La sfida fra Intel e Amd. Parte prima

Quando nasce e come si sviluppa la competizione fra le due società. Lo stop ai cloni del 1985 e la fine dei MHz

Se la comptetizione fra Microsoft e Google vi appassiona
allora non potete lasciar perdere quello che succede fra Intel, Golia, e Amd che
vuole per sé il ruolo di Davide. La lotta, che negli ultimi
tempi si è particolarmente inasprita, è una storia che parte
tanto tempo fa, più o meno, per piazzare un punto di partenza, nel 1985 quando,
come racconta Fabrizio Perretti nel libro “L’economia di Internet”  (Etas, 2000, 246 pp. prezzo dell’epoca 44.000 lire) con l’introduzione della famiglia di microprocessori 80386 a 32 bit da parte di Intel che “scelse di adottare una strategia di produzione esclusiva, interrompendo i contratti di licenza”. La mossa,
aggiunge il professore della Bocconi autore del libro, permette alla società di
Santa Clara di accumulare un vantaggio tecnologico sulla concorrenza “di circa quattro anni su ciascuna famiglia di processore”.


Nasce da lì la schiacciante supremazia di Intel tanto che secondo Dmg
research Insititute nel 1997 la quota di mercato della società oggi guidata da
Paul Otellini era dell’86% contro un misero 12% della rivale. Sono gli anni del
lancio a getto continuo di nuovi processori con la velocità del
clock (i famosi MHz) che diventa l’indicatore della potenza dei processori. Il
risultato però è sempre lo stesso. Intel che guarda dall’alto (molto in alto) in
basso la concorrenza. E allora Amd cambia strada. Nel settembre
2001 decide che la velocità del clock è un parametro insufficiente, che il MHz
non è un indicatore chiaro per i consumatori. La società punta a farsi
riconoscere sul mercato non solo come alternativa alla blasonata concorrente, ma
con una identità propria, che non richieda costanti e infiniti paragoni.
Qualcosa che spinga, in altre parole, gli utenti a ricercare “quel” nome
e “quella” tecnologia
all’interno dei prodotti che stanno per
acquistare.


Per questo Amd decide di smettere di identificare i processori in base alla
velocità espressa in MHz, cercando di convincere gli utenti a prendere in
considerazione anche le effettive prestazioni, misurate moltiplicando i MHz per
il numero di istruzioni che il chip può processare contemporaneamente. E’ una
svolta anche dal punto di vista della comunicazione che anticipa Intel di
qualche mese. La potenza del microprocessore diventa così il frutto di una serie
di fattori. E’ la prima svolta che si accompagna più tardi,
siamo nel 2004, a un altro cambiamento da parte di Amd che decide di non
utilizzare più quella K
che ha sempre indicato i suoi prodotti. Il
motivo della scelta non è banale. Per anni Amd si è mossa portando sul mercato
una generazione di processori alla volta. E dunque una denominazione progressiva
aveva un suo senso. Ora però la società ha adottato un approccio diverso,
multimarket, multipiattaforma, multicanale. Il che significa portare sul
mercato, anche in momenti molto ravvicinati, progetti differenti, indirizzati a
mercati molto diversi tra loro. Arriva il momento degli Athlon,
e degli Opteron a 64 bit che più avanti segneranno il sorpasso, dal punto di
vista tecnologico, della grande rivale. Intel però non sta ferma. Lancia
Centrino (il chip per la mobility) che diventa un indiscutibile successo e viene
seguita sullo stesso terreno da Amd.

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