La rete Ip ovunque il credo di Cisco

Nella vision della società, il network avrà sempre più bisogno di intelligenza per gestire i miliardi di oggetti che vi verranno collegati

Tra le numerose partnership che ogni giorno si intrecciano tra i player dell’Ict, sicuramente Cisco è una delle società più coinvolte. E la cosa non stupisce, visto che la rete è ormai diventata il punto nevralgico dell’attività delle imprese, e che Cisco è il primo vendor mondiale di soluzioni di reti.


In un recente incontro con Stefano Venturi, amministratore delegato di Cisco in Italia, a bruciapelo gli abbiamo chiesto: «Ma dieci anni fa pensava che la sua società avrebbe avuto tutte queste potenzialità?»


«Rispondere sì potrebbe sembrare banale – osserva Venturi -. Ma in verità devo dire che già 11 anni fa io l’avevo intuito. Allora lavoravo a Parigi come responsabile del Sud Europa di SunSoft, un’azienda che era di Sun Microsystems, dove mi trovavo bene e che era in pieno fermento per il lancio di Java. Però conobbi una persona di Cisco che mi diede una visione tecnologica altrettanto avanzata sulle potenzialità della rete, per cui valutai che avrebbe valso la pena intraprendere questa nuova sfida».


La convergenza voce-dati è ormai una realtà, però stanno continuamente emergendo nuove convergenze.


«In effetti è così e oggi oltre a quella iniziale voce-dati, stanno avanzando la convergenza voce-dati-video e anche quella voce-dati-video nella mobilità, il che significa, nell’accezione più ampia, poter portarsi il proprio ambiente in ogni parte del mondo. Ci sono frontiere ancora enormi da esplorare e siamo solo all’inizio del percorso. Cisco non si accontenta di quanto ha raggiunto e si sta continuamente mettendo in gioco per diventare, in futuro, la numero uno di un settore molto più ampio, che però oggi non ha ancora un nome e contorni definiti».


In quali nuovi campi pensate di cimentarvi, visto che siete entrati anche nel mondo consumer?


«I settori sono tantissimi. C’è quello dell’area video entertainment, quello del consumer più allargato, c’e quello che nell’area business attiene al core dell’Information technology, i data center, dove cominciamo a mettere a fattor comune la convergenza dei servizi tra diverse basi dati di dischi e di cpu. Nei data center manca la virtualizzazione e ci sono molte risorse sprecate, c’è il problema di dissipazione del calore e di costi di alimentazione. C’è molto da fare in quest’ambito per razionalizzare».


Quello del contenimento dei costi è anche il motivo per cui molte aziende cercano di ridurre il numero dei data center e di consolidarli. Su questo fronte, secondo voi, quale sarebbe l’approccio ottimale?


«Nella nostra visione di un data center al centro ci sta la rete con l’Ip: da una parte ci possono essere il mainframe e le varie cpu, che però diventano risorse della rete, che oggi sta dentro al datacenter, ma un domani si estenderà anche a livello geografico, perché nasceranno nuovi servizi di messa a disposizione delle cpu, mentre dall’altra parte ci sono i dischi. Per cui, se il database è lo stesso e lo devo far elaborare e consultare da milioni di pc, perché ogni cpu deve avere il proprio disco? Basta, infatti, mettere un’intelligenza dentro alla rete affinché gestisca il traffico e quindi sia in grado di inviare l’esigenza di elaborazione dei dati verso le cpu più libere. Nel tempo stesso, la rete intelligente fa sì che i dischi siano risorse condivise da ogni cpu e sui quali è possibile pescare i dati. Questo approccio consente una consultazione più agile e massimizza le risorse disponibili in azienda».


Non c’è, alla fine, un pericolo di collasso della rete con tutto questo caricamento di servizi?


«Direi di no, perché più intelligenza si distribuisce sulla rete, meno c’è il pericolo di collasso. E questo è il bello delle rete. Va ricordato che il protocollo Ip è nato in tempi di guerra fredda proprio per creare una rete che fosse resistente a eventuali attacchi nucleari. Ora noi continuiamo a estendere questo approccio, portando a bordo della rete non solo servizi di comunicazione dati, ma anche la voce. Per entrare nel mondo applicativo, stiamo cercando di distribuire anche l’intelligenza dell’applicazione sulla rete, in modo che un giorno ci siano sempre meno punti critici, perché è un vantaggio anche per il datacenter essere sempre più distribuito: se cade un disco, o una cpu, se la rete è intelligente li ha certamente duplicati da un’altra parte. L’Ip è, quindi, un protocollo distribuito che diminuisce il rischio».


E i vostri orizzonti a breve termine che cosa prevedono?


«Portare sempre più intelligenza sulla rete. Synergy Research ha affermato che nel 2010 ci saranno 14 miliardi di oggetti collegati alla rete. Visto che oggi siamo a circa 700 milioni, si capisce che siamo solo all’inizio. Ma il trend sarà effettivamente in forte crescita, perché ci saranno collegati strumenti vari, come le telecamere per la videosorveglianza, sensori di temperatura, di edifici, di semafori, tutto potrà essere collegato alla rete Ip. Quindi la nostra visione è che la rete sia la piattaforma di tutto, perché tutti quei miliardi di oggetti che vi saranno collegati, per poter funzionare avranno bisogno di intelligenza distribuita. La nostra strategia, dunque, è quella di portare dei pezzi di software applicativo, di solito presenti nelle cpu, anche nei router più vicini ai diversi oggetti collegati, in modo che svolgano delle funzioni di base e abbattano il numero di necessità di collegamento. Su questo fronte stiamo lavorando con tecnologie che si chiamano Wafs (Wide area file service, ndr) o Waas (Wide area application systems, ndr), che per esempio eliminano il collegamento di periferiche al server, in quanto le stampanti possono connettersi direttamente al router».


Dopo l’acquisizione, circa tre anni fa, di Linksys, oggi una vostra divisione che fornisce VoIp e soluzioni per le reti Ethernet e wireless per il consumer, siete entrati anche in questo mercato. Che cosa dobbiamo aspettarci?


«Abbiamo realizzato che ovunque c’è un collegamento a larga banda c’è un network domestico e che nelle case avviene anche la convergenza dei media di entertainment. Per cui in seguito anche all’acquisito di società come la danese Kiss Tecnology, che realizza soluzioni digital video recording avanzati, e di Scientific-Atlanta, che è leader mondiale di set-top-box per la Tv via cavo e adesso anche per l’Ip Tv, porteremo a pieno compimento la convergenza con i media veri e propri. I broadcaster, quindi, potranno usare la rete Ip per fare broadcasting delle loro trasmissioni ad alta definizione, rivolgendosi a milioni di telespettatori anche in modo personalizzato.Per cui, grazie agli investimenti fatti negli ultimi tempi, siamo pronti per lavorare con i broadcaster e gli operatori per portare il prima possibile nelle case i contenuti digitali».

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