La qualità spinge l’agroalimentare di fascia alta

Internazionalizzazione, apertura al mercato e poliche di marchio, secondo un’analisi Censis-Confagricoltura, sono tra i fattori chiave del successo di 150 imprese leader del settore

Dominare i cambiamenti di mercato e non subirli: è la parola d’ordine di 150 imprese “leader” dell’agroalimentare italiano, analizzate attraverso una ricerca del Censis per il Forum “Futuro Fertile” di Taormina,organizzato da Confagricoltura. Tra le considerazioni più interessanti emerse dall’indagine è la marcata spinta alla crescita realizzata negli ultimi anni: più della metà del campione ha registrato sostanziali incrementi del fatturato nel 2007, cui si aggiunge una quota del 31% che ha mantenuto stabili le buone posizioni già precedentemente raggiunte. Il ridimensionamento del business riguarda, dunque, il restante 13% del campione e comunque solo in rari casi tale fenomeno ha rivelato aspetti realmente critici, mentre nella maggior parte delle situazioni si è trattato di un fisiologico calo congiunturale.

L’importanza del fattore qualità
Il recente buon andamento è senz’altro influenzato dalle scelte organizzative delle imprese leader, che sembrano aver sposato un approccio più moderno nella gestione aziendale. La larga maggioranza delle aziende analizzate punta oggi a un forte processo di ottimizzazione e di efficienza dell’organizzazione, agendo sia sulla razionalizzazione dei costi e dei canali di accesso ai mercati (58,2% del campione) che sulla crescita e acquisizione di figure professionali “alte” (l’84% ricorre a figure addette all’attività economico-finanziaria, l’83% ad addetti stabili ai servizi sanitari, il 79% ad esperti in tecnologie informatiche, il 73% ad addetti alle funzioni logistiche, il 71% a figure addette ad attività commerciali). Il sondaggio evidenzia la grande attenzione all’aspetto qualitativo: il 65% degli intervistati dichiara di avere come obiettivo il miglioramento costante del livello qualitativo delle produzioni (ma il dato supera il 70% degli imprenditori nel comparto florovivaistico, dell’ortofrutta, olivicolo e vitivinicolo), cui si aggiunge una interessante quota del 23% che punta in via prevalente sui processi di diversificazione. Solo l’11% degli imprenditori intervistati ha come strategia prevalente l’incremento quantitativo della produzione.

Un’autonoma politica distributiva
Altro punto importante per le aziende leader è l’accento sulla diversificazione di prodotto: ben l’80% delle imprese analizzate opera una diversificazione produttiva (42,3%) o varietale (36,7%). Nell’ambito delle strategie produttive evolute, assume, inoltre, particolare importanza la trasformazione della materia prima agricola. Solo il 13% delle aziende intervistate commercializza il prodotto senza trasformazioni successive, mentre il 41% trasforma direttamente (il 65% nel caso della trasformazione oleicola e vitivinicola ed oltre il 50% per i prodotti ortofrutticoli e florovivaistici).

La trasformazione dei prodotti

E’ egualmente notevole la percentuale di aziende che trasforma conferendo il prodotto a cooperative o consorzi, pari al 25%, superiore al numero di coloro che lo affidano direttamente all’industria della trasformazione (21%). Il 65% delle 150 strutture analizzate ricorre in modo intenso a consorzi o reti tra produttori per accedere al mercato e migliorare le performance di commercializzazione.

I canali di accesso al mercato

Le politiche di branding
A questo complesso meccanismo di commercializzazione, anche e soprattutto, attraverso sistemi cooperativi e di rete, si innesta un ulteriore elemento rappresentato dalla “leva di marchio”. Ben l’81% delle imprese leader realizza una parte o tutti i prodotti ricorrendo ad una strategia fondata su un brand (sia esso aziendale, o di certificazione di prodotto tipico). Ma soprattutto la ricerca Censis/Confagricoltura evidenzia come ben il 46% del campione commercializzi attraverso un proprio marchio ed il 26% con un marchio consortile. Appare dunque forte l’indipendenza operativa sul mercato di tali aziende, cui dovrebbe corrispondere un apprezzabile potere contrattuale con i buyer della grande distribuzione e i grossisti.

Importante il ruolo dell’export
Dato il campione considerato, il ruolo dell’export è ovviamente significativo. Il 40% delle imprese ha dichiarato di esportare, ma tale quota raggiunge il 69% tra le aziende vitivinicole e oleicole e il 48% tra quelle dedite alle produzioni ortofrutticole e florovivaistiche. Un ulteriore 8% del totale inoltre si sta preparando ad operare all’estero. Tra le imprese esportatrici, se è vero che il 66,2% distribuisce sui mercati esteri per il tramite o di intermediari o inserendosi nei circuiti della GDO, una quota molto interessante e consistente, pari al restante 33,8%, opera invece in autonomia attraverso prodotti di nicchia.

Il ruolo dell’export nei diversi comparti

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