La posta in gioco

Bella e utile la posta certificata. Purchè non salti l’archivio.

Come ha scritto bene Chiara Somajni sul Sole 24 di domenica scorsa,
perdere l’archivio digitale è quasi peggio di fare la stessa cosa che cantava
Massimo Ranieri a un Sanremo di qualche anno fa.
Citando l’editorialista del
giornale di De Bortoli, “la nostra memoria è sempre più indotta a delegare
esternamente la conservazione di informazioni dettagliate, trattenendo solo un
sapere efficiente, fatto di associazioni a chiave, lieve e duttile
“. E,
poi, ancora, sempre Somajni: “ma quando il magazzino risulti inaccessibile,
rischia di crollare come un castello di carte anche la nostra capacità di
radunare ciò che credevamo di sapere
“.
Il tutto sapientemente osservato
appena il giorno prima che il Ministero dell’Innovazione promulgasse l’entrata
in vigore dall’e-mail come strumento legale.
Cioè il momento di passaggio
ufficiale dall’economia cartacea a quella digitale.
I rapporti legali con
enti e soggetti giuridici possono ora anche essere sanciti dalla comunicazione
elettronica, non più solo da quella cartacea.
Il che non significa che i
notai andranno a farsi friggere (però, mica male l’ideuzza) o che i postali non
percorreranno più i saliscendi appenninici per portare la corrispondenza alla
vecchia del paese con le galline che fanno le uova buone.
Piuttosto comporta
che converrà, a tutti, imparare due cose.
La prima: che conservare le copie
dell’e-mail anziché della carta è vantaggioso da paura.
La seconda: che il
caso non voglia che, per un motivo o per l’altro, non si abbia la possibilità di
arrivare dentro l’archivio digitale, perché altrimenti sono dolori.
Insomma,
l’invenzione è bella e utile.
Ma per farla funzionare ci vogliono le
accortezze del caso.
La sua facilità d’utilizzo non tragga in inganno.

Poi finisce che ti salta il server di posta elettronica e ti senti come
d’autunno sugli alberi le foglie.

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