La system integration dall’accento canadese si radica in Italia

Presente nel nostro Paese in maniera diretta da circa un anno, Cgi gioca le carte del know how in campo risk management e capital markets, mettendo a calendario ulteriori aspetti di business: outsourcing e insurance.

La base europea, e in particolare italiana, di Cgi deve la sua espansione al merger con Ams (American Management System), acquistata dal system integrator canadese nel maggio dello scorso anno. Prima di quel momento, la società non era presente in modo diretto nel nostro Paese (le uniche sedi del Vecchio continente erano in Francia e in Inghilterra). La mossa ha, invece, fruttato a Cgi una cospicua diffusione, che da noi si concretizza negli uffici milanesi con circa 30 risorse.


Un nome che si sta affermando e che punta il proprio successo su due rami di attività principali: il risk management e il capital markets. Il primo (implementazione di processi per la gestione completa del ciclo di recupero crediti) è cavalcato da Cgi sull’onda dell’esperienza di Ams (che si concentrava sulle Tlc), mentre il secondo rappresenta il bagaglio di competenze proprie (attività svolte per banche d’affari a supporto dell’implementazione, manutenzione, sviluppo ed evoluzione dei sistemi di supporto alle trading room).


"In questo momento ci muoviamo in parallelo sulle due aree – illustra Gian Paolo Pavani, country manager di Cgi in Italia -, ma stiamo ampliando la nostra offerta che si rivolge alle grandi aziende".


Sicuramente, il lato consulenziale rappresenta ancora l’aspetto predominante tra le attività della società. "Proponiamo soluzioni applicative – specifica l’interlocutore – ma anche know how sul business della gestione dei clienti a rischio e sul modo giusto in cui implementare la tecnologia per dare potenza alle capacità delle aziende in questo campo".


I settori consolidati


Nei due mercati, Cgi opera con team separati. Per l’esattezza, circa venti risorse sono dedicate al risk management e una decina al capital markets, ma, l’obiettivo è di farle crescere a breve.


In campo risk management, Cgi non si focalizza su un settore specifico. La soluzione proprietaria Cacs si applica orizzontalmente a tutte le società che presentano l’esigenza di controllare, governare e gestire i crediti verso i clienti. "Cacs ha tanti flavor differenti per i diversi tipi di industry, tenendo conto delle loro unicità, anche se negli ultimi anni si sta assistendo a una convergenza da questo punto di vista – puntualizza Pavani -. In realtà, è riscontrabile anche una sfumatura di Customer relationship management, in quanto il prodotto permette di migliorare i rapporti con i clienti". Sviluppata anni fa, Cacs è stata utilizzata dalle imprese di telecomunicazioni per monitorare le possibili difficoltà e porre dei rimedi preventivi, ad esempio con la comunicazione via sms.


"Lo stesso cammino viene percorso dagli istituti di credito – sostiene il manager – che utilizzeranno sempre più spesso gli strumenti tecnologici per vagliare l’ingresso al credito e gestire i clienti".


In funzione dei cambiamenti legati alla normativa Basilea 2, Cgi propone una soluzione in grado di raccogliere i dati, elaborarli e fornire agli istituti di credito i parametri necessari per la segmentazione della clientela. "A questo si aggiunge il know how professionale – dice ancora il manager – che offriamo per migliorare questa attività che in passato è stata lasciata un po’ nel limbo, con processi disaggregati e confusi".

Chi fa da sé fa per tre


Tendenzialmente, Cgi naviga in solitaria, se non guardando alle partnership come fenomeno tangente. "Nella realizzazione dei progetti, ci è capitato di avere contatti con consulenti di tipo strategico – annota l’interlocutore – che supportavano, ad esempio, le banche nel rivedere le impostazioni di alto livello, mentre noi ci occupavamo delle soluzioni operative nel mondo dei crediti, oppure di operare congiuntamente a società che si occupavano della scrittura dell’interfaccia. In realtà, però, questa non costituisce una strada particolarmente battuta, anche perché, nello specifico settore, disponiamo della nostra soluzione".


