La principessa e il Ropo

Research online, purchase offline: per fare il salto serve standardizzare.

In Italia cresce solo Internet. Tanto? Non abbastanza, ma cresce. E lo fa a dispetto delle avversità, che non sempre sono di mercato. Spesso, anzi, sono normative o rischiano di esserlo.
Per esempio, se dovesse definitivamente passare il concetto, per il sommo rispetto della privacy, che l’utente deve autorizzare ogni volta i cookie che i siti Web gli piazzano nel browser, l’ecommerce ne verrebbe fortemente ostacolato.

Il che nel momento del mobile, delle app, dell’autonomia di scelta fatta sistema sarebbe un doppio carpiato nel passato remoto.

Chi punta sull’ecommerce, poi, deve affrontare il fenomeno, di radice prettamente comportamentale, del Ropo, ossia research online, purchase offline: chi cerca, compara, valuta, sceglie un prodotto su Web, poi esce di casa e va a trovarselo nei negozi.
Non c’è niente di male, ma per sviluppare l’ecommerce puro, sostengono i retailer, serve una marcia in più e la spinta si trova solamente nell’intimo convincimento, che è figlio della convenienza.

Ritenendo che le buone abitudini sono relative e le cattive sono oggettive, uno stimolo al cambiamento che sia fruttuoso per tutti potrebbe essere quello della facilitazione (fiscale, burocratica, meglio sarebbe entrambe) per chi, conservando il proprio radicamento offline, fisico, stanziale (non tutti sono vocati a essere Amazon) investe in una forma di aggancio online con il cliente.
Ossia per chi mette sul piatto degli investimenti commerciali due cose: una presenza online (dal sito tradizionale alla app) e un sistema di merchant.

Poi il negozio se lo tiene. Anzi, lo cura meglio, lo destina a ricevere clienti già formati e informati.

Niente di nuovo: c’è chi lo ha già fatto.
Qui si tratta di standardizzare il fenomeno.

C’è chi la chiama digitalizzazione dolce. Come il bacio di una principessa, che può trasformare il Ropo in qualcosa che dia idea di solidità.

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