La lezione di marketing di Barack Obama

Lettura alternativa dell’elezione del primo afroamericano alla presidenza degli Usa. Che ha molto da insegnare alle aziende

Anche qui Obama? Certo, ma non stiamo parlando del nuovo presidente degli Stati Uniti,bensì dell’uomo marketing dell’anno come lo ha nominato la rivista Advertising Age (ha vinto in ottobre con il 36% dei voti contro il 27% di Apple), una delle principali testate americane in fatto di marketing.
La storia del senatore afroamericano che, secondo le prime indagini, dovrebbe portare a un 8% di incremento dei consumi natalizi (ma il buon McCain avrebbe comunque raggiunto il 5%) è infatti anche una storia di marketing con un eccellente utilizzo delle nuove tecnologie.

Anche per questo l’altra mattina allo Iab Forum di Milano,dove si è radunato il mondo della comunicazione digitale, era tutto un fiorire di “Yes, we can” e di riferimenti al successo del candidato democratico.
Politica a parte, questa storia finirà sui manuali di marketing anche se Obama dovesse per caso diventare il peggior presidente della storia degli Usa. Perché lui e il suo staff hanno molto da insegnare ai board delle corporation come alle piccole aziende.

Partiamo dall’analisi di Advertising Age che la faccenda la mette in questi termini.
C’è un tizio relativamente poco conosciuto. Più giovane del suo rivale. Nero. Con un nome che suona male (Obama-Osama). Considerate il primo avversario: la donna più conosciuta d’America, moglie di uno degli uomini politici più di successo degli ultimo anni. Considerate il secondo avversario: un americano bianco molto popolare, eroe di guerra, da lungo tempo senatore. Messa così non c’è storia, eppure ha vinto Obama grazie anche a una migliore strategia di marketing.

E’ vero, di mezzo c’è anche un presidente che se ne va a casa con un indice di gradimento del 24%, la crisi economica e anche l’uragano Katrina che in molti negli Usa non hanno dimenticato. Però la campagna era contro Hillary Clinton e poi contro McCain e solo il secondo aveva un legame con il Geroge W. Bush.

Obama ha parlato di change, cambiamento, e su questo terreno ha portato a giocare la partita i suoi avversari. Hillary Clinton è partita parlando di esperienza, cambiando poi altre due volte di fronte alle vittorie di Obama. Oggi nessuno ricorda più i suoi slogan. McCain, invece, era l’eroe di guerra che troppo tardi ha sfornato Country first. Ma era uno sologan con poca presa presso l’elettore medio Tutti e due, però, hanno detto che avrebbero potuto cambiare (change) meglio di Obama. E intanto non si accorgevano di giocare sul suo terreno. Nel marketing la sola cosa che funziona, sentenzia Advertising Age, è different.

In più, ci aggiungiamo quel “Yes, we can”, un’ammissione di debolezza iniziale (siamo poveri e un po’ sfigati) che è diventata la sua forza. Il sogno americano all’ennesima potenza. Quando oltre il il 70% della popolazione pensava che il Paese stava andando nella direzione sbagliata Obama ha sfornato “change”. Come mai Bill Clinton non ci ha pensato? Il problema è che nei board delle corporation non si cerca la semplicità, ma la pensata “intelligente”. Come se le due cose non potessero coesistere. Obama così è diventato il “change” nella testa delle persone. Un po’ come il Walkman di Sony che ha dato il nome a una nuova linea di prodotti. Qualsiasi altro lettore portatile per i consumatori era il Walkman.

Obama ha portato così gli avversari a discutere di change facendogli dimenticare gli argomenti forti che avevano tutti e due come l’esperienza. Ha creato un grande social network, ha sempre usato il you, ha fatto sentire importanti i suoi elettori, li ha coinvolti, ha fatto sì che fosse facile partecipare. E ha vinto.
“Obama ha capito il potere del passaparola online – ha spiegato a Repubblica Sree Sreenivasan, preside di Nuovi media alla Columbia University -. Al tempo di Internet  un prodotto, sia esso un candidato o un nuovo gusto di Coca-Cola deve stare dentro una “conversazione”.
In un luogo virtuale dove non solo si possa vedere, ma anche segnalare ad altre persone, raccomandarlo. E nel sovraccarico di informazioni in cui viviamo mi fido molto più del giudizio degli amici che di quello di sconosciuti professionisti”.
Ricordate? I mercati sono conversazioni.

Ma Barack Obama non ha vinto solo per questo. Con il suo staff ha utilizzato al massimo livello le possibilità offerte da Internet. Non vogliamo rifilarvi la solfa del candidato della rete, già fin troppo abusata e in parte falsa, ma il sito www.mybarackobama.com (che affianca www.barackobama.com, quello principale) ha registrato oltre 1,5 milioni di account (persone che si sono iscritte), attraverso il sito sono stato organizzati oltre 150.000 eventi, è stata realizzata un’applicazione per l’i-Phone e un’altra Per l’ipod Touch, gli invii di Sms non si contano, è stato creato un sito www.fightthesmears.com (l’anti Drudge report vicino ai repubblicani) per smentire le tante voci malevole che giravano su Obama e ideato un sistema a punti per valutare i volontari. Chi si impegnava di più aveva più punti e diventava un obiettivo da raggiungere per gli altri. Grazie anche a questo sistema durante l’election day per le primarie i volontari fecero un milione di telefonate per sollecitare il voto e su Youtube sono stati caricati i video di Obama e quelli dove gli avversari facevano qualche gaffe. Infine, per la prima volta, ha annunciato via Sms in anticipo ai suoi sostenitori il nome del vicepresidente Joe Biden.



Non è un caso che dietro la campagna dell’ex senatore dell’Illinois c’è anche Chris Hughes uno dei fondatori di Facebook. Forse anche per questo Obama ha raccolto oltre 600 milioni di dollari buona parte dei quali tramite Internet con oltre tre milioni di persone che hanno inviato soldi spesso anche piccole somme. Ricordate la coda lunga? Simon Rosenberg, veterano della prima campagna di Bill Clinton ha detto “Paragonata alla nostra campagna del 1992 questa sembra una multinazionale contro un’associazione no-profit”. E il bello è che il povero McCain è stato il primo a utilizzare i banner in una campagna elettorale. E’ successo nel 1999 quando il senatore repubblicano fu stritolato dal giovane Bush nelle primarie.



C’è dell’altro? Sì. Obama in pubblicità televisiva ha speso dal 1° gennaio 2007 al 29 ottobre 2009 293 milioni di dollari. McCain ne ha spesi 132. Perché la forza della Tv è ancora enorme anche se, soprattutto negli Usa, ha subito duri colpi a Internet. Ma Obama ha speso soldi ovunque dai grandi network alle piccole tv via cavo. Per parlare alla casalinga di Voghera locale bisognava farlo. Ma per parlare con altri target la rete andava benissimo.
Oggi funziona così per Obama e per le aziende.
Internet fa parte del marketing mix.

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