La guerra privata di Sco

Acquisita la proprietà intellettuale su Unix System V, l’azienda californiana ha deciso di prendersela con tutti gli utenti Linux, dalla versione 2.4 in su e, citando la presenza di codice copiato illegalmente, ora propone loro di acquistare una licenza di UnixWare 7.1.3, per sanare il presunto ill

24 luglio 2003 Non bastava Ibm. Ora
Sco ha deciso di andare a reclamare i propri diritti di
copyright su Linux direttamente da coloro che ne fanno uso nelle aziende.
La
nuova crociata dell’azienda californiana è stata annunciata nei giorni scorsi,
dopo che l’autorità competente americana le aveva ufficialmente riconosciuto la
proprietà intellettuale di Unix System V, rilevato a suo tempo da Novell, ma mai
registrato come brevetto a tutti gli effetti.
Secondo Sco, Linus
Torvalds, ma soprattutto la comunità degli sviluppatori che da tempo lavora su
Linux, avrebbe integrato tecnologie mutuate dal System V, in particolare nel
campo del multiprocessing simmetrico, di Ip e di Numa, nel kernel dell’Os open
source, dandogli così quelle capacità enterprise che altrimenti non avrebbe
avuto
.
Tanto basta per minacciare ora tutti gli utenti di Linux 2.4
e superiori di possibili cause legali, a meno che, per sanare il presunto
illecito, essi non accettino di acquistare una licenza di UnixWare 7.1.3, dove
stanno gli elementi apparentemente copiati.


L’annuncio ha ovviamente suscitato un gran clamore, un po’ di scompiglio, ma
anche reazioni perlopiù scettiche e qualche perplessità di fondo.

Innanzitutto, Sco non ha fin qui mostrato pubblicamente quali parti
di codice sarebbero state mutuate
, limitandosi a dire di aver fatto
dimostrazioni “private” a gruppi di utenti non meglio identificati. Inoltre, non
sono finite nel mirino le distribuzioni, forse perché, secondo qualche maligno,
la stessa Sco è ancora in questo business (con “rimanenze” della ex Caldera e
soprattutto l’adesione al consorzio UnitedLinux).
Materialmente, poi, è
tutto da dimostrare come un’azienda di dimensioni certo non estese possa
effettuare controlli nelle aziende utenti e avviare un numero imprecisato, ma
certo non basso, di cause legali (non solo con aziende private, ma anche con
amministrazioni pubbliche, enti e altro ancora).
Insorgono poi altri dubbi,
che vengono da lontano.
Come mai non si è accorta di una violazione
tanto grave fino alla primavera di quest’anno?

Come mai è arrivata ora a questa scoperta, quando
quattro anni orsono l’azienda pareva pronta ad annunciare una propria versione
di Linux,

progetto poi abbandonato a causa
dell’acquisizione da parte di Caldera?
Insomma, la mossa appare per ora soprattutto
destinata a creare confusione nel mondo Linux.
Sco si
attende una crescita di entrate anche a breve, proprio grazie alle ventilate
minacce, ma per ora ad averne beneficiato è soprattutto il titolo in Borsa.

E qui tornano i sospetti già emersi quando partì la richiesta di
risarcimento (un miliardo di dollari) a Ibm.
Che si stia cercando
un’adeguata valorizzazione per rimediare un buon prezzo nel caso di proposte di
acquisizione?

Noi aggiungiamo un’idea del tutto personale.

C’è solo un’azienda, oggi come oggi, che ha tutto
l’interesse a creare scompiglio nel sempre più attraente mondo open
source
e il suo nome, manco a dirlo, è Microsoft. La
quale, guardacaso, possiede una quota di capitale di Sco.
E se fosse
questa la quadratura del cerchio?

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