La nuova Internet ha bisogno di sicurezza

La rete è cresciuta. Anche troppo. E adesso per evitare il crack bisogna smetterla con le toppe e ripensare il tutto. Negli Stati Uniti hanno iniziato a lavorarci

Pensate a una rete costruita per poche persone. Conosciute e fidate. Dove la
parola virus è sconosciuta e i pc collegati sono tutti desktop, fissi. Poi la
rete si allarga gli utilizzatori diventano milioni, i pacchetti di dati
scambiati tantissimi e differenti fra loro e fra questi ci sono anche i virus o
qualsiasi altro codice maligno. In più alla rete si accede da una serie di
dispositivi differenti anche portatili. E’ quanto è successo a
Internet
in questi anni che adesso, secondo David Clark, senior
research scientist del Mit, si trova alle soglie “di una possibile
rivoluzine. Potremmo essere arrivati a un punto in cui l’utilità di Internet
soffrirà di un momento di stallo e forse tenderà a diminuire”
.


Il difficile momento della rete è l’oggetto di un articolo
della Technology review del Massachusetts institute of technology che
spiega come la preoccupazione per il dilatare della Rete, del numero degli
utilizzatori dei pericoli e dei dispositivi di accesso sia ormai molto grande.
E’ ora di ripartire da zero, sostiene Clark, e non si tratta di
parole buttate lì. La National science foundation sta lavorando infatti
a un piano che ha una durata compresa fra i cinque e i sette anni e
un costo di 2-300 milioni di dollari che punta a sviluppare architetture
innovative capaci di dare alla Rete “sicurezza, compatibilità con le future
tecnologie e semplicità di gestione”
. I dati d’altronde fanno
paura
. Secondo Ibm nella prima metà del 2005 virus e violazioni di
sicurezza sono aumentati del 50%, il Pew american life project stima che il 43%
degli utilizzatori di Internet americani ha spyware e adware sui propri pc solo
per avere visitato siti Internet e lo spam dilaga. Il problema è che non avendo
Internet una struttura di sicurezza intrinseca nel corso degli anni ha
sopportato l’introduzione di firewall, antivirus e programmi antispam che sono
utilissimi, ma rappresentano solo un toppa del buco. E non si
può andare avanti rattoppando i buchi.


Secondo Larry Peterson, informatico dell’Università di
Princeton “Dove vediamo una vulnerabilità cerchiamo di metterci una toppa.
E’ un approccio che ha funzionato negli ultimi trent’anni. Ma abbiamo ragione di
essere preoccupati”
. Anche perché i costi per la sicurezza sono sempre più
alti. Su sei miliardi investiti da Microsoft in ricerca e sviluppo due se ne
vanno per la sicurezza. Per questo oltre alla National science foundation altri
istituti stanno lavorando a progetti per la nuova Internet. C’è il Planetlab di
Princeton, Emulab dell’Università dello Utah, Deter della California del Sud e
Winlab della Rutgers University. Tutti americani ovviamente. L’Europa
ancora una volta è assente
.

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