali. Crescendo l’importanza di conoscere e supportare il business e di offrire un alto livello di servizio, le aziende, allo stesso tempo, sviluppano insieme agli strumenti tradizionali una diversa attenzione per il cliente interno e per le sue necessità di equilibrare vita e lavoro. Nove società operanti a contatto diretto con i decision maker delle politiche delle risorse umane (Individual Training, Gemeaz Cusin, Ing Employee Benefits, Ing Car Lease, Ipsoa Editore, Jolly Hotels, Mercer Human Resource Consulting, Monster Italia e Randstad), hanno così dato vita a un progetto comune, denominato B2E (business-to- employee), improntato a tematizzare e analizzare il tema dei servizi al capitale umano. L’iniziativa è stata sviluppata anche con il patrocinio dell’Associazione Italiana per la Direzione del Personale (Aidp).


"La diffusione di benefit e di servizi dedicati al personale dipendente in Italia, pur essendo in aumento, è ancora limitata e, soprattutto, è concentrata nelle imprese multinazionali di grosse dimensioni o in settori specifici come Ict, Gdo, industria farmaceutica e consulenza – spiega Paolo Iacci, consigliere Aidp -. A titolo di esempio, negli Stati Uniti la pratica di considerare i benefit parte integrante della remunerazione del dipendente è ormai consolidata e attuata da oltre il 54% delle Pmi e presenta un elevato tasso di crescita annuo. La differenza nella diffusione dei benefit in Italia è evidente anche a livello di categorie di lavoratori, con i dirigenti indubbiamente privilegiati, i quadri e gli impiegati coinvolti in modo marginale e con la totale esclusione da qualsiasi beneficio per i lavoratori definiti atipici".


Fidelizzare il personale


Anche nel nostro Paese, il capitale umano ha cominciato a rientrare a pieno titolo fra gli asset di un’impresa; quello che emerge dalle indagini effettuate è l’esigenza, per le imprese, di individuare forme di gestione, remunerazione e fidelizzazione dei propri lavoratori, differenti da quelle tradizionali. La gerarchia delle soluzioni percorribili vede al primo posto un possibile incremento della retribuzione, veicolato attraverso i benefici aggiuntivi (servizi previdenziali e assistenziali, piani di formazione, servizi di voucher e ristorazione, auto e mobilità, business travel, corporate card e via dicendo), che sono sempre più apprezzati sia dalle aziende che dai lavoratori dipendenti. Questa alternativa è gradita dall’azienda perché permette di detrarre fiscalmente una quota rilevante dei costi sostenuti e rappresenta un fattore distintivo rispetto a società concorrenti, mentre per il dipendente rappresenta un significativo aumento del reddito reale grazie a una minor spesa per prodotti o servizi ormai parte dello status sociale del lavoratore.


Il cambiamento di rotta sta nel percepire il benefit come un servizio a tutti gli effetti, che da un lato comporta dei vantaggi per la persona che ne usufruisce e dall’altro implica la possibilità di scelta, flessibilità e, naturalmente, qualità. Se si va a guardare la domanda e l’offerta in percentuali statistiche (fonte Mercer Human Resource Consulting), si può vedere da un lato che l’esigenza dell’impresa è soprattutto quella di avere un team work funzionale e altamente operativo (61%), dotato di grande spirito di iniziativa (60%); a seguire vengono innovazione (48%) e multicompetenza (35%). Dall’atro lato, le cause del turnover dei dipendenti sono la ricerca di nuove opportunità (54%), la retribuzione competitiva (44%), il clima (25%) e la ricerca di un equilibrio vita/lavoro (25%). Se la gestione dei talenti è la risorsa più critica per un’azienda, il piano operativo di retention non può prescindere da una rivalutazione degli elementi di B2E.


"In futuro, il valore di un’impresa dipenderà sempre più dai suoi asset intangibili e, in particolare dalle qualità del capitale umano a disposizione dell’imprenditore – aggiunge Paolo Sassone, Human Capital Practice Leader di Mercer Human Resource Consulting –. Nasce, quindi, il bisogno di ripensare il modo di gestire e remunerare le persone, con l’obiettivo di trattenere le risorse chiave dell’azienda e di ridurre il turnover, limitando costi diretti e indiretti senza però penalizzare gli interscambi professionali. Gli aspetti più importanti di questa nuova filosofia gestionale riguardano le caratteristiche della direzione del personale, che dovrà fornire un supporto efficace e sempre in linea con le nuove esigenze dell’impresa". A questi aspetti bisogna aggiungere la crescente importanza che stanno assumendo la necessità di una corretta comunicazione aziendale diffusa a tutti i livelli (come convention, congressi, formazione e team building, piani di incentivazione), una gestione organizzata del business travel e, più in generale, un nuovo equilibrio tra vita privata e lavoro.


"In un contesto legislativo rigido come quello italiano, la presunta "impossibilità" di essere originali diventa un pretesto per saltare a pié pari problemi che, troppo sbrigativamente, vengono considerati come non superabili – commenta Attilio Pellero, partner e responsabile di Mercer Human Resource Consulting -. Invece, è proprio in contesti legislativi caratterizzati da rigidità e costi elevati che si aprono spazi per uscire dagli schemi e per individuare soluzioni alternative che, soddisfacendo in egual misura le esigenze delle organizzazioni e degli individui, diventano un elemento competitivo importante per il business e nel rispetto della qualità della vita delle persone".

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