La Tv che non c’è

Quando la tecnologia non è una soluzione per tutto.

In settimana, su un arco di tre giorni, a Firenze si è tenuto il congresso europeo Axmedis, centrato sull’omonimo progetto sostenuto dalla Commissione Europea nell’ambito del Sesto Programma Quadro, Information Society Technology, e che coinvolge una quarantina di partner fra gruppi, università e imprese con l’obiettivo di sfruttare le potenzialità dei nuovi media per produrre e distribuire contenuti.

Le conclusioni, riportate in una nota, meritano alcuni commenti.

Pare che dal convegno sia emerso che i programmi della maggior parte delle Tv generaliste sono rivolti a un pubblico non più giovane e ciò allontanerebbe dal mezzo le nuove generazioni; molte Web tv rischierebbero di non attechire, perlomeno dal punto di vista del mercato della pubblicità; e se si parla di infrastrutture digitali, viene denunziato l’ennesimo ritardo.

Partendo dal fondo, che servano interventi per una rete telematica a banda larga esaustiva non c’è nemmeno bisogno di ribadirlo.

Poi, che gli introiti pubblicitari capaci di dare autonomia per le piccole Web Tv possano essere uno scoglio è intuibile (verrebbe da rievocare il detto “natura non facit saltus” se non si fosse timorosi dell’ovvio).

Sul fatto che l’offerta tv tradizionale non si rivolga ai giovani ci sarebbe invece da eccepire. Semmai gli si rivolge male, proponendo modelli e stili su cui ci sarebbe ancora di più da obiettare.

E qui le infrastrutture non c’entrano proprio.

Per fare un programma Tv capace di essere visto, che lasci chi lo vede con la sensazione di essersi arricchito, non c’è bisogno di proporre vacuità, urla e insulti.
E non c’è bisogno della banda larghissima: basta la volontà.

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