La sfida del software di virtualizzazione open source

Offerta secondo i termini della General public licence, Xen è la prima soluzione aperta per il partizionamento dei sistemi aziendali. Numerosi e blasonati i fornitori di tecnologia schierati al suo fianco. Tra questi: Intel, Hp, Novell, Red Hat, Amd, Sun e Ibm.

Da qualche mese un nuovo pacchetto software, basato su tecnologia open source, è stato catapultato dall’oscurità alla luce, sostenuto soprattutto dal forte consenso accordato dai principali vendor. Compito di Xen, questo il nome della soluzione, è permettere a sistemi operativi multipli di lavorare sullo stesso computer, una funzionalità che risulta particolarmente utile per ottimizzare la produttività dei sistemi aziendali. Attualmente, tecnologie di questo tipo sono ampiamente diffuse sui server high end mentre sui sistemi mainstream sono garantite solo sfruttando virtual machine proprietarie, come per esempio quella offerta da VmWare, sussidiaria di Emc.


Tra i tanti fornitori già schierati a favore di Xen, molti se ne sono aggiunti in occasione dell’ultimo LinuxWorld, evento durante il quale sono stati già programmati supporti e contributi software. Tra queste aziende spiccano nomi del calibro di Intel, Hewlett-Packard, Novell, Red Hat, Amd e Sun Microsystems mentre Ibm si conferma uno dei più preziosi alleati di questa nuova soluzione tecnologica, soprattutto considerati i decenni di esperienza che vanta in questo ambito.

Una diversa gestione delle partizioni separate


Avviato tre anni fa all’Università di Cambridge, lo sviluppo di Xen è passato da qualche tempo sotto l’egida di XenSource, una start up che oggi sta tentando di far diventare questo software una feature standard sui diversi sistemi aziendali. Alla base di Xen, come di tutte le altre soluzioni di questo genere, sta la logica delle partizioni separate e, quindi, il concetto della virtualizzazione, ossia la possibilità di far lavorare i programmi su una simulazione software dell’hardware sottostante.


Ciascuna soluzione applica, però, precise differenze architetturali. VmWare, per esempio, simula completamente una macchina, e teoricamente permette a qualsiasi sistema operativo di lavorare immodificato su una virtual machine. Xen, invece, sfrutta le "paravirtualizzazioni", una scelta che, se da un lato garantisce prestazioni più elevate, dall’altro richiede alcune modifiche ai sistemi operativi per poterli supportare.


Queste, comunque, non saranno più indispensabili con il rilascio di Intel Vanderpool Technology, la cui disponibilità è fissata proprio per quest’anno. Attraverso la tecnologia messa a disposizione dalla società di Santa Clara si potranno, infatti, far funzionare su Xen sistemi operativi immodificati, anche se questo andrà a scapito delle prestazioni.


Di contro, uno dei vantaggi più evidenti sarà l’estensione del supporto a Windows, evitando l’attuale impossibilità di accesso al codice da parte degli sviluppatori open source.

Il supporto dei fornitori di tecnologia


Come anticipato, tra i sostenitori di Xen si sono recentemente inseriti alcuni grandi nomi dell’It. Hp, per esempio, ha manifestato l’intenzione di rilasciare parte della propria tecnologia per la gestione della virtualizzazione all’interno di questo progetto, seguendo le modalità della General public license. Inoltre, la società sta lavorando con XenSource per creare un set di standard aperti che possa imporsi a livello generale. Da parte sua, Novell ha fatto, invece, sapere che intende integrare il software nella futura versione di SuSe Professional, la 9.3, e, successivamente, all’interno di SuSe Linux Enterprise Server 10, attualmente previsto per il 2006.


Anche Red Hat ha mostrato i piani di sviluppo per l’integrazione di Xen. Il pacchetto di virtualizzazione è stato aggiunto al prodotto sperimentale Fedora Core 4 e, probabilmente, sarà inserito in Red Hat Enterprise Linux 5.


Tra i produttori di chip, spicca il nome di Intel. La società di Santa Clara ha cominciato a supportare il progetto Xen da gennaio scorso e, come si diceva, intende rendere al più presto disponibili le estensioni della Vanderpool Technology.


Anche Amd ha teso le braccia a questo software di virtualizzazione open source, puntando a spingerlo oltre gli attuali limiti di piattaforma. A oggi, infatti, Xen lavora esclusivamente con Linux, usando processori x86 come gli Intel Pentium. Con il suo supporto, la società conta di portare il software sui chip x86 a 64 bit, come gli Opteron, i cui prossimi sviluppi, sfruttando la tecnologia "Pacifica", garantiranno una forte integrazione con gli strumenti di virtualizzazione. Sempre in ambito di processori, è poi in fase di sperimentazione il supporto in Xen degli Intel Itanium, mentre Ibm ha manifestato l’intenzione di portare questa tecnologia sui Power chip.

La carica dei sistemi operativi, proprietari e open source


Tra i sistemi operativi, la variante NetBsd di Unix è già in grado di lavorare con Xen, mentre Sun Solaris, secondo quanto dichiarato dalla società di Santa Clara, è un possibile candidato.


Grandi piani di supporto sono in cantiere anche in Ibm, società che può vantare un’esperienza di lunga data in ambito mainframe, di server Unix e di sistemi Intel based. Nonostante la partnership commerciale e di sviluppo con VmWare, Big Blue sta, infatti, lavorando in proprio a un progetto per i chip x86, posto alla base di sHype (Secure Hypervisor), con cui conta di rendere meno vulnerabili le virtual machine. E in questo senso l’intenzione sembra essere proprio quella di integrare l’architettura di sicurezza di Ibm all’interno di Xen.


A questo punto si devono solo attendere le mosse dei fornitori di software di virtualizzazione commerciali, con VmWare in prima fila. La sussidiaria di Emc ha già definito immatura la nuova tecnologia di virtualizzazione open source, limitata dalla stessa richiesta di modifica dei diversi sistemi operativi.


Eppure la società dovrà prepararsi a un attacco massiccio, soprattutto non appena Xen aggiungerà al supporto già garantito a Linux e NetBsd, anche quello per Windows Xp.

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