La rivoluzione Rfid

Una lezione sulla Radio frequency identification. Ok per le merci ma c’è il rischio privacy per le persone

Luigi Battezzati docente del Politecnico di Milano non ha dubbi. “La tecnologia Rfid è la killer application del nuovo secolo”. L’impegnativa affermazione la fa davanti a qualche centinaio di
persone che hanno seguito con attenzione la sua lezione sulle etichette
intelligenti al Sapforum di Milano. La manifestazione con la quale il colosso
tedesco del software chiama a raccolta ogni anno partner e clienti, si è
occupata della Radio frequency identification che secondo il professore del Politecnico “è in grado di rivoluzionare i processi aziendali”.

Questo insieme di tecnologie è un modo per identificare individualmente e automaticamente persone e oggetti e può operare in situazioni ambientali critiche senza energia elettrica o batterie.

I principali vantaggi dell’utilizzo di queste
etichette intelligenti consistono nell’avere una sicura riduzione del rischio di
errori nell’identificazione con una migliore qualità delle informazioni e
dell’affidabilità dei dati
.

Esistono tre tipologie di etichette Rfid o transponder: attivi, semiattivi e passivi.
Le prime sono completamente autonome dal reader e
trasmettono a distanze elevate via radio, mentre le seconde comunicano al
massimo per qualche decina di metri. I transponder passivi, invece, hanno
un’alimentazione che dipende completamente dal reader e “tirano” da qualche
centimetro a qualche metro. Secondo Battezzati i transponder passivi sono i più
diffusi e domineranno i mercati low cost anche perché una ulteriore riduzione
del loro costo si dovrebbe avere quando si diffonderanno i nuovi modelli basati
sui polimeri. Le differenze nelle prestazioni fra i vari transponder implicano
anche impieghi diversi. Mentre quelli passivi possono essere utilizzati per
identificare i beni di largo consumo

quelli attivi sono adatti a impieghi più complessi relativi per esempio alla catena del freddo o a sistemi di sicurezza e monitoraggio.

Il valore per l’impresa
Pur entusiasta di fronte a queste nuove tecnologie Battezzati, che è uno dei principali esperti europei in materia, è convinto che il valore della Rfid per l’impresa non è costante e che l’utilità non può essere misurata solo in termini di ritorno sull’investimento. L’importante, però, è che nel momento in cui si decide di partire con un progetto questo deve avere una chiara visione strategica e partire dall’alto per scendere verso i livelli più bassi dell’azienda. Se il management non è convinto e non spinge il progetto allora è meglio lasciar perdere.

“Per gli utilizzatori dei sistemi Rfid – aggiunge il docente del Politecnico – è importante individuare un progetto pilota per sperimentare”. Da evitare assolutamente poi è il fai da te. Comprare la tecnologia nuda è infatti ritenuto velleitario e rischioso.

Campi applicativi
Le principali applicazioni per quanto riguarda i transponder passivi riguardano identificazione e sicurezza (per l’accesso alle aree riservate) ma anche il riconoscimento dell’autorizzazione per attivare una funzione d’uso (gestione parcheggi in Francia), il pagamento per il rifornimento di carburante delle stazioni Exon negli Stati Uniti e il nostro Telepass.

Questi però sono gli utilizzi più semplici. Oggi infatti ci si sta spostando verso processi più complessi che fanno parte per esempio della gestione della supply chain.
Al momento gli esempi più eclatanti di applicazione riguardano la produzione nell’automotive, i contenitori riutilizzabili, la logistica Usa nella recente guerra contro l’Iraq e la gestione dei vagoni ferroviari negli Stati Uniti.

Battezzati ha accennato
anche all’utilizzo delle etichette intelligenti nei confronti delle persone
ricordando però che in questo caso esistono forti problemi legati alla privacy
che devono essere ancora risolti. In merito si attendono le decisioni del
garante.

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