Potenzialmente, la società potrebbe implementare anche soluzioni di terzi, ma la situazione non si è mai prospettata. In questo caso, Cgi si limita a fornire consulenza generica in merito alla valutazione e all’assessment di soluzioni operative e organizzative.


Nel mondo del capital markets, che nel suo sviluppo è relativamente recente, Cgi si lega, invece, maggiormente alla tecnologia, con un’ottica specifica di consulenza. La società gestisce degli applicativi non proprietari in diretta relazione con il trader, che ha l’esigenza di modificare il prodotto, magari aggiungendo dei parametri. "Fianco a fianco, procediamo alle modifiche e ai cambiamenti – aggiunge Pavani -. Nel campo ci muoviamo fondamentalmente su Murex e Summit, due standard mondiali per realizzare una trading room, di cui non siamo fornitori ma che conosciamo in modo approfondito".


Rispetto a quanto accade nel risk management, in questa seconda area di attività prevale il profilo del system integrator che interviene, consiglia e risolve senza avere legami diretti con il prodotto. "Aiutiamo i clienti a migrare da una versione all’altra, a fare cambiamenti e ci occupiamo dell’implementazione", evidenzia Pavani.

Le mosse per il futuro


All’obiettivo di svilluppare ulteriormente queste due aree prioritarie, Ggi aggiunge la determinazione di dedicarsi ad altri aspetti di business: l’outsourcing di infrastrutture e di processi (che per la società, a livello mondiale, costituiscono circa il 70% del fatturato, ma che in Italia non sono ancora affermati) e l’insurance, pur senza prefiggersi precise scadenze temporali.


"Tra It e Bpo (Business process outsourcing, ndr) – prosegue Pavani – non è prevista una priorità. Saranno i fatti a dare indicazioni. Certamente, nel nostro Paese, il mercato dell’outsourcing It è più significativo, per quanto modesto". Nei progetti della società, che attualmente non opera direttamente bensì in un quadro internazionale facendo leva sulle competenze dei colleghi inglesi e tedeschi dove esistono già molti progetti in essere, rientra la creazione di una struttura dedicata. "Stiamo considerando l’ipotesi di acquistare un data center che potrebbe rappresentare il cuore anche di progetti non localizzati da noi – continua il manager -. Il fine è di disporre di una struttura fisica in Italia con persone, macchine e applicazioni. Indipendentemente dal settore di attività, anche se il focus principale è sul finance il nostro operato prevede di prenderci cura di una fetta di attività del cliente, dall’application management alla gestione di data center e parco di pc installati".


Per nulla scoraggiata dalle dimensioni del settore specifico nella nostra area, anzi rassicurata dalle propensioni dichiarate delle aziende verso l’offshoring, Cgi ritiene che esista ancora lo spazio per costruire business. "Vorremmo arrivare a un primo deal entro un anno – sottolinea l’interlocutore -. Alle imprese, infatti, non interessa dove siano geograficamente dislocate le conoscenze. Ciò che conta è la capacità di tagliare i costi It di un data center aziendale e la nostra esperienza ci dice che è nelle nostre corde ridurli del 15-20%".


In ambito assicurativo, invece, Cgi intende avvicinarsi al mercato con un’offerta formata dall’applicazione Gios (soluzione per clienti medio-grandi, sviluppata alcuni anni fa) e da altri pacchetti più ridotti. Nel breve periodo (si prevede entro l’anno), comunque, la società punta a un’importante acquisizione (attualmente sono due le imprese nel mirino) che la possa far crescere nel firmamento dei system integrator in Italia dato che, come spiega il manager "ci rendiamo conto che, ad oggi, le nostre dimensioni sono ancora troppo ridotte per poter esprimerci al meglio".

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