In un paio di anni l’azienda conta di raggiungere i 400 GB nei dischi per desktop e i 200 GB in quelli per notebook. Ma il vero obiettivo è il mercato della miniaturizzazione dei server.
Come i suoi concorrenti, anche Ibm sta lavorando intensamente per riuscire a raggiungere capacità da
primato nei propri hard disk. L’ultima novità a riguardo è l’intenzione di inserire nei dischi la tecnologia “pixie dust” il che
consentirebbe di portare in un paio di anni la densità di dati per pollice
quadrato a 100 Gbit, ossia di ottenere hard disk da 400 GB per i desktop, da 200
GB per i portatili e Microdrive da 6 GB.
“Pixie dust”, lo ricordiamo, è il modo in cui in Ibm è familiarmente chiamata
quella tecnologia il cui nome tecnico è media ad accoppiamento
antiferromagnetico e che si basa sulla deposizione di un sottilissimo strato di
rutenio sui dischi all’interno dell’hard disk, nelle zone in cui sono
memorizzati i dati. Questa tecnica consente di aumentare la densità delle
informazioni e quindi aumentare la capacità nel suo complesso. Quella di “Pixie
dust” segue all’introduzione di altre tecnologie sui dischi fissi e cioè la
protezione agli urti e la riduzione del rumore.
Al momento l’obiettivo principale di Ibm non è però l’aumento sfrenato della
capacità sui segmenti desktop e notebook, bensì la possibilità di disporre il
più velocemente possibile di dispositivi in grado di affettare il processo di
miniaturizzazione dei server. È vero, dicono i responsabili dell’azienda, che si
tratta di un settore oggi non molto popolare, ma proprio per questo offre grandi
opportunità di business. Che, ovviamente, Ibm non intende lasciarsi
sfuggire.